• Cb Apg23, 2010

Caschi Bianchi Cile

Nuove difficoltà nel dialogo governo-Mapuche

Le strade di Santiago continuano ad affollarsi in solidarietà ai prigionieri Mapuche in sciopero della fame da 80 giorni. I portavoce degi scioperanti portano avanti le richieste circa la legittimità degli atti di rivendicazione del popolo Mapuche, mentre il governo dichiara l’impossibilità del dialogo.

Scritto da Irene Antonietti, coordinatrice Caschi Bianchi per il servizio giustizia e pace di Apg23 a Santiago del Cile

Questi ultimi giorni di un settembre ventoso, proteso verso la primavera australe, sono connotati da un aggravarsi della vicenda dei prigionieri politici mapuche in sciopero della fame da più di 80 giorni, prigionieri il cui numero è cresciuto a 38, visto che si sono uniti nuovi comuneros imprigionati in diverse carceri. Un aggravarsi che non solo fa riferimento allo stato di salute dei Mapuche in sciopero (i medici concordano nel definire la soglia degli 80 giorni di sciopero della fame come causa di danni irreversibili), ma che è evidente nella rottura del dialogo che si è prodotta tra governo, comuneros e portavoce.

L’incontro di lunedì non ha dato frutti. Era stato infatti ribadito dai portavoce dei Mapuche che, pur riconoscendo alcuni sforzi del governo, restava il fatto che le modifche proposte non avrebbero contribuito a un reale cambiamento nella forma con cui vengono portate avanti le indagini sui Mapuche accusati di terrorismo. Questo perché sia il potere legislativo sia quello giudiziario, autonomi rispetto al potere esecutivo e coinvolti direttamente ogni volta che viene dato inizio a un’indagine, erano rimasti al lato di qualsiasi trattativa. Situazione questa che secondo i Mapuche condurrebbe a un gattopardiano “cambiare tutto per non cambiare niente”, perché il potere legislativo e quello giudiziario non sarebbero vincolati a modificare la loro forma di procedere. Per questo si chiedeva che i rappresentanti dei suddetti poteri potessero sedere al tavolo di dialogo. Una richesta che è stata rifutata dal  presidente de la Corte Suprema, Milton Juica, il quale ha dichiarato impossibile che il potere giuridico possa dialogare, perché la legge lo impedisce. Al tempo stesso però si è dichiarato disponibile a incontrare i rappresentanti dei Mapuche in sciopero per spiegare gli impediementi legislativi che rendono impossibile l’adempimento della loro richiesta. Un’apertura che è stata ben accolta dai portavoce, i quali hanno dichiarato che la cosa più importante è potersi avvicinare ai rappresentanti del potere giuridico per mostrare e render conto delle profonde irregolarità con cui si sono svolti i processi verso gli esponenti del popolo mapuche e per far sì che la giustizia possa migliorare.

Nel frattempo il governo ha deciso di incrociare le braccia, dichiarando pubblicamente la rottura del dialogo, accusando l’intransigenza dei Mapuche in sciopero e responsabilizzando i Mapuche stessi delle  evenutali (e ogni istante più probabili) morti che potrebbero verificarsi se lo sciopero continuerà.

Una linea di chisura che viene accompagnata da un cambio di posizione dei mezzi di comunicazione, i quali sembrano essersi allineati con la linea del governo puntando il dito contro l’intransigenza dei Mapuche e forniscono sempre meno notizie rispetto all’evolversi della situazione.

La situazione genera preoccupazione in una parte della popolazione che ieri sera, mercoledì 29 settembre, si è riunita e ha marciato nuovamente per le strade del centro di Santiago al grido “libertà per i progionieri politici mapuche”. Una marcia varopinta che si è svolta serenamente, senza una presenza massiccia di forze dell’ordine e che è terminata nella Piazza delle Armi con le parole di uno dei tanti Mapuche presenti, il quale ha chiesto a tutti i partecipanti di non lasciare soli i prigionieri in questa lotta nonviolenta e di continuare ad dare appoggio e a protestare perché questa situzione trovi soluzione.

Una manifestazione che si è ripetuta oggi giovedí in mattinata quando sono arrivate a Santiago le spose, figlie e sorelle dei comuneros in sciopero, partite ieri mattina da Temuco con l’idea di arrivare a essere ricevute alla Moneda dal Presidente[1].  Una marcia che qui in Santiago, a differenza di altri luoghi[2], si è svolta serenamente, pur se con una ovvia preoccupazione per quello che potrebbe succedere se non si trovasse una nuova via di dialogo. Il suono del kulturn e della trutruca e una bandiera di più di 50 metri hanno accompagnato le donne verso il palazzo presidenziale, dove sono state ricevute dal Ministro degli Interni.

Nel pomeriggio la carovana si muoverà verso la sede della Cepal, ad oggi ancora occupata da un gruppo di persone che chiedono un pronunciamento internazionale, per bocca del Segretario delle Nazioni Unite, rispetto a quello che sta accadendo.

Note:

[1] Per aggiornamenti sulla carovana: http://mapuexpress.blogspot.com/
[2] La giornata di ieri è stata caratterizzata da scontri tra polizia e manifestanti nelle città di Temuco, Osorno e Concepción.

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