Caschi Bianchi Zambia

Tempo e scambio reciproco

È incredibile come qui la concezione del tempo ti riporti ad una dimensione reale: a volte fai mille programmi ma gli imprevisti sono all’ordine del giorno. So che questi mesi saranno un ottimo allenamento per imparare a vivere nel presente piuttosto che nella programmazione del futuro.

Scritto da Ylenia Lazzarini, Casco Bianco FOCSIV-L’Africa Chiama a Lusaka

Sono trascorsi quasi due mesi dal mio arrivo a Lusaka. Ricordo i primi giorni in cui non riuscivo a credere di essere davvero arrivata nel posto che ho sognato, immaginato e provato a descrivere a me stessa per tanti mesi. In pochi giorni le ansie che mi ero portata con me, legate agli aspetti burocratici in preparazione del viaggio, avevano lasciato spazio alle mille aspettative che inconsciamente mi ero creata e che sto iniziando a de-costruire giorno dopo giorno. Ho iniziato a chiedere a me stessa tempo per conoscere, senza la pretesa di voler capire tutto e subito.

È incredibile come qui la concezione del tempo ti riporti ad una dimensione reale: a volte fai mille programmi ma gli imprevisti sono all’ordine del giorno. Per una come me che è abituata a programmare ogni dettaglio della propria giornata, so che questi mesi saranno un ottimo allenamento per imparare a vivere più nel presente piuttosto che nella programmazione del futuro. E anche se ho l’impressione che le settimane stiano volando via, ogni giorno ho la sensazione di collezionare un ricordo nuovo e sono i momenti più significativi a fare la differenza.

Se dovessero chiedermi qual è stato, fino ad ora, il mio momento preferito non avrei dubbi nel rispondere che quello che ho più a cuore è stato il giorno in cui sono entrata nella sign language class alla Shalom School e l’assistant teacher mi ha dedicato il suo tempo per insegnarmi alcune parole nella lingua dei segni zambiana.

E per rispondere alle mie curiosità. La sign language class accoglie bambini e bambine con disabilità uditiva con lo scopo di insegnare loro la lingua dei segni affinché, negli anni successivi, possano studiare nelle classi inclusive con il supporto di un insegnante di lingua dei segni. Con l’insegnante abbiamo iniziato a comunicare scrivendo quello che a parole non potevamo dirci: qualche volta utilizzando la lavagna, altre volte un foglio o le note del telefono. Senza fretta di rispondere ma con il solo desiderio di conoscerci. Giorno dopo giorno, ho iniziato ad imparare qualche segno e ad entrare maggiormente in relazione con lei e con la classe.

Ho sempre avuto l’idea che la cooperazione fosse fatta per lo più di grandi progetti, leggi e skills tecniche da apprendere, ma la cooperazione è ciò che ogni giorno mettiamo in pratica quando decidiamo di entrare in relazione con qualcuno, di conoscere una nuova cultura senza pregiudizi di superiorità. A volte non ne ho idea dove questo incredibile viaggio mi porterà, ma sono sicura di essere nel luogo giusto al momento giusto.

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