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Caschi Bianchi Sierra Leone

Un aiuto da casa

Servizio Civile all’estero: immergersi in una realtà nuova e diversa senza perdere lo stupore e la curiosità iniziali. Un equilibrio difficile da mantenere che, soprattutto dopo qualche mese di servizio, ha bisogno di un “aiuto da casa”.

Scritto da Mariaelisa Aloi, Casco Bianco in servizio civile con Caritas Italiana a Makeni

Il tempo scorre come sempre a Makeni, in Sierra Leone. Ormai sono qui da un po’ di tempo, il mio servizio è iniziato a gennaio, e anche se ogni giorno succede e imparo qualcosa di nuovo, ormai si è creata una “quotidianità” abbastanza stabile: il pranzo negli stessi posti, la passeggiata della domenica pomeriggio, la spesa al mercato, la strada dove viviamo e dove tutti ci conoscono. Quello che si rischia in questi casi è che questa sorta di routine in qualche modo affievolisca la consapevolezza di cosa si sta facendo e il perché lo si sta facendo.

La sveglia è inaspettatamente arrivata su un aereo direttamente dall’Italia, da quella “casa” che ormai non vedo da maggio, ed è impersonata da un prete, Don Andrea, che è venuto qui con un gruppo della Diocesi di Albano e che ha soggiornato nel nostro compound per una decina di giorni. È stato un po’ come rivedere in lui lo stupore e il senso di novità che ha accompagnato buona parte del periodo che ho speso qui: scoprire vari aspetti della vita locale, il desiderio di uscire, conoscere la realtà in cui ci si trova e incontrare l’altro per capirlo, senza preconcetti o giudizi. Perché l’altro non viene da te, ma sei tu che devi aprirti e andarlo a incontrare. A volte le cose che all’inizio ti sorprendono diventano poi la normalità con il passare del tempo. Non ti rendi più conto di quanto possono essere strane e “non normali” alcune cose, come un grosso SUV trasportato su un carretto tirato a braccia o, più seriamente, l’incredibile tolleranza religiosa che qui si respira nelle strade o il fatto che molti tra i venditori ambulanti con il loro secchiello sulla testa siano in realtà bambini che entrano in azione nel momento in cui la scuola finisce (sempre che vadano a scuola).

In un qualche modo a un volontario del servizio civile all’estero vengono chieste due cose contrastanti: immergersi il più possibile nella nuova realtà che lo circonda, cercare di capire e immergersi in essa, ma anche mantenere uno sguardo in un certo senso distaccato per poter percepire ciò che è “non normale” nella sua realtà di partenza (in positivo o in negativo) e essere poi testimonianza di un posto e un modo di vivere diverso. Però è difficile mantenere questo equilibrio, e, almeno nel mio caso, probabilmente il secondo aspetto si è lentamente affievolito col tempo, anche se mai spento del tutto.

Questa visita è stata quello che mi serviva in questo momento per recuperare almeno un po’ questo equilibrio, un aiuto (anche se dato involontariamente) che è arrivato dall’Italia per ricordarmi ancora una volta quanto è importante e speciale ciò che sto facendo e per che cosa e chi davvero lo sto facendo.

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