Brasile Caschi Bianchi

Camminare insieme

Il racconto di Elisa sulla sua esperienza a Marituba, tra strade allagate, aiuto reciproco, senso di comunità e minori svantaggiati che trovano un luogo accogliente in cui esprimersi, camminando insieme

Scritto da Elisa Volpi, Casco Bianco in Servizio Civile con Apg23 a Marituba

Il nome della via dove si trova il progetto Espaço Criança è “Rua dos Navegantes” (Strada dei Naviganti, in portoghese) ed un motivo c’è. Infatti, durante il periodo dell’inverno amazzonico le piogge sono così costanti, forti e prepotenti che la strada da “rua” diventa “rio” (fiume, in portoghese). In pochi minuti tutto si allaga, TUTTO. In questi momenti non si può far altro che salvare il salvabile e aspettare che la pioggia finisca. Una volta finita, ci si tira su tutti le maniche e si inizia. Si lavora tutte e tutti insieme, e se c’è gente in casa non corre verso la sua, ma si ferma li, a dare una mano. A volte è talmente tanto il lavoro che senza farsi problemi si chiamano amici e vicini per avere aiuti in più. Chiaramente si chiama chi non ha problemi in casa e questo perché non tutte le abitazioni subiscono gli stessi danni.

Questa cosa mi ha stupita e nel disordine della pioggia mi sono sentita serena. Si inizia a spingere fuori l’acqua ed a raccoglierla con quello che si ha: panni, stracci e secchi e finché non è tutto asciutto si sta lì ad asciugare. Ci vogliono ore e ore di lavoro ma nessuno perde le forze e la pazienza. Qui ci si educa alla collaborazione e non solo. Collaborare è fondamentale e in queste situazioni mi sono resa conto di quanto la piccola comunità si presta ed è presente. Infatti, il progetto offre uno spazio pensato per i ragazzi del barrio.

Il barrio Amlir Gabriel, che si trova nella città di Marituba, non è uno dei luoghi più sereni in cui crescere. La criminalità sembra non esserci ma in realtà si muove nell’ombra e gestisce tutto: traffici ed attività locali, dove viene chiesto un pizzo ai commercianti per essere protetti dagli stessi che lo riscuotono. I ragazzi per questo motivo, e non solo, spesso vivono in contesti di disagio. Quando si parla di disagio lo si intende sotto ogni punto di vista, ovvero economico e sociale. Le difficoltà per le famiglie sono molte ed ognuna è diversa dall’altra. Trattare quest’argomento è una cosa delicata e coglierne alcuni aspetti è davvero difficile, perché ogni volta che vediamo i ragazzi che frequentano il progetto, li vediamo arrivare con sorrisi che rendono difficile vedere oltre.

Perché li vediamo arrivare con il sorriso? Perché per loro il progetto è davvero uno spazio dove possono vivere giornate ricche di attività e piene di felicità. Certo, non tutti i giorni è così, ci sono alti e bassi, ma questo fa parte della vita, per tutti. Qui il progetto è fondamentale perché con le informazioni e risorse che si hanno si prova ad interagire con loro, il primo obiettivo è la loro tutela. Alcune situazioni sono così delicate che devono essere trattate con cura e soprattutto rispetto. Viene proposto ai partecipanti un contesto dove questi possono giocare e fare attività, liberi da quelle che sono le realtà e le dinamiche della strada.

Le giornate iniziano con una roda (cerchio, in portoghese). Questo momento, per me, è essenziale, perché ci si dà il buongiorno o il buon pomeriggio e si parla con ogni ragazzo, chiedendogli come sta e cos’ha fatto nella giornata precedente, mentre non era nello Espaco. I ragazzi che frequentano il centro vanno dai 6 ai 19 anni e si sta tutti insieme, con pazienza si interagisce con ognuno di loro in mezzo alle differenze. Non tutti i ragazzi frequentano quotidianamente questo luogo, stare alle regole non è facile per tutti, perché si, per frequentare il progetto si devono seguire delle piccole regole che servono alla loro educazione e ad un quieto vivere. A chi viene sporadicamente si chiede e condivide il perché per qualche tempo non si è fatto vedere e cos’ha fatto in quel periodo di “assenza“.

Dopo la roda inizia la giornata. Le attività proposte sono differenti: capoeira, danza popolare, giochi per interagire e conoscerci. In quest’ultimo periodo a dare una mano al progetto c’è un’associazione che si chiama CRÁS. Il crás è un centro di assistenza sociale che ci aiuta proponendo attività didattiche e gli assistenti sociali interagiscono con loro tramite il gioco. Ci sono momenti dedicati all’educazione ad un’alimentazione sana ed all’igiene personale e si trattano spesso temi sociali come il bullismo, l’inclusione ecc. Dopo le attività c’è sempre la merenda, dove vengono proposti diversi tipi di pasti per variare la loro alimentazione.

Il progetto non agisce solo all’interno, ma anche fuori: vengono aiutate le famiglie con un sostegno che gli permette di veder garantito quello che non sempre possono avere in casa. Nell’Espaço gli proponiamo una visione della vita differente a quella a cui sono abituati: li supportiamo nello scegliere chi essere e cosa fare del proprio futuro che, anche se non sempre ne hanno piena consapevolezza, è nelle loro mani, sono liberi: sono liberi di scegliere una realtà diversa da quella a cui sono abituati, sono liberi di pensare che se tutto ciò che vivono e che vedono in casa o in strada non è adatto o non gli interessa, possono cambiarlo, perché non sono destinati a vivere quello che altri hanno vissuto prima di loro.

Per fare tutto questo si deve camminare insieme. In questo percorso ci devono essere delle accortezze, si deve fare molta attenzione, perché non è detto che tutto quello che noi crediamo sia buono e giusto per loro, poi lo sia realmente. Non è detto che lo accettino o che portino con sé il piccolo bagaglio che si prova a riempire. Non è detto che accettino tutto ciò che gli proponiamo e chissà se nel loro “bagaglio” terranno tutto ciò che gli passiamo qui. Non ci devono essere aspettative, tanto meno la presunzione di voler cambiare le cose. Si deve sempre tener conto della loro cultura e, se di base crediamo nella loro libertà, dobbiamo accettare anche questo, ovvero che non si può cambiare radicalmente nessuno.

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