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Gaza: punizione collettiva

I Palestinesi della West Bank assistono impotenti all’interminabile elenco di violazioni dei diritti umani che i Palestinesi di Gaza subiscono: violazioni alla libertà di movimento, di libero commercio, del diritto alla proprietà, all’educazione, alla sicurezza, alla libertà di pensiero e di opinione… una punizione collettiva, contro ogni regola del diritto internazionale.

Le miei giornate passano serene qui a Beit Sahour, vicino a Betlemme. L’ufficio, il lavoro, gli eventi, gli amici. Betlemme a volte sembra una piccola oasi abbastanza felice rispetto a quello che succede fuori.
Ogni giorno siamo presi dai mille problemi della quotidianità di un paesino con una comunità ristretta e conservatrice che non fa altro che parlare e sparlare di tutti e di tutto, ingigantire i problemi e immischiarci il più grande numero possibile di persone. Ma fuori da queste “mura” c’è una realtà spaventosa, in continuo peggioramento, a pochi chilometri da qui, anche se separata dalla West Bank dallo Stato di Israele, c’è Gaza. Tutti sanno cosa sta succedendo a Gaza, ma sembra un universo così distante da non doversene preoccupare. Fa parte della politica israeliana aumentare le divisioni tra i Palestinesi, tagliare i contatti, deprivando il futuro stato palestinese della sua contiguità territoriale, in modo che i Palestinesi siano lasciati in un tale stato di marginalizzazione che rinuncino al loro diritto di avere una terra, uno stato e dei diritti ad esso legati. O forse, come mi ha detto un amico palestinese, la gente è talmente abituata e stanca di sentire parlare di occupazione, morti, violazioni e miseria che niente fa più notizia.

I Palestinesi sono stanchi di resistere?
Anche ad Hebron, città occupata nel cuore della old city da 400 coloni sionisti protetti da 1600 militari israeliani (4 per ogni colono, il quale ha comunque il diritto di detenere armi per proteggersi) mi hanno detto la stessa cosa…l’TIPH, la presenza temporanea internazionale ad Hebron istituita dal consiglio di sicurezza dell’Onu, col compito di monitorare e riportare gli sforzi per mantenere una vita normale nella città, mi ha tristemente confermato che non c’è resistenza da parte dei Palestinesi alle continue violazioni ed umiliazioni dei coloni nei loro confronti.
Cosa dovrebbero fare? 1600 militari che controllano 24 ore su 24 tutta la città. Ad ogni disordine viene annunciato il coprifuoco che può durare anche diversi giorni ed inizia la catena infinita degli arresti casuali, arbitrari, col solo scopo di incutere terrore e dissuadere.

Il mondo intero conosce la realtà…Israele sta violando da 60 anni le regole del diritto internazionale sulle quali abbiamo concordato le nostre relazioni tra stati. Gli insediamenti sono illegali secondo le Convenzioni di Ginevra, e l’occupazione comporta delle responsabilità da parte dello stato occupante nei confronti dei civili del paese occupato. Ma Israele si è sempre rifiutato di applicare la Convenzione, convinto che non si possa parlare di occupazione nella West Bank, ma di misure di sicurezza a causa di un conflitto.
Ci sono check point ovunque, zone militari che costellano la West Bank, ogni giorno una strada, un quartiere o una città può essere chiusa per ragioni di sicurezza, le merci israeliane entrano liberamente nel mercato palestinese, ma quelle palestinesi vengono sottoposte a rigidissimi controlli e debbono comunque essere trasportate da veicoli israeliani.
Violazione della libertà di movimento, di libero commercio, violazione del diritto alla proprietà (confisca di terre e di case per la costruzione del muro o per l’espansione degli insediamenti), violazione del diritto all’educazione, alla sicurezza, ad un giusto processo, e ancora violazione della libertà di pensiero ed opinione (molti membri di partito sono in carcere), di stampa, di sciopero e di manifestazione, violazione del diritto all’autodeterminazione e ai diritti del cittadino. L’elenco sarebbe infinito. Si vive in un clima di apartheid. La Palestina sembra sempre più un’altra sud Africa.

Mentre scrivo queste cose a Gaza la situazione si fa sempre più difficile.
Da quando Hamas ha acquisito il controllo del territorio a maggio, Gaza è stata sottoposta ad un sempre più intensificato embargo economico. Solo agli aiuti umanitari è permesso entrare. Gli scontri si sono intensificati, e con essi la caccia israeliana ai combattenti, senza distinzione di donne, bambini e civili. Ogni giorno il bollettino delle vittime (molti civili) si aggrava spaventosamente. Gli Israeliani sparano a vista.
La scorsa settimana Israele ha annunciato di chiudere tutti i confini con Gaza impedendo anche agli aiuti umanitari di entrare, in risposta agli attacchi missilistici di Hamas ai confini con Israele.
L’elettricità è stata tagliata ed è difficile avere una buona copertura da parte dei media. Non c’è più cibo, così si inizia a soffrire la fame.
L’economia è al collasso a causa dell’embargo e la situazione sembra irreversibile.I prezzi sono duplicati o triplicati a causa della carenza di beni. Secondo i sindacati locali più di 100000 Palestinesi hanno perso il loro lavoro negli ultimi sei mesi.
Gli importatori e gli investitori israeliani hanno oramai perso fiducia in questo mercato. La maggior parte degli imprenditori locali stanno cercando di ri-localizzare all’estero (in Egitto o in Giordania) la loro produzione. Particolarmente grave è la carenza di carburante che sta colpendo l’economia del paese ma anche la vita delle persone direttamente.
Lasciare la popolazione civile senza carburante significa privarla del “diritto di avere uno standard di vita adeguato per il benessere e la cura degli individui e delle proprie famiglie”. (art 25 Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo). Senza carburante non si ha la possibilità di riscaldarsi né di cucinare. Molti ospedali hanno dovuto ridurre il loro consumo di energia per le sole emergenze. In tutto ciò sembra che Israele stia pianificando qualcosa…ma nessuno sa ancora cosa.

Ieri abbiamo ricevuto una mail da un nostro amico palestinese fotografo e giornalista a Gaza. Mohammed ci parla di un clima di paura e desolazione creato dai continui attacchi aerei israeliani che colpiscono indiscriminatamente civili e stazioni di polizia, della fame di un milione e mezzo di persone volontariamente imposta da Israele attraverso la chiusura di tutti i confini impedendo anche agli aiuti dell’Onu di entrare, dell’isolamento in cui sono stati lasciati gli ospedali e le organizzazioni civili. La carenza di medicinali e carburante negli ospedali è tale da potersi definire una vera catastrofe per tutta la popolazione.
Una bomba israeliana ha colpito 15 appartamenti uccidendo una donna e ferendo 47 persone, la maggior parte dei quali bambini che si trovavano dentro le loro case o fuori nelle strade a giocare, e persone che stavano felicemente celebrando un matrimonio.
Scene di bambini feriti che gridano e piangono sono all’ordine del giorno.
Gli ospedali sono sovraffollati…non ci sono abbastanza letti né coperte, così ammassano due o tre malati per letto.
La chiusura totale delle frontiere (anche agli aiuti umanitari) da parte di Israele è stata la risposta agli attacchi dei militanti di Hamas a sud di Israele.
In risposta 19 palestinesi sono stati uccisi durante un attacco israeliano nella sola giornata di mercoledì scorso.
Dalla visita di Bush avvenuta qualche giorno fa, gli israeliani hanno ucciso a Gaza 39 persone e ne hanno ferite più di 90. I dati, in continuo aumento, sono confermati da Khaled Radi, portavoce del ministro della sanità a Gaza.
Secondo Radi Israele sta usando armi illegali che rendono possibile l’identificazione delle vittime da parte dei loro parenti.
Mohammed ha paura, una bomba ha colpito un edificio dove si trovava dieci minuti prima.
Ha paura anche di non riuscire a svolgere il proprio lavoro di reporter…senza elettricità è difficile far funzionare un computer.

Si tratta di una punizione collettiva quella che Israele sta infliggendo alla popolazione di Gaza in questi giorni. E le punizioni collettive sono illegali secondo il diritto internazionale.
Mi trovo ogni giorno a vivere la mia tranquilla quotidianità e allo stesso tempo a leggere di Gaza.
Non so cosa si può fare, nel mio piccolo so però che non posso rimanere in silenzio di fronte ad una tale ingiustizia. 

Le miei giornate passano serene qui a Beit Sahour, vicino a Betlemme. L’ufficio, il lavoro, gli eventi, gli amici. Betlemme a volte sembra una piccola oasi abbastanza felice rispetto a quello che succede fuori.
Ogni giorno siamo presi dai mille problemi della quotidianità di un paesino con una comunità ristretta e conservatrice che non fa altro che parlare e sparlare di tutti e di tutto, ingigantire i problemi e immischiarci il più grande numero possibile di persone. Ma fuori da queste “mura” c’è una realtà spaventosa, in continuo peggioramento, a pochi chilometri da qui, anche se separata dalla West Bank dallo Stato di Israele, c’è Gaza. Tutti sanno cosa sta succedendo a Gaza, ma sembra un universo così distante da non doversene preoccupare. Fa parte della politica israeliana aumentare le divisioni tra i Palestinesi, tagliare i contatti, deprivando il futuro stato palestinese della sua contiguità territoriale, in modo che i Palestinesi siano lasciati in un tale stato di marginalizzazione che rinuncino al loro diritto di avere una terra, uno stato e dei diritti ad esso legati. O forse, come mi ha detto un amico palestinese, la gente è talmente abituata e stanca di sentire parlare di occupazione, morti, violazioni e miseria che niente fa più notizia.

I Palestinesi sono stanchi di resistere?
Anche ad Hebron, città occupata nel cuore della old city da 400 coloni sionisti protetti da 1600 militari israeliani (4 per ogni colono, il quale ha comunque il diritto di detenere armi per proteggersi) mi hanno detto la stessa cosa…l’TIPH, la presenza temporanea internazionale ad Hebron istituita dal consiglio di sicurezza dell’Onu, col compito di monitorare e riportare gli sforzi per mantenere una vita normale nella città, mi ha tristemente confermato che non c’è resistenza da parte dei Palestinesi alle continue violazioni ed umiliazioni dei coloni nei loro confronti.
Cosa dovrebbero fare? 1600 militari che controllano 24 ore su 24 tutta la città. Ad ogni disordine viene annunciato il coprifuoco che può durare anche diversi giorni ed inizia la catena infinita degli arresti casuali, arbitrari, col solo scopo di incutere terrore e dissuadere.

Il mondo intero conosce la realtà…Israele sta violando da 60 anni le regole del diritto internazionale sulle quali abbiamo concordato le nostre relazioni tra stati. Gli insediamenti sono illegali secondo le Convenzioni di Ginevra, e l’occupazione comporta delle responsabilità da parte dello stato occupante nei confronti dei civili del paese occupato. Ma Israele si è sempre rifiutato di applicare la Convenzione, convinto che non si possa parlare di occupazione nella West Bank, ma di misure di sicurezza a causa di un conflitto.
Ci sono check point ovunque, zone militari che costellano la West Bank, ogni giorno una strada, un quartiere o una città può essere chiusa per ragioni di sicurezza, le merci israeliane entrano liberamente nel mercato palestinese, ma quelle palestinesi vengono sottoposte a rigidissimi controlli e debbono comunque essere trasportate da veicoli israeliani.
Violazione della libertà di movimento, di libero commercio, violazione del diritto alla proprietà (confisca di terre e di case per la costruzione del muro o per l’espansione degli insediamenti), violazione del diritto all’educazione, alla sicurezza, ad un giusto processo, e ancora violazione della libertà di pensiero ed opinione (molti membri di partito sono in carcere), di stampa, di sciopero e di manifestazione, violazione del diritto all’autodeterminazione e ai diritti del cittadino. L’elenco sarebbe infinito. Si vive in un clima di apartheid. La Palestina sembra sempre più un’altra sud Africa.

Mentre scrivo queste cose a Gaza la situazione si fa sempre più difficile.
Da quando Hamas ha acquisito il controllo del territorio a maggio, Gaza è stata sottoposta ad un sempre più intensificato embargo economico. Solo agli aiuti umanitari è permesso entrare. Gli scontri si sono intensificati, e con essi la caccia israeliana ai combattenti, senza distinzione di donne, bambini e civili. Ogni giorno il bollettino delle vittime (molti civili) si aggrava spaventosamente. Gli Israeliani sparano a vista.
La scorsa settimana Israele ha annunciato di chiudere tutti i confini con Gaza impedendo anche agli aiuti umanitari di entrare, in risposta agli attacchi missilistici di Hamas ai confini con Israele.
L’elettricità è stata tagliata ed è difficile avere una buona copertura da parte dei media. Non c’è più cibo, così si inizia a soffrire la fame.
L’economia è al collasso a causa dell’embargo e la situazione sembra irreversibile.I prezzi sono duplicati o triplicati a causa della carenza di beni. Secondo i sindacati locali più di 100000 Palestinesi hanno perso il loro lavoro negli ultimi sei mesi.
Gli importatori e gli investitori israeliani hanno oramai perso fiducia in questo mercato. La maggior parte degli imprenditori locali stanno cercando di ri-localizzare all’estero (in Egitto o in Giordania) la loro produzione. Particolarmente grave è la carenza di carburante che sta colpendo l’economia del paese ma anche la vita delle persone direttamente.
Lasciare la popolazione civile senza carburante significa privarla del “diritto di avere uno standard di vita adeguato per il benessere e la cura degli individui e delle proprie famiglie”. (art 25 Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo). Senza carburante non si ha la possibilità di riscaldarsi né di cucinare. Molti ospedali hanno dovuto ridurre il loro consumo di energia per le sole emergenze. In tutto ciò sembra che Israele stia pianificando qualcosa…ma nessuno sa ancora cosa.

Ieri abbiamo ricevuto una mail da un nostro amico palestinese fotografo e giornalista a Gaza. Mohammed ci parla di un clima di paura e desolazione creato dai continui attacchi aerei israeliani che colpiscono indiscriminatamente civili e stazioni di polizia, della fame di un milione e mezzo di persone volontariamente imposta da Israele attraverso la chiusura di tutti i confini impedendo anche agli aiuti dell’Onu di entrare, dell’isolamento in cui sono stati lasciati gli ospedali e le organizzazioni civili. La carenza di medicinali e carburante negli ospedali è tale da potersi definire una vera catastrofe per tutta la popolazione.
Una bomba israeliana ha colpito 15 appartamenti uccidendo una donna e ferendo 47 persone, la maggior parte dei quali bambini che si trovavano dentro le loro case o fuori nelle strade a giocare, e persone che stavano felicemente celebrando un matrimonio.
Scene di bambini feriti che gridano e piangono sono all’ordine del giorno.
Gli ospedali sono sovraffollati…non ci sono abbastanza letti né coperte, così ammassano due o tre malati per letto.
La chiusura totale delle frontiere (anche agli aiuti umanitari) da parte di Israele è stata la risposta agli attacchi dei militanti di Hamas a sud di Israele.
In risposta 19 palestinesi sono stati uccisi durante un attacco israeliano nella sola giornata di mercoledì scorso.
Dalla visita di Bush avvenuta qualche giorno fa, gli israeliani hanno ucciso a Gaza 39 persone e ne hanno ferite più di 90. I dati, in continuo aumento, sono confermati da Khaled Radi, portavoce del ministro della sanità a Gaza.
Secondo Radi Israele sta usando armi illegali che rendono possibile l’identificazione delle vittime da parte dei loro parenti.
Mohammed ha paura, una bomba ha colpito un edificio dove si trovava dieci minuti prima.
Ha paura anche di non riuscire a svolgere il proprio lavoro di reporter…senza elettricità è difficile far funzionare un computer.

Si tratta di una punizione collettiva quella che Israele sta infliggendo alla popolazione di Gaza in questi giorni. E le punizioni collettive sono illegali secondo il diritto internazionale.
Mi trovo ogni giorno a vivere la mia tranquilla quotidianità e allo stesso tempo a leggere di Gaza.
Non so cosa si può fare, nel mio piccolo so però che non posso rimanere in silenzio di fronte ad una tale ingiustizia.

 

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