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Cara vecchia informazione italiana. Commento alle notizie dal Medio Oriente: la defezione della leva militare in Israele e le passerelle di moda

Cb Apg23, 2007
Cb Apg23, 2007
La dichiarazione di una fotomodella israeliana appare ai media come uno scandalo: in realtà la defezione dalla leva militare e l’obiezione di coscienza in Israele sono in crescita da tempo. Perchè non si ascoltano le motivazioni dei pochi che rifiutano di imbracciare le armi per motivi ben più validi di quelli espressi da una passerella di moda?

Stamattina sono riusciti a combinare le belle forme di una modella israeliana con il processo di pace in Medio Oriente. Destano scalpore le dichiarazioni della top model , nota per essere la fidanzata di Di Caprio. Avrebbe raccontato al quotidiano israeliano Yedhot Arnoth, non solo di aver usato un matrimonio di convenienza per evitare la leva militare (obbligatoria per ragazzi e ragazze nel paese di Davide), ma anche che non sente alcun bisogno di prestare servizio militare, né tanto meno ritiene giusto che qualcuno muoia per difendere la patria. Scandalo!! Eppure non ha detto nulla di nuovo, solo che ha le carte giuste per farsi ascoltare (90-60-90).

La defezione dalla leva militare in Israele è in crescita costante, seppur moderata. C’è però da distinguere fra coloro che cercano degli escamotages per evitare tre anni da dimenticare (con visite mediche truccate, matrimoni di convenienza o altri fantomatici impedimenti all’amor di patria) e coloro che affrontano la pubblica disapprovazione e talvolta anche il carcere per una questione di principio. Questi ultimi sono i Refusenik, ragazzi e ragazze che hanno scelto la strada dell’obiezione di coscienza perchè non credono nel regime di occupazione militare. Le dichiarazioni della top model sono state, scusate il gioco di parole, “rimodellate” a tal punto da mostrare quanto è riprovevole e frivolo opporsi alla leva militare. Perchè non si ascoltano le motivazioni dei pochi che rifiutano di imbracciare le armi per motivi ben più validi di quelli espressi da una passerella di moda?
Il fatto che Olmert e Abu Mazen ieri si siano incontrati per confrontarsi sulle reciproche condizioni per un nuovo trattato di pace passa in secondo piano. È storia vecchia che si ripeterà all’infinito. La cara vecchia informazione italiana non si sofferma sul fatto che le decisioni di due uomini al tavolino dovrebbero, ma non succede in realtà, cambiare la sorte di migliaia di persone. Inoltre questi a noi tanto cari Leaders moderati partoriscono due o tre dichiarazioni per la stampa, ma spazio alle azioni concrete ne lasciano ben poco. Ad agire tanto c’è l’esercito israeliano ed i miliziani armati palestinesi, come se fossero entità a distinte dalla politica, che devastano uno scenario ormai desolato e danno al mondo una visione binaria, e semplicistica, di quanto accade nel bacino del Mediterraneo.
Perchè abbiamo bisogno tutti di simboli, e qui fa la sua entrata la terza notizia di oggi. Ovvero la “falsa notizia” di cinque anni fa. Il video che aveva commosso il mondo dell’esecuzione di un bambino palestinese, Mohammed, sarebbe falsa. Benvenuti nel giornalismo di guerra! Non immaginate quanto ci sia di artefatto e apocalittico nelle parole come nelle immagini, da ambo le parti. 
I media sono un esercito senza fucili, armato fino ai denti di apparecchi video ed intenzioni non troppo pulite. Non a caso i soldati israeliani, durante le dimostrazioni portano le telecamere e riprendono i volti degli attivisti dimostranti, più per spaventarli che per denunciarli al ministero degli interni. Quindi si creano due battaglioni assetati di immagini. I dimostranti-reporter che aspettano un passo falso dei soldati per schiaffarli su Youtube, e i militari israeliani che attendono lo stesso per inserire nuovi nomi in “black list”. Il fatto che Mohammed non sia mai esistito non è la cosa più importante. Succedono talmente tante atrocità in questa terra che non serve a niente inventarsene delle altre. La realtà è abbastanza paradossale da sé, senza il colore della penna dei reporter, senza rimpinguare le cifre.
Per un Mohammed che non esiste ce ne sono cento che sono veri, e non per forza vittime delle armi: ad uno hanno confiscato il terreno di famiglia ieri, l’altro è finito in carcere per sei mesi per aver lanciato pietre contro una jeep militare, una è stata interrogata per quattro ore dai servizi segreti a Nablus, uno è stato usato come scudo umano su un carro armato, l’altro piange la morte di tre fratelli e la scomparsa di altri due, uno oggi è stato preso a sassate dai coloni mentre andava a scuola. Quanti altri Mohammed volete che ci siano prima di dire basta? 

Cb Apg23, 2007
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