Caschi Bianchi India

Chetana: una storia dal sud

C’era una volta un Re… questo Re amava andare a cavallo. Un giorno mentre cavalcava s’imbatté lungo la via in un campo di mango. Lì c’era una ragazza che scagliava sassi contro l’albero nella speranza di colpire un ramo e far cadere un frutto…

Scritto da Stefania La Mendola (Casco Bianco IBO)

Chetana: gioia che si rinnova, forza. Questo è quello che riporta il dizionario Kannada-Inglese. I suoi occhi castani sono profondi e penetranti, lunghe ciglia li contornano e sembrano quasi voler proteggere quel tesoro. Le labbra rosse e carnose testimoniano un’immensa vitalità e le sue guance paffute le conferiscono un’aria allegra e simpatica, ravvivata da una fontanella di capelli raccolti sulla sommità del capo. Tuttavia, quando lo sguardo si scosta dal suo visino e si posa sul suo acerbo corpicino di un metro e venti, allora tanta vitalità si spegne sulle ossa sporgenti, sugli arti spigolosi e sugli abiti lisi e cadenti. Questa è la mia Chetana, una bimbetta di dieci anni con un sorriso che scalda il cuore ed un’allegria contagiosa. Come quasi tutti i bambini della scuola Chetana vive in un ostello all’interno del complesso gestito dai Padri Gesuiti; insieme a lei ci sono altri 49 bambini, tutti con una storia personale alle spalle, spesso una storia triste di povertà e abbandono. Malgrado le innumerevoli difficoltà negli ostelli c’è tanta allegria e spesso i momenti liberi sono animati da balli canti e risa fragorose.

A Chetana piace raccontare storie di mondi lontani, di principesse prigioniere, draghi sputafuoco e matrigne cattive e in questo mi ricorda molto me quando avevo la sua età. Due sere fa dopo le preghiere prima della cena le ho chiesto di raccontarmi una storia. Lei rapidamente, ma con grazia, si è inginocchiata davanti a me e ha messo le sue piccole mani nelle mie, poi, dopo essersi schiarita la voce ha cominciato il racconto…”C’era una volta un Re… questo Re amava andare a cavallo. Un giorno mentre cavalcava s’imbatté lungo la via in un campo di mango. Lì c’era una ragazza che scagliava sassi contro l’albero nella speranza di colpire un ramo e far cadere un frutto. Accidentalmente uno dei sassi colpì la testa del Re. Il Re era furioso e ordinò ai suoi soldati di tagliare la testa della ragazza. Quest’ultima, seppur impaurita per le parole del Re, gli si avvicinò e gli disse: Re, questo non è giusto! Se colpisco l’albero di mango con il mio sasso esso mi darà frutti ma se colpisco il Re mi farà tagliare la testa. Il Re, vergognandosi per il suo comportamento e apprezzando il coraggio della ragazza, la ricompensò con un sacchetto di monete d’oro…”. Terminato il racconto le stringo forte le mani, mi sento molto fiera di lei, non solo perché la sua narrazione è stata impeccabile ma soprattutto perché ha scelto di raccontarmi questa storia di giustizia e coraggio proprio degna di lei.
Chetana è una bambina molto generosa e altruista e per questo mi ha colpita sin dal primo giorno in cui l’ho incontrata. Ero arrivata alla scuola già da un paio di giorni ma quella era la prima volta che visitavo la Primary School, erano circa le 10 e trenta quando cominciai a salire la scala principale dell’edificio; lo ricordo bene perché appena poggiato il piede sul primo gradino il suono fragoroso della campanella seguito dallo scalpiccio di centinaia di piedini in corsa mi ha sorpreso come un temporale estivo: era la ricreazione. In un attimo un fiume di bambini si stava riversando proprio su quelle scale impedendomi di procedere oltre, così, saggiamente decisi di cedere loro il passo. Quando ormai tutti i bambini avevano raggiunto il campo da gioco vidi spuntare dalla sommità della gradinata un ciuffetto di capelli seguito poi da una bimba minuta e accaldata la quale con tutte le sue forze aiutava una bambina diversamente abile a scendere le scale. Era Chetana, aveva aspettato pazientemente che tutti gli altri bambini fossero usciti per aiutare la sua compagna di scuola, Jyothi. Ne fui subito conquistata. Soltanto mesi dopo, quando ho incontrato suo padre, ho capito. Quando ha saputo che sarebbe venuto a farle visita è diventata a dir poco euforica; con un sorriso a stento contenuto dall’ampiezza del suo viso è corsa da me saltellando chiedendomi di seguirla verso l’ostello poiché suo padre stava per arrivare a farle visita.
Mentre un uomo vestito di vecchi abiti lisi e scoloriti dal forte sole dell’India si trascinava a stento verso di noi vedevo aumentare il bagliore negli occhi di Chetana, le sue mani muoversi freneticamente sul vestitino a fiori ed il sorriso aprirsi e chiudersi come se stesse sussurrando qualcosa. Suo padre è un uomo poverissimo e con una menomazione agli arti inferiori ma lei non vede tutto ciò, o forse si, ed è così forte dal guardare oltre; suo padre, quell’uomo apparentemente miserabile è il suo eroe, un semidio.
La sua non è certo una famiglia modello: la madre, infatti, ha problemi con l’alcol e nonostante ciò è l’unica a percepire un salario poiché l’invalidità non consente al marito di lavorare. A causa dei continui litigi tra i genitori l’anno scorso il fratello di Chetana ha lasciato la scuola e da quel momento qualcosa in lei si è spento. A volte mi parla di lui e quando lo fa ride pensando a quante ne hanno combinate insieme; anch’io ho un fratello maggiore e quando l’ascolto mentre mi racconta una delle sue storie ripenso alla mia di infanzia.
Malgrado tutto i suoi occhi da cerbiatto sono sempre aperti sul mondo ed è bello vederla sognare un futuro meraviglioso nel quale lei si immagina una poliziotta; il lavoro che ha scelto rispecchia le sue tante qualità: coraggio, altruismo e senso della giustizia. Chetana non sa ancora nulla di matrimoni combinati, dote da pagare, sottomissione al padre, al marito, ai figli, di lavoro sfiancante e mal pagato, di sfruttamento e abusi da parte di chi per razza, casta, sesso o religione è meno povero o meno oppresso e ripercuote la sua frustrazione sui gradini più bassi della scala gerarchica. Francamente spero che la mia Chetana non debba mai conoscere questa triste realtà e spero anche che questa nuova generazione riesca a declinare la propria cultura d’origine con l’affermazione diffusa dei diritti umani e della dignità dell’individuo.
Chetana: gioia che si rinnova, forza ma anche speranza di un futuro nel quale i modesti sogni di una bambina possano diventare realtà.

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