Caschi Bianchi Cile

Tragedia di giovani reclute sul Vulcano Antuco

Sedici giovani in servizio di leva sorpresi da una tormenta di neve muoiono congelati alle falde del Vulcano Antuco (VIII regione), altri 24 sono dispersi. Stavano svolgendo un`esercitazione che ogni anno si realizza come parte dell’istruzione del “Comando de Morteros”.

Scritto da Abele Gasparini, Casco Bianco a Santiago del Cile

È il piú grande disastro in seno all`Esercito cileno in tempo di pace. Martedì 17 maggio il Battaglione di Fanteria N 17 di Los Angeles composto da piú di 450 soldati inizia il ritorno graduale alla città di Los Angeles dal rifugio Los Barros, nelle vicinanze del Vulcano Antuco, Cordillera Andina.  Decine e decine di giovani reclute impareranno a marciare nella neve, affrontare il vento e il gelo, dimostreranno di essere dei duri. Immaginate quindi quattro squadroni di diciottenni comandati cadauno da uno o al massimo due officiali.
I ragazzi hanno un equipaggiamento da media-montagna composto dall`uniforme normale di combattimento piú una giacca a vento termica in Goretex, un berretto di lana e una sciarpa. Ridicolo per le condizioni climatiche intorno al Vulcano dove le temperature arrivano fino a -15 sottozero. Solo una delle quattro compagnie possiede l`equipaggiamento adeguato con una tenuta impermeabile che permette la traspirazione e impedisce che l`acqua entri a contatto con il corpo.  Due compagnie partono e raggiungono un primo rifugio, la mattina del giorno seguente sono sani e salvi a destinazione. Quella stessa mattina, presto, molto presto, alle cinque, una terza compagnia composta da un centinaio di unità inizia la sua discesa sempre da Los Barros fino al rifugio La Cortina distante circa 25 chilometri. Purtroppo accade il peggio: nel mezzo del cammino sono sorpresi da una tormenta di vento bianco(1). In quarantacinque si smarriscono, e dei cento solo in trenta arrivano a la Cortina. Questo stesso giorno, il quarto ed ultimo gruppo, composto da 112 soldati parte per il medesimo tragitto, ma si accorge in tempo della situazione climatica, o viene avvertito da qualcuno, e ritorna a Los Barros.  A questo punto iniziano i soccorsi, i collegamenti radio, l’invio di truppe specializzate, ma il maltempo imperversa sull’area circostante al Vulcano e gli elicotteri devono aspettare ore prima di avere la sicurezza di agire sul luogo della tragedia. Tra mercoledì e venerdì una girandola di notizie: non si sa di preciso quanti siano i dispersi, né quanti siano in salvo. Viene stilata una lista di nomi, che però si rivela approssimativa. Intanto i familiari dei militari dispersi vengono fatti radunare in un Collegio Superiore di Los Angeles, ma tutto appare confuso. Il comandante capo dell’Esercito Juan Emilio Cheire personalmente si reca sull’Antuco e vede apparire i primi cadaveri.  I corpi di cinque reclute vengono alla luce avvolti nel sacco a pelo, sotto tre metri di neve. Nella giornata di venerdì 20 maggio Cheire inizia i colloqui con le famiglie e dice che solo un miracolo può far si che i dispersi siano ancora vivi.
Sabato 21 maggio è un giorno festivo in Cile. Si celebra la gloria dell’Esercito Navale, e tradizionalmente a Valparaiso viene fatta una celebrazione pubblica farcita di militari e politici in onore del Capitano Arturo Pratt, un valoroso combattente della Patria. Il discorso del Presidente della Repubblica Antonio Lagos vibra di commozione per la scomparsa delle giovani leve e al termine si precipita ai funerali delle sedici vittime accertate, mentre i corpi rinvenuti sono tredici.  Cheire dice che i suoi ufficiali “non sono stati negligenti, ma hanno mancato del criterio e della capacità professionale che potevano evitare ciò che è successo”. Pare che gli ufficiali possano essere accusati di “Inadempimento a doveri militari”, l’accusa più grave prevista dall’Istituzione Militare, per la quale esiste una condanna fino ai quindici anni di carcere, ma la cosa deve ancora essere accertata. Lagos preferisce per il momento aspettare la fine delle ricerche e avere dati attendibili prima di attribuire colpe e condannare i colpevoli, ma intanto loda il comportamento di Cheire “che ha fatto tutto il possibile”. Di certo è previsto l’appoggio alle famiglie delle vittime a cui risponderà l’Ufficio di Informazione al Soldato, che presterà i suoi avvocati per sicure querele nei confronti dell’Esercito.
Cheire infine ha disposto che tutti i soldati caduti nella tragedia saranno sepolti con i più alti gradi militari. Inoltre saranno dichiarati “eroi di pace” e verrà costruito un monumento alla memoria in loro onore.
Questi “eroi” avevano per la maggior parte diciotto anni, e da poco più di un mese stavano adempiendo l’obbligo di leva.  La carriera militare sembrava un’opportunità per ottenere un lavoro ben retribuito e godere di buona considerazione agli occhi della famiglia e degli amici. Venivano da modeste zone rurali della VIII regione come Laja, Negrete, Santa Barbara, Mulchén e Alto Biobío.
Preferisco associare i nomi di questi piccoli villaggi ai piccoli uomini che hanno trovato la morte seguendo gli ordini di persone che avevano il dovere di tutelarli. È l’ennesimo scandalo nel giro di poco tempo(2), ma l’impatto e le proporzioni di questa tragedia sono enormi. Se i ventiquattro dispersi dovessero risultare morti, e sembra davvero che ci siano poche speranze che siano vivi, si arriverebbe a quota quaranta vittime. Forse adesso l’Obiezione di Coscienza verrà presa in considerazione in questo Paese che oggi piange i suoi ragazzi.
Una settimana fa, domenica 15 maggio, giorno internazionale dell’obiezione di coscienza, componenti e amici della Roc, una quindicina in tutto, hanno marciato nel centro di Santiago dicendo NO al Servizio Militare, definito “Scuola della Morte”.  Anch’io ero presente: abbiamo distribuito circa duemila volantini e come atto simbolico abbiamo cambiato il nome “Plaza de Armas” in “Plaza de la Paz” costruendo un cartello sostitutivo. Saranno centinaia invece le persone che si riuniranno martedì 24 maggio realizzando una fiaccolata in segno di raccoglimento per l’accaduto.
Oggi l’Esercito Cileno si trova in mezzo alla bufera ed è chiamato a riflettere sulle condizioni di sicurezza che propone e sui metodi che da sempre utilizza. Il militarismo, il machismo, il bisogno di provare emozioni forti e fare delle guerre devono cessare di esistere.

Note:(1)Vento e neve fina.
(2)Nelle ultime settimane una serie di morti senza spiegazioni apparenti, qualificate come “incidenti” si sono verificate nell’ambito del Servizio Militare Obbligatorio. Ricordiamo i casi delle reclute Cesar Soto Gallardo, che muore il 4 maggio 2005 per un colpo sparato alla testa, mentre realizzava un esercizio militare senza le protezioni adeguate nel reggimento Battaglione 1 di Santiago; il caso di Alejandro Ríos Ríos che muore affogato il 9 maggio 2005 nel Lago Llesquehue e infine, Mauricio Riquelme Riquelme, che decede il giorno seguente, nel reggimento rafforzato N.9 di Osorno, per un colpo all’addome. D`altra parte non è la prima volta che si verificano tristi avvenimenti di questo tipo. Altri casi eclatanti sono l’assassinio, mai dichiarato, della recluta Pedro Soto Tapia nel 1996; la strana morte del capo Orlando Morales Pinto nel settembre 2002 e la morte del giovane in servizio di leva Raúl Aedo nel luglio 2003. Questi fatti furono presentati all’opinione pubblica come banali incidenti, anche se rimangono aspetti oscuri su cui non è stata fatta luce.

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