Brasile Caschi Bianchi

Le lenti sbagliate

A volte occorre cambiare lenti per osservare una realtà diversa e per abituarsi a una nuova luce, a nuovi colori…

Scritto da Elisa Franco

Vi racconterò di me, perché per ora non posso ancora vedere molto altro chiaramente…E’ passato ormai più di un mese da quando ho cominciato a soffrire di questa miopia. E’ stato terribile, non ve lo nasconderò, ma ora capisco che è stato come uscire d’estate dal buio di una cantina in un caldo cortile assolato…Ora lo so, ma all’inizio per me è stato doloroso, perchè questi colori così violenti, questa straordinaria quotidianità che vedevo vivere intorno a me, tutti gli odori, le bestioline che mi camminavano sulla pelle di notte, gli sguardi così profondi e tutta questa ingiustizia strisciante ma impassibilmente accettata, mi rendevano dolorosamente impotente, abbagliata, cieca…

Troppa luce…troppa luce.

Ho cominciato con l’arrabbiarmi, come penso faccia qualsiasi persona che si trovi cieca da un momento all’altro, anche se preparata…la rabbia della paura.
Ero furente con ciò che mi vedevo vorticare intorno, ero furente con chi non mi aveva detto quanto poteva essere abbagliante il sole in questo cortile brasiliano, ero furente per il mio dolore provocato dall’essere lontana da casa, la sporcizia, la trascuratezza, la rassegnazione attiva dei missionari, ero furente perchè capivo una parola su dieci, perchè ero sicura che una sola possibilità in più avrebbe cambiato interamente l’esistenza di queste persone, ero furente perché il mio bisogno di contatto fisico doveva rimanere nascosto e silenzioso per non essere frainteso, ero arrabbiata sopra ogni altra cosa perché forse si sarebbe chiuso il progetto su cui, inevitabilmente, avevo fantasticato per mesi…
In tutto quel dolore e in tutta quella fatica nel comunicare anche con gli italiani presenti da anni qui, ho cominciato a mangiare, tanto, in continuazione…per riempire il vuoto e la delusione di non essere all’altezza, che mi stavano divorando dentro. Ero frustrata e sofferente, finchè questo mio attaccarmi al cibo e alle voci lontane di chi mi vuole bene, mi hanno spaventato ed è lì che mi sono ribellata.

Innanzi tutto mi sono sganciata dalle mie compagne di viaggio, anche se preziose come l’oro in quei primi giorni, mi accorgevo sempre più che il bisogno di comunicare il disappunto di tutte e tre stava diventando una malattia polemica cronica…ho preso lo zaino e con paura mi sono allontanata da loro e macchie colorate si sono fatte spazio nella mia visuale. Mi sono chiusa nel silenzio dell’ascolto e in un non facile sorriso di chi ha bisogno, e tutto è stato più semplice…il cielo e la luce meravigliosa del Brasile sono entrate prepotentemente nei miei occhi, così come le palme, i banani, il verde potente e la grandezza silenziosa dei fiumi che arrivano da lontano. Gli sguardi orgogliosi dei bambini e delle ragazze madri con cui ho condiviso casa e cibo hanno acquisito un senso e le loro storie sono scolpite nel mio cuore e nella mia indignazione per sempre, l’aspetto burbero e i modi un po’ rudi dei missionari italiani sono diventati la buccia gustosa di un limone profumato…

E i miei occhi… i miei occhi adesso guardano la Casa della Gioventù in cui ho cominciato finalmente a lavorare con speranza e trepidazione perché, nonostante la coriacea diffidenza che le persone che da anni lavorano qui hanno nei confronti delle meteore bianche come noi, sento che questo posto brulica di idee, di potenziale, del ritmo dei cuori che credono in questo progetto.
Sono qui da pochi giorni e, nonostante il mio timido portoghese con stampelle, sento che qui c’è terra fertile, qui le mille e una idea che mi frullano nel cervello possono mettere radici grazie soprattutto all’entusiasmo di alcuni.
A dire il vero un po’ tutto questo mi spaventa perché non so se sarò all’altezza di tante aspettative, ma penso tuttavia che un progetto di commercio equo e solidale per l’ottimo artigianato prodotto dai ragazzi che frequentano questo posto sia una concreta possibilità di sviluppo per la casa stessa, così come il progetto che mi piacerebbe strutturare insieme alla psicologa di un laboratorio di educazione sessuale e affettiva, che per molti ragazzi potrebbe essere la chiave per cominciare a pensare a queste tematiche in maniera più consapevole, dal momento che per molti l’abuso, la prostituzione e le gravidanze precoci sono problemi reali e presenti nelle loro vite.

I miei occhi stanno meglio, nonostante al mio polso l’orologio segni ancora l’ora italiana,ma probabilmente le lenti nuove di cui mi sono dotata hanno fatto la differenza…vi ho raccontato di me, non di fatti eclatanti né di politica, ma perché sono convinta che, nonostante le lenti nuove, non sono ancora in grado di raccontare altro, sono ancora miope e tendo a vedere soltanto ciò che mi sta vicino, per non perdermi…Certamente è vero che a Itaobim uccidono su commissione per 150 reais (circa 50 euro) e che i bambini si prostituiscono per 3 reais (circa 1 euro) e che sarebbe urgente raccontare a chi un euro lo mette nel carrello della spesa al supermercato, che questa è la triste realtà che si respira qui, ma oltre alla mia incapacità, penso che sia giusto questa volta lasciarvi con un sorriso di speranza, che sono i bambini del barrio (quartiere) che da lunedì affolleranno di nuovo la Casa della Gioventù.

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