Caschi Bianchi Tanzania

Un anno passa in fretta

Entrare in contatto con una cultura diversa ed una lingua completamente nuova è una grande sfida, e forse sono proprio i primi passi quelli decisivi per il resto del cammino

Scritto da Tania Sattin, Casco Bianco in Servizio Civile con CEFA – FOCSIV a Dar es Salaam

Un anno: sembra incredibile quanto velocemente il tempo sia trascorso da quel 24 giugno, data in cui abbiamo firmato il nostro contratto. «Ma sì, un anno passa in fretta» è la frase che ci siamo ritrovati a ripetere a familiari, amici, colleghi, quando sgranavano gli occhi in risposta al nostro annuncio: «Parto». Ora, eccoci qui, giunti quasi al traguardo, increduli nel constatare quanto avessimo ragione: un anno passa veramente in fretta. Eppure, di ricordi da condividere ce ne sarebbero tantissimi: l’arrivo, le prime settimane insieme per il corso di lingua, il momento del distacco, per raggiungere le varie destinazioni dei progetti, il primo approccio al lavoro, i posti visitati, le persone incontrate… Come dicevamo, tantissimi, «che a farne un elenco ci vogliono almeno tre ore», direbbe Daniele Silvestri.

Tuttavia, ce n’è uno in particolare, che ci lega tutti a uno stesso luogo e a un preciso momento: un “battesimo del fuoco”, se così possiamo definirlo. Durante le tre settimane dedicate al corso di Swahili, abbiamo convissuto nella sede CEFA di Dar es Salaam. Proprio qui, in quei giorni, si stava svolgendo una delle ultime attività previste dal progetto “All Inclusive”, il cui obiettivo era migliorare i livelli di inclusione delle persone con disabilità: la raccolta di feedback da parte dei beneficiari. Il nostro compito è stato quello di affiancare i membri dello staff e gli interpreti nella distribuzione dei questionari e nella ricezione delle risposte. È stata l’unica occasione in cui abbiamo collaborato tutti insieme, non a distanza: abbiamo avuto modo, per la prima volta, di interagire con qualcuno del posto, pur sapendo a stento come formulare una frase, anche la più semplice, in Swahili e pur confrontandoci con persone che avevano diversi tipi di disabilità, per esempio problemi di udito. Forse proprio per queste e altre ragioni, il ricordo di quell’esperienza è uno dei più significativi che porteremo nel cuore: la vicinanza, il lavoro di squadra, le risate, dovute soprattutto al nostro essere così impacciati, e al tempo stesso la pazienza e la disponibilità – qualità tipiche dei tanzaniani – di chi doveva interpretare ciò che stavamo dicendo. È stato un momento di scambio reciproco, bellissimo, durante il quale abbiamo ascoltato storie incredibili, nel bene e nel male, che hanno lasciato un segno indelebile nella nostra memoria.

Guardando indietro, sembra davvero ieri, quando, tra un’ora di lezione e l’altra, ci confrontavamo su cosa dire, come farlo e a chi chiedere aiuto nei momenti di panico. Ma non importa: le sensazioni che abbiamo provato sono ancora lì, vivide, e rimarranno tali finché conserveremo il ricordo di ciò che ce le ha suscitate. È vero, un anno passa in fretta, ma ciò che lascia, beh dura quanto decidiamo di farlo durare: un secondo, un anno, o per sempre.

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