Caschi Bianchi Italia

Il tempo dell’attesa

Mi chiamo Desirée, ho 25 anni e vivo nella sperduta bassa veronese. Attualmente sono un Casco Bianco con APGXXIII e in questo preciso momento dovrei trovarmi a 11.993 km da qui, a Santiago del Cile.

Scritto da Desiree Fraccaro, Casco Bianco con Apg23

A pochi mesi dalla fine del lockdown, ricordo le passeggiate e le biciclettate fuori casa indossando una mascherina soffocante che mi aiutavano a percepire il passare del tempo in un periodo dove il tempo sembrava non passare mai.

Quando salii sul treno delle 7:22 il 20 febbraio con direzione Rimini indossavo il mio parka consumato, una sciarpa regalatami giusto per affrontare il freddo andino e una valigia piena di aspettative ed entusiasmo. Era inverno e le mie mani erano fredde. Ero veramente pronta, avevo paura ma sentivo in me quella voglia di conoscere tutti quei giovani disposti a mettersi in gioco per un anno insieme a me. Avevo voglia di bruciare quelle settimane di preparazione e di godermele al 100%. Ma, come in molte situazioni che prima o poi siamo tenuti ad affrontare, nulla va come programmato. Dopo solo quattro giorni mi son trovata in un caos generale, avevo il cuore a mille, i tabelloni della stazione di Bologna segnavano ritardi assurdi e la gente si guardava con un terrore mai visto prima. Ero con Martina, una ragazza che verrà con me in Cile, ed ero certa di dover rimanere almeno una notte bloccata a Bologna, quando, per fortuna, ho preso al volo l’ultimo flixbus per Verona.

Ecco, non so spiegare cosa sia successo. In questi mesi d’incertezza e di paura io mi ritrovo a fissare la mia valigia, ormai vuota, ferma esattamente dove l’avevo messa al ritorno, con la speranza di riempirla velocemente e di salire su quell’aereo con destinazione Santiago.

Ho paura, sarei sciocca a non ammetterlo, in ballo c’è il mio futuro, i miei progetti e i miei desideri. Mi ritrovo qui, ascoltando tutte le persone che mi circondano parlare del tempo che passa, del lavoro da svolgere e sempre con il consiglio di non sprecar altro tempo. Dicono di cercare un “vero” lavoro, di pensare ad un futuro più realista, se ne escono dicendo: “e lasci qui la tua famiglia?”, “e se succede qualcosa?”.

Nessuno aveva previsto questa “pausa” forzata del mondo, nessuno poteva prevederlo. Forse è questo che dobbiamo imparare da questo periodo: noi non controlliamo nulla.

A 25 anni non so nulla di ciò che sarò, di ciò che farò e tanto meno in che parte del mondo. Ma sento dentro di me un istinto che mi spinge a credere fortemente che, prima o poi, partirò, che guarderò la cordigliera della Ande sorridermi quando atterrerò in quella lunga striscia di terra.

Ora, indosso una t-shirt a maniche corte e di giorno il sole batte sulla mia pelle. Le notizie riguardanti il nostro progetto sono vaghe e molti di noi perdono la speranza riguardo alla possibile partenza. Non vedo l’ora di svolgere il mio lavoro “non vero”, nel mio futuro irrealistico, distanziandomi dalla mia famiglia ma non dal loro amore e vivendo ciò che accadrà come un dono.

E come scrisse Neruda: “Potranno tagliare tutti i fiori ma non fermeranno mai la primavera.”

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