Corpi Civili di Pace Italia

A scuola per riflettere sull’inquinamento

Benedetta, Corpo Civile di Pace a Ferentino, ci racconta con soddisfazione gli incontri con i ragazzi delle scuole superiori, una tra le varie attività di sensibilizzazione inserita nel progetto “Appennino fragile”.

Scritto da Benedetta Berloni, Corpo Civile di Pace con CIVIS – CESC Project – Apg23 a Ferentino

Non mi aspettavo tanta negatività. È vero che nei mesi in cui ho abitato in Provincia di Frosinone ho visto un clima di sfiducia e rassegnazione sul tema ambientale. Magari anche il titolo dell’incontro influenzava la scelta. Non mi aspettavo, però, che nel brainstorming su “Valle del Sacco”, chiedendo a dei diciassettenni di dire la prima parola che associano al loro territorio, venissero dette le parole “morte”, “animali mutanti”, “tumore”, “acqua inquinata”, “schiuma”, “immondizia”, “discariche” e “sporco”.

Questo è stato l’inizio di ogni incontro che abbiamo svolto come Corpi Civili di Pace nelle scuole superiori. L’attività di informazione sulla contaminazione del fiume e del territorio è inserita nel programma di “Appennino Fragile”, a cui ho aderito con altri tre ragazzi, Veruska, Serena e Riccardo. Questo progetto CCP, uno dei pochi in Italia, ha l’obiettivo di coinvolgere dei volontari nel conflitto ambientale della Valle del Sacco come mediatori tra gli abitanti, vittime della contaminazione storica, e le amministrazioni, incaricate della bonifica. Tra le varie attività di sensibilizzazione, svolgere incontri formativi nelle scuole non mi interessava particolarmente, quando ho iniziato ero molto più interessata alle attività di monitoraggio del risanamento. Devo invece ammettere che incontrare gli studenti e vedere il loro interesse nelle discussioni, mi ha reso soddisfatta del nostro lavoro. Nonostante il poco tempo, possiamo vedere come cambia il loro atteggiamento. All’inizio sono passivi e rassegnati, la questione dell’inquinamento è spesso confusa e comunque al di sopra del loro controllo, ma poi definiamo le molte informazioni, facciamo emergere le loro opinioni attraverso i dibattiti e chiediamo loro di formulare soluzioni al problema. Riusciamo così a farli approcciare alla questione in una modalità nuova e attiva.

Il primo incontro è stato nel liceo di Anagni. Stavamo aspettando due classi quarte ed io continuavo a sistemare le sedie, preoccupata, chiedendomi se l’argomento fosse troppo tecnico o troppo lungo. Poi, per fortuna, gli studenti hanno partecipato con attenzione e si sono impegnati sviluppando soluzioni interessanti durante il dibattito.

Nel brainstorming iniziale, che presenta l’immagine condivisa delle gravi conseguenze dell’inquinamento, viene detta anche qualche parola positiva, di solito sotto suggerimento di Serena. Procediamo, poi, cercando di dare informazioni su alcuni punti chiave della situazione: parliamo di come è stata scoperta la contaminazione, la storia degli interventi delle autorità, le definizioni, come quella di SIN: sito di interesse nazionale, ovvero l’area in cui le opere di bonifica sono gestite dal Ministero dell’ambiente, e infine le sostanze contaminanti, con cui Riccardo testa sempre le conoscenze di chimica della classe. Parliamo anche delle conseguenze per l’ambiente, per l’economia locale e per la salute; non di rado gli studenti intervengono con domande o raccontando le storie di parenti malati.

Poi arriva il momento più interessante: il dibattito. Il conflitto ambientale della Valle del Sacco è basato sulle difficoltà derivanti dall’inquinamento storico del fiume. La richiesta che viene fatta agli studenti è quella di difendere una delle due parti in un caso esposto: gli abitanti, proprietari agricoli, diffidenti verso la correttezza di una nuova impresa, o questa nuova impresa, che si vuole insediare nel territorio. Gli interventi sono sempre molto appassionati: chi difende la necessità di nuovi posti di lavoro, chi si preoccupa per la perdita di valore delle aziende agricole se viene aperta a lato un’industria, chi si preoccupa della salute degli abitanti, chi confida nel rispetto della legge per la tutela ambientale e perciò non vede rischi.

Molto spesso concordano che è necessario un equilibrio e che entrambe le parti hanno esigenze importanti. Alcune delle riflessioni sono molto acute: un’area per le aziende agricole separata dall’area industriale grazie ad una buona pianificazione delle amministrazioni, una maggiore fiducia nelle aziende, l’abbassamento dei costi di trattamento dei materiali di scarto e delle acque reflue, un sistema di controllo del trattamento dei rifiuti più rigido da parte delle autorità e maggior trasparenza delle imprese nei processi produttivi e di smaltimento, con la pubblicazione di certificazioni.

A questo punto, parliamo delle azioni che ogni cittadino, inclusi gli studenti, può svolgere per migliorare la sicurezza riguardo a contaminazioni, gestione dei rifiuti e altri danni ambientali, in particolare per chi abita all’interno del Sito di Interesse Nazionale, l’area potenzialmente contaminata. Commentiamo l’importanza di rispettare le leggi per quanto riguarda l’interdizione dei terreni ad uso agricolo, la dichiarazione di pozzi e fosse biologiche, le analisi e i roghi illegali (sia di potature o altri materiali ancora più gravi). Concludiamo sull’importanza del non abbandonare rifiuti e segnalare alle autorità comportamenti illegali.

Prima di tornare alle loro attività scolastiche quotidiane, i ragazzi compilano un breve questionario per la verifica dell’incontro. Nella domanda n°11 viene chiesto loro se hanno avuto esperienza personale con le tipologie di inquinamento o i reati ambientali discussi. Abbiamo sintetizzato le risposte in un grafico che presenta le cinque più frequenti tipologie di reati legati all’inquinamento descritte dagli studenti: scarichi illegali nel fiume Sacco, incendi di impianti e discariche e roghi illegali di rifiuti, abbandono di rifiuti, discariche non a norma e odori sgradevoli persistenti.

Più dell’ottanta per cento dei ragazzi ha riportato una situazione che riguardava se stesso o i propri familiari. Anche se probabilmente l’incontro ha incoraggiato le risposte, resta il fatto che il 20 per cento, quindi più di cento ragazzi, ha nelle vicinanze una microdiscarica. Non si tratta di un fenomeno occasionale, si tratta di un sistemico abbandono di rifiuti, che potrebbe implicare un fenomeno organizzato, che purtroppo è così frequente da essere tacitamente accettato come normalità.

È per questo che gli incontri mi hanno dato tanta soddisfazione: la forza di insinuare in tanti ragazzi il pensiero di non essere impotenti di fronte alle azioni criminali di inquinamento. Fosse anche, solo in qualcuno, la voglia di denunciare e segnalare queste situazioni.

Sviluppare la coscienza collettiva riguardo la gravità di queste azioni e l’importanza di agire per prevenirle e condannarle, nella società e nella politica, porterebbe a un lento cambiamento. Questa, ritengo, è lo scopo della nostra sensibilizzazione.

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