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Caschi Bianchi Senegal

Allontanarsi per (ri)trovarsi

28 anni, di Civitavecchia, Lavinia ha svolto il suo anno di Servizio Civile a Mbour, in Senegal. Tra circa un mese ripartiranno i nuovi Caschi Bianchi, Lavinia ci parla della sua esperienza, che sia di augurio ai futuri volontari.

Scritto da Lavinia Borhy, Casco Bianco con FOCSIV – CPS a Mbour

Nel mio caso la scelta è stata davvero facile, perché ho cercato i progetti per area tematica e sul turismo responsabile, in tutto il mondo, ce ne erano solo due: Tunisia e Senegal. Per scrupolo ho letto entrambi i documenti descrittivi, ma il cuore me lo ha detto subito, senza pensarci un attimo, che dovevo andare in Senegal. Non saprei neanche dirlo, perché, ma la mia scelta era lì, già fatta. Una volta arrivata qui mi sono trovata a dire, a qualcuno che mi chiedeva notizie, che in Africa ci vai perché l’Africa l’hai già trovata dentro di te; per una sorta di ricongiungimento tra qualcosa che si è mosso al tuo interno e il suo equivalente tangibile, che si trova da qualche altra parte nel mondo. È stato incredibile trovarmi a vivere dinamiche mai vissute prima, che tuttavia sentivo di aver in qualche modo già metabolizzato ancora prima di attraversarle.

Non mi sono mai sentita sola in questo paese, mai “lontana”; talvolta disorientata, quello sì, ma credo che questo sia uno di quegli aspetti che, consapevolmente o meno, ci portano ad intraprendere un’esperienza come il Servizio Civile all’estero. Sono partita senza sapere davvero cosa aspettarmi dal Paese, dalla cultura, dallo stile di vita. Eppure sono partita con l’animo sereno e fiducioso, come se in realtà qualcuno me lo avesse già assicurato, che mi sarei trovata benissimo. Ed è effettivamente stato così!

Nelle settimane prima delle partenza non sono state poche le volte in cui mi sono sentita chiamare “coraggiosa” e ci ho messo diversi mesi a capire, dal mio punto di vista, in cosa stesse questo coraggio. Inizialmente ho pensato che dal punto di vista degli altri esso consistesse nel lasciare casa per un anno, nell’andare in un paese in cui le condizioni di vita sono diverse, e cose simili. Dentro di me continuavo a dirmi che stavo semplicemente seguendo un mio grandissimo desiderio, una spinta dentro di me che mi aveva portata proprio qui. Sin dalle prime settimane ho provato quel disorientamento di cui parlavo sopra, l’ho visto chiaramente, senza però viverlo negativamente. Ho capito da subito che mi sarebbe servito a riorientarmi, stavolta secondo i miei parametri. È anche per questo che spesso ci si allontana da casa. Lo avevo provato già viaggiando in Europa, in realtà seppur minimamente diverse dalla mia: quando intorno a te tutto è sconosciuto e l’unica cosa che riconosci è te stesso, riesci meglio a riconoscerti, a trovarti, e tutto ciò che di nuovo ti offre un luogo ancora inesplorato non è che un gioco interattivo che ti svela chi sei, chi vuoi essere, chi puoi essere.

 Ed ecco che qui, a migliaia di chilometri e diversi paralleli da casa, tutto questo avviene in modo molto più intenso e veloce, tanto che ci vuole del tempo a raccogliere tutti gli stimoli che l’ambiente ti propone. La mia definizione di coraggio io l’ho trovata in questo: nel decidere di farsi sconvolgere la vita da un sistema sociale e culturale radicalmente differente dal proprio. Coraggio di farsi domande ogni giorno, di accettare che due punti di vista diametralmente opposti possano entrambi essere perfettamente leciti. Coraggio di andare fino in fondo e cercare soluzioni che neanche si crederebbe possano esistere, nonostante la sfiducia che è sempre in agguato pronta a fermarci.

Si parte per il Servizio Civile per dare e anche per ricevere. Chi decide di partire, o almeno di provarci, è consapevole di quanto dovrà impegnarsi, ma ancora di più, credo, di quale bagaglio riporterà da questa esperienza. Io ho avuto la fortuna di essere selezionata proprio per il progetto che avevo scelto. In realtà, ironia della sorte, non sono io ad occuparmi solo del turismo responsabile, ma mi occupo di qualcosa che si avvicina molto di più al futuro che mi ero scelta già prima di partire. Questo futuro, lo posso dire, in questo momento è il mio presente e spero che questa possa essere la sensazione di tutti i volontari che verranno selezionati quest’anno. Quello che auguro loro è di avere il coraggio di lasciarsi disintegrare per poi ricostruirsi a modo loro, con la grande varietà di strumenti che i mesi di Servizio Civile gli regaleranno; di avere il coraggio di ammettere i propri errori, di chiedere scusa e di usare ogni piccolo sbaglio per fare meglio e più di prima; di aprirsi oltre ogni loro limite, perché solo l’apertura può curare e coltivare.

In ultimo, voglio dire una cosa che mi è stata detta da un’amica e che ritengo importantissima: il Servizio Civile è una scelta importante, da fare con consapevolezza e serietà, tuttavia può capitare di non aver considerato certi aspetti, di scoprire di non essere adatti ad un determinato compito per quanto stimolante esso sia, di non riuscire a convivere con un certo clima o un certo stile di vita. In quel caso decidere di tornare non sarebbe una sconfitta, non sarebbe un passo indietro, bensì un passo avanti ben ponderato che dimostra un’ulteriore avanzamento nella scoperta e nell’affermazione di sé.

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