E’ strano anche solo pensarlo, e mi ci vorrà un po’ di tempo per realizzarlo, ma ormai il mio pezzo di vita in Romania sta per finire. Mancano poche settimane e poi tornerò a vivere delle giornate completamente diverse, dovrò riabituarmi di nuovo a tutto. La fine di questa esperienza mi provoca un misto di emozioni dolci-amare, mi rende nervoso e un po’ irrequieto, mi spaventa, ma allo stesso tempo sono grato per tutto quello che ho avuto e per la possibilità di imparare giorno per giorno sulla mia pelle.
Quello che cercavo quando sono partito era un cambiamento, ma non capivo quanto grande e non sapevo che cosa volessi modificare. Avevo la pretesa che solamente alcune porzioni della mia vita fossero coinvolte… non avevo capito davvero niente. Mi sento uno scemo se penso a quanto forte mi credevo quando son partito. Non puoi decidere cosa cambiare e cosa no se vivi un’esperienza così e la vivi appieno. E’ un vento che arriva e ti travolge, che toglie ogni foglia dal tuo albero, che scuote ogni ramo e che arriva a toccare anche le radici profonde. Io credevo di averle salde e ben piantate nel terreno, mi son fatto cogliere impreparato più volte e più volte mi son sentito quasi cadere.
E’ così che ho scoperto il bello di essere deboli.
Ci sono stati momenti in cui mi sono sentito togliere la terra da sotto i piedi e in cui credevo di non riuscire ad affrontare gli ostacoli che mi trovavo davanti. Solo ora invece posso dire che è proprio a tutti i momenti, a tutte le persone e a tutti gli episodi che mi hanno messo in difficoltà e tolto l’equilibrio, che devo dire grazie. Grazie perché siete stati voi a rendere questa Romania così difficile da lasciare. Grazie ad ogni senza tetto e ad ogni tossicodipendente che mi mandava a “fanculo”, grazie ad ogni bambino che mi prendeva a calci e mi urlava contro, grazie alla persona che in casa non riuscivo a sopportare, grazie al ragazzino disabile che mi metteva a disagio con le sue crisi.
Grazie perché senza tutto questo scontrarmi con i miei limiti non sarebbe stato un anno così intenso e non sarei riuscito a capire dove stavano i miei errori, dove stavano le mie paure.
Devo ringraziare anche le persone che mi sono state vicino, che mi hanno accompagnato in questo lungo e tortuoso percorso, quelle che hanno visto anche la parte peggiore di me e nonostante tutto mi sono state accanto senza giudicare, cercando invece di capirmi e aiutarmi.
Tutta la fatica fatta e le gioie vissute hanno fatto in modo che qui ci lasciassi un pezzo di cuore, molto sudore e tante lacrime.
Un cuore che mi sono reso conto essere ferito, spaccato, ma che, grazie all’incontro con ogni persona che mi è stata messa a fianco in questo anno, ho capito che può guarire e mostrare con orgoglio le proprie cicatrici per farle diventare un punto di forza, il segno distintivo con cui presentarsi al mondo, qualcosa di cui andare fieri. Un sudore che può testimoniare la fatica anche materiale fatta in questo anno pieno di impegni e di lavoro, di momenti in cui la forza di fare le cose la devi trovare, non per te, ma per gli altri. Una fatica che viene subito ripagata dai sorrisi e dai piccolissimi cambiamenti che essa genera.
Delle lacrime perché sono molti i momenti che portano a scavarti dentro per trovare cose che fanno paura e che non vorresti vedere, che fanno venir meno le tue sicurezze facendoti mettere in discussione anche le cose che credevi incrollabili, sono tante le situazioni che ti stringono il cuore e un’infinità le persone che lo toccano nel profondo.
Ho vissuto momenti bellissimi e di una semplicità assoluta, ho conosciuto sguardi veri e visto sorrisi di una sincerità sconcertante dipinti sul viso di persone talmente ferite dalla vita che ti chiedi come fanno a fidarsi ancora del mondo.
Ho visto i miei muri crollare, sentito la forza venir meno e la debolezza farsi avanti per venir condivisa con persone considerate peggio della merda, con bambini con un futuro già scritto dal contesto in cui vivono, ho scoperto di avere tanto in comune con loro e di poter imparare tanto.
Sono io il bisognoso, sono io quello che è stato aiutato attraverso gli incontri con le persone, con ogni singola persona che mi abbia dedicato almeno uno sguardo o un momento.
Le cose che mi devo lasciare alle spalle sono troppe perché io possa essere davvero felice di tornare a casa, ma quello che ho imparato e che ho avuto modo di scoprire è così tanto che devo assolutamente viverlo nella mia quotidianità e non in un’esperienza con un inizio e una fine stabiliti. Devo riuscire a trasformare in un inizio questo anno di gioie e di dolori, di scoperte e di conferme. Portare a casa con me la Romania che ho vissuto e i volti che mi hanno accompagnato penso sarà la parte più difficile, ma senza dubbio la più bella.
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