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Le famiglie del kilometro 7

Dalle piccole finestre si possono sognare grandi cose. L’esperienza di riscatto di 110 famiglie impoverite: dalla vita condivisa nelle difficoltà all’organizzazione di una comunità fondata su valori comuni.

Scritto da Rosilane Caproni, Casco Bianco Apg23 in Castanhal, Parà

Voglio raccontarvi della nascita di un quartiere di nome “Km 7” che si trova in una zona rurale, sulla strada di Castanhal, a 2 ore dal centro di Belèm.

L’8 dicembre 2005 110 famiglie povere, senza casa, hanno occupato un terreno che apparteneva ad una congregazione religiosa (Movimento Providentino). Accadde che i responsabili della congregazione vennero a conoscenza che le famiglie avevano occupato quel terreno che faceva parte delle loro proprietà, e di conseguenza misero in atto le procedure perché venisse liberato al più presto. Iniziarono con il dialogo, ma non ottenendo risultati decisero di ricorrere alle forze dell’ordine pubblico. Qui la polizia non ha “mezze misure”: in poche ore cacciano le famiglie e con le ruspe sgomberano il terreno da qualsiasi cosa, baracche comprese.

Il Vescovo italiano Don Carlo Verzeletti, che vive da 30 anni nella regione di Belèm, fece una prima proposta offrendo alla congregazione un terreno di analoghe dimensioni a quello occupato in un luogo differente della città. La congregazione inspiegabilmente si rifiutò. Successivamente intervenne in modo differente per poter offrire una sistemazione a queste famiglie nullatenenti. Chiese un prestito alla Caixa Economica Federal, una Banca del governo locale, e con i soldi comprò un terreno e costruì delle case per le famiglie sfrattate.

Di certo la congregazione non aveva mostrato il volto caritatevole della chiesa cattolica e le incomprensioni e gli errori umani spesso impediscono di trovare delle soluzioni, ma l’azione di Dio agisce quando e nel modo che meno ci aspettiamo.
Ora le famiglie del km7 sono una realtà in cammino verso il riscatto dalla povertà.

In attesa della costruzione delle case nel nuovo terreno, il vescovo ospitò le famiglie nella cattedrale che stavano realizzando proprio in quel periodo. Tale sistemazione fece in modo che l’unione tra le famiglie divenisse molto più forte, perché si condivideva non solo il dolore ma anche il quotidiano, vivendo tutti sotto lo stesso tetto.

Il 7 ottobre 2006 con la costruzione delle case e l’insediamento, nacque l’idea di realizzare una scuola, costruita con l’aiuto di un sacerdote, Don Mario. E da qui è iniziato un progetto, di nome “Amar“, che si propone di sviluppare 6 valori: condivisione, rispetto, dialogo, fiducia, affetto e apertura.

Si vuole portare avanti un modo nuovo di vivere, dopo le conseguenze nate dalla situazione tra le due congregazioni! Dopo un anno, con una cadenza mensile degli incontri, il progetto non dava spazio alla parte giovanile (bambini) e pertanto al mio arrivo nel quartiere mi sono data da fare per poter essere d’aiuto. In un primo momento ho contattato la responsabile della scuola e ho incontrato i professori. Con loro abbiamo studiato un modo per unire “Amar” con “Renascer”, un altro progetto che includeva attività per tutti i bambini della scuola.

L’idea è piaciuta: il tema scelto per l’anno 2010 sviluppa l’autostima e la scoperta della proprie capacità umane e spirituali con un tempo dedicato anche allo studio. Assieme ad alcuni volontari del quartiere abbiamo deciso di dedicare ciascuno un tempo per delle attività il giovedì e il venerdì: 3 ore al mattino e 3 ore nel pomeriggio per il dopo scuola. Nella giornata del sabato abbiamo svolto invece attività extra, pensate dai volontari: ballo, giochi, e non poteva mancare il calcio.

L’esperienza funziona e piace molto alle famiglie. Per questo sto ancora lavorando perché dopo la mia partenza, a settembre il progetto “Amar e Renascer” continui a portare frutti, coinvolgendo non solo i volontari ma anche i genitori dei bambini che frequentano la scuola.

Note:

Ringrazio per le informazioni storiche Padre Mario, Suora Francisca, Dimitri e Vandra Tondo, membri della Comunità Papa Giovanni XXIII, che vivono in Brasile da 15 anni.

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