Editoriali

Scrivo con le mani legate – Sulla beatificazione dell’obiettore al nazismo Franz Jägerstätter

26 ottobre 2007: nella cattedrale di Linz, Germania, viene beatificato Franz Jägerstätter, ucciso nel 43 dopo aver rifiutato di militare nell’esercito nazista. La figura del martire invita a una riflessione circa le diverse posizioni sull’obiezione di coscienza, e sulla delegittimazione delle guerre “ingiuste”. Ma esistono guerre “giuste”?

Scritto da Padre Angelo Cavagna

La personalità di Franz Jägerstätter, con il passare del tempo, sta crescendo. Lo testimonia anche il nuovo libro “Scrivo con le mani legate” (1), composto esclusivamente da brevi scritti di Franz, che fanno entrare il lettore nella sua vita più intima di famiglia, di fede, di Chiesa. di impegno socio-politico e anche di cultura, perché amava molto la lettura, della Bibbia (cosa non comune a quei tempi e forse nemmeno oggi) e non solo.
All’inizio c’è una breve prefazione del vescovo Luigi Bettazzi, una premessa di Erna Putz (biografa ufficiale di Franz, del quale ha curato la raccolta di tutto il materiale), un saggio introduttivo del curatore Giampiero Girardi e una presentazione ancora di Girardi insieme alla traduttrice Lucia Togni.
Di questi scritti introduttivi mi piace citare le seguenti righe del vescovo Bettazzi: “Già al momento del suo rifiuto e della sua morte si tendeva a non parlare di lui, perché il suo esempio sembrava condannare quanti (praticamente tutti!), anche cristiani, erano entrati nelle file dell’esercito nazionalsocialista, ed appariva quasi un rimprovero per la Chiesa cattolica che, in Austria, aveva incoraggiato l’annessione alla Germania di Hitler e che, anche attraverso la gerarchia, aveva cercato in tutti i modi di dissuadere lo Jägerstätter dalla sua posizione… Franz Jägerstätter «benché morto, parla ancora» a ciascuno di noi, alle nostre comunità, sollecitando la nostra coerenza, la nostra responsabilità”.

Merita un cenno anche Erna Putz, che nella sua premessa dedica una pagina e mezza agli “artisti affascinati”, che in crescendo continuo hanno costruito “documentari, produzioni televisive e radiofoniche, cicli di dipinti, un musical in India, opere teatrali cui sono seguiti vivaci dibattiti, rappresentazioni varie e in vari paesi e continenti”. La notorietà e l’interesse per la
personalità di Franz sono cresciuti al punto che il presidente della Repubblica dr. Heinz Fischer ha espresso più volte il proprio apprezzamento per la figura di Franz Jägerstätter e di sua moglie Franziska.

La famiglia 
L’unica persona, che capiva i suoi motivi di obiezione a fare il soldato nell’esercito di Hitler e che lo sosteneva in questa posizione pressoché isolata nel panorama socio-politico-religioso del tempo, era la moglie Franziska.
Aveva ancora la mamma, la quale invece lo accusava di ribellione contro la legittima autorità e, di conseguenza, di creare difficoltà enormi e inutili alla famiglia e parentela tutta. Conservava tuttavia rapporti rispettosi e affettuosi con le varie persone, perdonando le offese ricevute e riservando il giudizio ultimo al Signore. Era legatissimo alle tre figlie e anche al figlio naturale (figlioccio) avuto da una relazione nel periodo giovanile, quando ebbe una crisi di fede.
Scriveva spesso alla moglie dalla prigione, anche se non sempre gli era permesso spedire tali lettere; però le conservava. Sono lettere che traboccano di amore e di dolore, ma sempre nella serenità profonda di fare il vero bene suo, della famiglia e della società. Eccone alcuni esempi:
“Amatissima moglie, ho ricevuto ieri con grande gioia la tua lettera. Te ne ringrazio di cuore. Non so bene se ti ho già ringraziato per la prima lettera che mi hai spedito domenica scorsa. Spero che stiate tutti bene, come — grazie a Dio — è per me.
Posso immaginare, cara moglie, che le cose per te non siano facili: pensieri e preoccupazioni, poi tanto lavoro. Oh se potessimo scambiarci di posto per una settimana: un po’ di riposo ti farebbe solo bene. Vorrei potervi aiutare ogni tanto!
Metto il mio futuro nelle mani di Dio. Egli guiderà tutto come è meglio per noi; bisogna solo ricordarci di temere più Dio che gli uomini… Le mie tre piccole presto potranno correre a piedi nudi e raccogliere i fiori… Il mio figlioccio Franz è ancora a Braunau? Chiudo per oggi la mia lettera con un saluto di cuore. Tuo marito Franz che ti ama; molti saluti alle mie piccole e così alla mamma e a Resie. Non dimenticatevi di me nella preghiera. Arrivederci!” (pp. 10-1 1);
“Armatissima moglie.., ti ringrazio di cuore per le buste e per il libretto, che è piaciuto anche ad altri. La lettera dai Krenn non l’ho ancora ricevuta… La cosa più importante per me è restare in contatto con la mia famiglia… E adesso alle mie amate piccole. Care Rosi, Maiidl e Loisi, vi ringrazio di cuore per i vostri cari saluti; mi rallegro molto che voi preghiate così spesso per me e che, come io spero, siate diventate proprio brave… Vi prego di obbedire alla mamma, alla nonna e a Resie. Vi saluto di cuore, mie amate bambine. Gesù Bambino e la Madre dei cieli possano proteggervi finché ci rivedremo. Molti saluti di cuore anche a te, cara moglie, alla mamma e a Resie” (pp. 12-13).
“Dio vi benedica, amatissima moglie, madre e anche mie care bambine…
Cara mamma, ti ringrazio anche per le tue righe che mi hanno rallegrato e mi hanno reso contento; e con questo spero che tu non sia più arrabbiata con me per la mia disubbidienza. Nel contempo ti prego però di non essere troppo preoccupata del mio stato di salute; anche se cose ancora più gravi dovessero abbattersi su di me, non fa niente, perché il buon Dio non mi domanderà più di quanto io possa sopportare” (p. 30).

Chiesa e obiezione di coscienza 
Già dai brani surriferiti di lettere alla moglie traspare il suo radicamento assoluto nella Chiesa cattolica e, di conseguenza, nel Vangelo di Cristo. Ciò vale anche per il rifiuto di prestare il servizio militare nell’esercito di Hitler.
Dopo la sua maturazione di fede nel 1930, crebbe anche il suo inserimento nella Chiesa in forme particolari e crebbe insieme la inconciliabilità tra il suo essere cristiano e il nazismo o nazionalsocialismo. Il che ha una ragione molto pratica. Infatti, nella zona dove viveva Jägerstätter), l’indottrinamento da parte del regime verso i giovani e la raccolta di offerte per il nazismo non sortivano grandi risultati. Lo conferma l’accanimento della polizia contro i preti della zona, che furono perseguitati in modo eccezionalmente duro: nel decanato di Ostermiething (che comprendeva St. Radegund) c’erano dieci parroci, Otto dei quali finirono nelle prigioni della Gestapo. L’atteggiamento del nazismo nei confronti dei preti e della religione fu per Jägerstätter il metro di valutazione dell’ideologia nazista.
Nel gennaio del 1938 Jägerstätter venne messo in guardia da un sogno, in cui un treno carico di persone finiva all’inferno… Nel 1940-41 Jägerstätter prestò per la prima volta servizio nella Vehrmacht come autista. Risale a quel periodo la sua adesione, insieme ad un commilitone, al Terz’Ordine francescano. Nel 1941 il suo comune lo dichiarò “insostituibile” per la conduzione del maso comune e potè tornare alla fattoria che aveva ereditato da suo padre. Fin d’allora aveva chiaro che non avrebbe risposto ad una eventuale nuova chiamata.
Nel frattempo era venuto a conoscenza dello sterminio dei malati di mente. Il regime aveva smesso di mascherare le sue pretese totalitarie: manifesti come quello che recitava: “La tua offerta per l’Opera di aiuto invernale sia la tua professione di fede al Fuhrer” dicevano chiaramente a Jägerstätter che il partito voleva sostituire la religione
Quando manifestò il proposito di non corrispondere alla chiamata alle armi, i familiari e gli amici più fidati lo sottoposero a forti pressioni: volevano evitargli la morte, inevitabile conseguenza di una tale decisione.. Fu accusato di peccare contro il quarto comandamento, di essere superbo e disobbediente, di essere un suicida.
Egli, al contrario, tentò di spiegare a se stesso e alla famiglia i motivi del proprio proposito. Considerava un peccato combattere per far sì che un regime senza Dio vincesse e sottomettesse così altri popoli. In questo periodo cominciò a prestare opera di sacrestano nella chiesa parrocchiale di St. Radegund.
Quando il 23 febbraio 1943 ricevette la cartolina precetto per essere arruolato, concluse le lunghe e dolorose riflessioni. Decise che non poteva farlo; non avrebbe indossato quella divisa. Non avrebbe finto, non avrebbe accettato compromessi, come pure facevano gli altri, come tanti preti — e anche il suo vescovo — lo invitavano a fare.
Di conseguenza, passò i primi due mesi di carcere a Linz. All’inizio di maggio venne trasferito a Berlino. Fu giudicato dal tribunale supremo del Reich. Il processo fu rapido (1 giorno), ma non sbrigativo. Cercarono di farlo recedere. Ma lo condannarono a morte: era il 6 luglio 1943.
Nella cella d’isolamento, in attesa dell’esecuzione, la lettura della Bibbia fu il suo unico sostegno. Venne ghigliottinato il 9 agosto 1943. La sua ultima lettera comincia con queste parole:
“Scrivo con le mani legate (era un modo per evitare che i condannati si suicidassero); ma è meglio così che se fosse incatenata la volontà”. Il cappellano che lo accompagnò disse quella sera stessa ad alcune suore austriache che quel loro conterraneo era l’unico santo che egli avesse mai incontrato in vita sua.

Jägerstätter obiettò ad una guerra ingiusta o era contrario a qualsiasi guerra?

Dopo aver letto tutti gli scritti contenuti nel libro, fino alla virgola, mi sembra che egli obiettasse solo alla guerra ingiusta e non a qualsiasi guerra.
Con ciò non si vuole sminuire minimamente il valore ditale obiezione. È la posizione contenuta nella “Gaudium et spes” del Concilio Vaticano Il, richiamata integralmente nel recente messaggio del papa Benedetto XVI per la Giornata mondiale della Pace del 10 gennaio scorso:
“Coloro che, al servizio della patria, sono reclutati nell’esercito, si considerino anch’essi ministri della sicurezza e della libertà dei popoli. Se adempiono rettamente a questo dovere, concorrono anch’essi veramente a stabilire la pace” (n. 79). È la cosiddetta dottrina della guerra giusta. Volesse il cielo che tutti i cristiani, a cominciare dai pastori, opponessero alle guerre ingiuste, che hanno proliferato nel secolo scorso, ma che imperversano estesamente e cinicamente anche oggi, una vera obiezione sull’esempio di Franz Jägerstätter.
Meglio ancora, come già auspicavano il card. Lercaro e don Dossetti della diocesi di Bologna, sarebbe assumere decisamente la posizione radicale di obiettare al “sistema di guerra” e, quindi, ad ogni guerra. In tal senso esistono già delle prese di posizione autorevoli, ad esempio quelle del papa Giovanni Paolo II e di p. Luigi Lorenzetti direttore della “Rivista di teologia morale”: “Le esigenze di umanità ci chiedono oggi di andare risolutamente verso l’assoluta proscrizione della guerra e di coltivare la pace come bene supremo, al quale tutti i programmi e tutte le strategie devono essere subordinate” (“Dizionario di teologia della Pace”, EDB, G. Paolo TI, l2.l.l99l, p. 129);
“L’evoluzione del pensiero cattolico nella riflessione teologica., porta alla delegittimazione di ogni guerra, sia di offesa che di difesa. Non ci sono aggettivi (giusta, necessaria) che la possano riscattare. La teoria della guerra giusta è caduta dal suo interno, addirittura prova oggi il contrario. La guerra non è la continuazione della politica, ma il suo fallimento” (teologo dehoniano Luigi Lorenzetti, “Dizionario di teologia della Pace”, EDB 1977, p. 128).

Note:1. Franz Jägerstätter — Scrivo con le mani legate — Lettere dal carcere e altri scritti dell’obiettore-contadino che si oppose ad Adolf Hitler, a cura di Giampiero Girardi —Traduzione di Lucia Togni — Editrice Berti, Via Legnano 1, 29100 Piacenza, luglio 2005 — pp. 238 — euro 13,00.

25 – 28 ottobre 2007 – IL VIAGGIO DELLA BEATIFICAZIONE – A Linz e St. Radegund per onorare Franz Jägerstätter
Il gruppo Pax Christi Bologna partecipa alla cerimonia di beatificazione.
Per maggiori informazioni:
Pax Christi Bologna
paxchristibologna@tin.it
http://ospiti.peacelink.it/
paxchristibologna/index.html
* P. Angelo Cavagna
è presidente del Gruppo Autonomo di Volontariato Civile Italia: http://www.gavci.it

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