Cb Apg23, 2007
Cb Apg23, 2007
Un’occupazione militare può portare via la libertà, la terra, la casa, ma non la mente, i sogni, la fantasia. La security fence israeliana è oggi adornata da graffiti che gridano la vergogna del muro, la vergogna che sta dietro l’ incomunicabilità, la chiusura, la morte di ogni speranza, di tutto ciò che l’uomo non è.

Il muro di separazione israeliano è un sistema di barriere fisiche costruito da Israele in Cisgiordania sotto il nome di chiusura di sicurezza (security fence), allo scopo ufficiale d’impedire fisicamente ogni intrusione di “terroristi palestinesi” nel territorio nazionale. Questa barriera, il cui tracciato controverso è stato ridisegnato più volte a causa delle pressioni internazionali, consiste per tutta la sua lunghezza in una successione di muri, trincee e porte elettroniche ed è equipaggiata sulla sua parte più lunga di barriere elettroniche sensibili al minimo tocco.
Lunga 730 km, la barriera ingloba la maggior parte delle colonie israeliane e la quasi-totalità dei pozzi d’acqua e delle risorse idriche sotterranee. Essa si discosta in certi tratti per più di 23 km dalla linea verde. Il suo tracciato è stato modificato decine di volte nel 2004 e nel 2005, su domanda dei Palestinesi, degli Europei e della Corte Suprema di Giustizia israeliana.

La barriera segue idealmente la Linea Verde, ma penetra profondamente all’interno della Cisgiordania per integrare le colonie israeliane: la maggior parte della barriera è situata in Cisgiordania, mentre il 20% è posizionata esattamente sulla Linea Verde. 

Larga parte della barriera è costruita sulle terre confiscate ai Palestinesi: nel maggio 2004, la costruzione di muri e passaggi obbligati della barriera ha condotto allo sradicamento di 102.320 olivi e piante d’agrumi, demolito 75 acri di serre e 37 km di condotte d’irrigazione.

 

Cb Apg23, 007Fino ad oggi la barriera incombe su 15.000 dunum (15 km²) di terre confiscate, a qualche metro soltanto da piccoli villaggi o frazioni. All’inizio del 2003, allo scopo di piazzare una sezione della barriera verso la Linea Verde, un mercato di 63 negozi è stato demolito dall’esercito israeliano nel villaggio di Nazlat Isa, dopo che i proprietari avevano ricevuto un preavviso di soli 30 minuti. Nell’agosto di quello stesso anno, 115 negozi che costituivano un’importante fonte di reddito per numerose comunità, furono demoliti sul luogo, insieme a 5-7 case. Secondo l’UNRWA, 15 comunità sono state direttamente danneggiate, per un numero di persone ammontante a 138.593 unità, incluse 13.450 famiglie di rifugiati per un totale di 67.250 persone. 

Un milione di alberi e migliaia degli acri di terreno coltivabile sono stati distrutti nei territori palestinesi dall’esercito israeliano dall’inizio della seconda Intifada, cominciata nel mese di ottobre 2000. Come parte di questa politica, 367.346 di ulivi sono stati sradicati adducendo tra le altre giustificazioni la costruzione “del muro di segregazione” che annette 50% della West Bank a Israele(1).

Il muro non causa solo danni economici devastanti a tutto il territorio palestinese sotto occupazione, il muro da solo rappresenta un danno ingente: dal punto di vista ambientale, ha richiesto la distruzione di aree naturali protette, e la distruzione molto spesso di terre fertilissime e di alberi secolari. Un danno forse più ingente è causato dal muro a livello sociale e personale: famiglie intere si sono trovate separate formalmente e fisicamente dalla barriera di cemento che una volta terminata non permette a nessun componente di un nucleo familiare diviso di passare da una parte all’altra. Non si tratta solo di impedire lo spostamento per motivi di lavoro o studio, ma di impedire fisicamente il contatto tra sorelle e fratelli, nonne e nipoti, madri e figli. Non solo, si tratta anche di una barriera che impedisce qualsiasi contatto futuro o attuale tra le due popolazioni coinvolte nel conflitto, che si convincono ogni giorno di più che dall’altra parte ci siano non persone, ma mostri.
Il muro della vergogna, come è stato chiamato, è il simbolo di tutto ciò che l’uomo non è, è il simbolo di totale incomunicabilità, è il simbolo di chiusura, è il simbolo della morte della speranza di una vita normale un giorno anche qui.

Fare un disegno sul muro non è solo “scarabocchiare” qualcosa, non è solo una protesta..fare un disegno sul muro è suono: il suono di mille voci che gridano “Non avete vinto, potete rubarci la libertà, la terra, potete demolirci la casa e sradicare i nostri alberi..ma non potete distruggere la nostra mente, i nostri sogni, la nostra fantasia! E attraverso le immagini noi vi restituiamo un po’ della vostra follia!”

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