Caschi Bianchi Tanzania

1 euro per 1600 scellini

I “fortunati” ricevono un aiuto che corrisponde a meno di 1 euro al giorno, e aiutano altri poveri: la storia di Rehema.

Scritto da Giuseppe Falcomer, ex casco bianco, attualmente volontario a Iringa

Se ci sono problemi o emergenze la Comunità Papa Giovanni XXIII è sempre presente. Metti che la sua bambina debba andare all’ospedale o che lei si rompa un braccio, le cure e le spese mediche sono a carico della Comunità. Tutti i volontari sono a disposizione.
Certo. La Comunità le paga l’affitto. Rehema è stata accolta nella Casa della Pace. Ovviamente anche le bollette della luce e dell’acqua. Per il gas qui non esistono infrastrutture, tubature o allacciamenti. Le bombole costano veramente caro, così come le cucine. Per cuocere usa il carbone e lo paga con i soldi che riceve giornalmente.

Rehema era già stata accolta all’interno del progetto “Casa della Pace”, più di un anno fa, ma poi era scappata. Ha un passato complicato, prostituzione e disadattamento. Tanti sbagli, tanta sfortuna, tante cose.
È tornata a novembre più provata di prima a chiedere nuovamente aiuto. Nella Casa viveva già una donna con problemi mentali che aveva bisogno di aiuto per accudire i suoi neonati, due gemelli. Aveva poi un altro figlio, in età di asilo, lasciato allo sbando, che passava troppo tempo in strada senza controllo: un pericolo. Ad Iringa esistono anche ragazzi di strada “a giornata”: ragazzi che che vivono in strada, ma che hanno un tetto sotto cui dormire e parenti ancora vivi.
Rehema ha accettato ritornare e di vivere con questa donna e i suoi figli e di aiutarla.
La figlia di Rehema non ha mai visto il padre, ma ha sempre visto la madre trattata da puttana. Un altro problema: oggi Rehema passa le sue giornate ad accudire la figlia, ad aiutare la sua nuova coinquilina a cambiare i vestiti sporchi dei gemelli, a lavare, a cucinare e a pulire le stanze, il cortile, a controllare dove sua figlia e l’altro bimbo si sono cacciati.
La Responsabile dei progetti in Tanzania della comunità Papa Giovanni XXIII, Laila Simoncelli, è cautamente contenta: “Ha toccato il fondo sul serio, ed ora è tornata. Aiutare qualcuno l’ha aiutata a ritrovarsi, sta prendendo forza. La sua bimba prima la trattava quasi da figlia, e non da madre. Ora fortunatamente Rehema sta tornando ad essere mamma.”
Mamma e persona.

Riceve 1000 scellini della Tanzania al giorno. Sicuramente non tanti, ma nemmeno pochi. Non le si possono passare i soldi di tutta la settimana perché non sa gestirli, li sperpera subito: non è abituata ad avere soldi.
1000 scellini al giorno. Meno di 70 centesimi di Euro. La Comunità aiuta i poveri a sopravvivere sotto la soglia di povertà. Che nessuno si scandalizzi. In Tanzania questi soldi bastano per mangiare a sazietà tre volte al giorno, a comprare sapone e …ecco, che tutti si scandalizzino ora! Alcuni poveri ricevono come aiuto meno di 1 Euro al giorno: in questo modo qui possono sopravvivere, sono i fortunati che la comunità aiuta, ma nelle statistiche restano comunque poveri.
Vivono. Discutibile.
Possono sopravvivere. Certo.

Le persone supportate dalla comunità possono aver sbagliato, a volte enormemente, essere ladre, bugiarde o altro. A volte sono persone “strane” come solo l’opportunista più disilluso e perso sa essere. A volte estenuanti e voraci di energie altrui come solo un diversamente abile sa essere. Altre volte insopportabili e inopportune come solo un malato mentale può essere.
Ma io fumo. Un pacchetto al giorno. Costa 700 scellini della Tanzania, circa 45 centesimi di Euro.
Io sono un vizioso e un viziato. Fumo. Il paradosso del fumatore: so che fa male ma fumo. Il cancro mica verrà a me!
Io mi sento imperdonabile. Io fumo praticamente quello che Rehema spende per vivere un giorno. Il resto, tutto il resto di cui ho scritto ora risulta essere risibile. Una cosa da nulla.

Sono stato melodrammatico: certo. Scontato: sicuramente.

Realtà e retorica. Giusto e sbagliato. Bene e male. Soglia di povertà e ricchezza. Terzo Mondo e Occidente.
Gli accolti nel Pronto Soccorso Sociale per bambini Maria Bikira wa Fatua ad Iringa sono ovviamente bambini e ragazzi con storie problematiche e tragiche alle spalle.
Chiedi in giro: ‘Chi è fortunato?’
‘Loro che vivono con i bianchi.’
La maggioranza dirà che sono fortunati perché ora come ora hanno tutto.
Molti vorrebbero essere come loro. Sfigati come loro.
Molti vorrebbero essere come quelli che vengono aiutati anche in altri modi, anche senza accoglienza. Magari con un microcredito, o un’adozione a distanza, o tre pasti alla settimana.
A molti basterebbe ricevere anche solo mezzo euro al giorno. Qui uno stipendio medio è di 35.000 scellini tanzaniani al mese. Fate i calcoli.

Dati: discutibili, opinabili e contestabili, sicuramente. Venite qui a vedere con i vostri occhi, e poi ne discutiamo.

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