Caschi Bianchi Palestina / Israele

Resistenza creativa

Una mostra a Betlemme dedicata a Youseph Katalo, per celebrare il giorno della Nakba. La speranza di uno stato democratico ed egualitario, in cui i diritti siano accordati a tutti indipendentemente dal loro credo e appartenenza etnica, nell’opera e nel profilo di un artista palestinese contemporaneo.
Il catalogo dell’esposizione è consultabile in: http://www.giornalismi.info/gallerie/gallery.php?id=8

Scritto da Federica Battistelli e Lorenza Sebastiani

5 maggio 2007: una data importante per il popolo palestinese. Mentre in Israele si è celebrato il giorno dell’indipendenza, i palestinesi hanno ricordato il 59° anniversario della Nakba, letteralmente “Catastrofe”, avvenuta con la proclamazione dello Stato d’Israele nel 1948. Parte della popolazione palestinese rimase all’interno dei confini del nuovo Stato, mentre 800.000 palestinesi furono espulsi o costretti ad abbandonare le proprie terre. Fu impedito loro di tornare, furono dichiarati “assenti” ed espropriati di tutte le loro proprietà.

In questa giornata e per le due settimane successive, l’Alternative Information Center in collaborazione con l’International Peace Center di Betlemme, organizza “Good Morning Yafa”, una esposizione artistica dedicata alla memoria della Nakba e del diritto al ritorno dei profughi palestinesi. L’International Peace Center ospita a Betlemme 25 opere di Yousef Katalo, uno degli artisti palestinesi contemporanei che ha fatto del “diritto al ritorno” un elemento essenziale della sua produzione artistica. Attualmente Yousef Katalo è membro della Lega degli Artisti Palestinesi, vice-presidente dell’Ibda Center per la Cultura di Dura e membro del direttivo del Centro Culturale Al Anqa ad Al Khalil (Hebron).
Abbiamo incontrato Katalo nel suo studio fotografico ad Al Khalil, dove ci ha raccontato la sua storia, il percorso e le caratteristiche essenziali della sua arte che, come uno specchio, riflette gli eventi della sua vita di palestinese, nonché i contenuti politici e sociali che l’hanno permeata.

Yousef è nato nel 1959 a Dura, un paese a dieci chilometri dalla difficile e problematica Al-Khalil. Cresciuto in una famiglia molto povera, sebbene non abbia mai ricevuto alcuna educazione artistica, è divenuto nel tempo uno degli artisti più rappresentativi della scena contemporanea palestinese.
Dopo la scuola secondaria è stato ripetutamente arrestato dalle autorità israeliane, trascorrendo in totale sei anni in carcere. Più tardi, è stato arrestato anche dall’Autorità Nazionale Palestinese a causa della sua militanza e del forte dissenso politico nei confronti del Processo di Oslo, all’epoca in corso.

È durante gli anni trascorsi in carcere che Yousef ha cominciato ad interessarsi alla filosofia dell’arte e ad apprendere le tecniche del colore. Una volta rilasciato, ha iniziato a dipingere utilizzando i materiali più economici, come i colori ad acqua. Dopo anni di duro lavoro, ha aperto uno studio privato ed è passato ai colori ad olio. Dal 1983 sino ad oggi, la sua collezione comprende più di 600 opere, raggruppate in un ventaglio di stili e tecniche pittoriche alquanto ampio, che spazia dall’acquerello all’olio, alla tempera su cartoncino.Come diretta conseguenza delle sue povere origini, delle vicende personali e delle esperienze politiche vissute, Katalo ha sviluppato una sensibilità artistica che gli consente di farsi portavoce di coloro che sono generalmente sottorappresentati a tutti i livelli, socialmente e politicamente.
Oggetto di interesse dei suoi dipinti – e, nella sua idea, vero soggetto di cambiamento politico e sociale – sono sempre grandi gruppi di persone – principalmente lavoratori e contadini – che rappresentano la classe sociale che più ha risentito, e tuttora risente, delle politiche israeliane e delle contraddizioni della leadership palestinese. L’artista non si limita a esprimerne i bisogni, ma tenta di rafforzarne l’identità collettiva e la consapevolezza di classe, minate da continue occupazioni e dalla persistente negazione dei diritti umani e del diritto all’autodeterminazione in quanto popolo.
Per tutte queste ragioni, l’artista inquadra la sua opera nella corrente artistica del “Realismo Sociale”, realismo naturalista incentrato sulla rappresentazione delle questioni sociali e delle difficoltà della vita quotidiana. Il suo lavoro si differenzia però da quello di altri artisti appartenenti alla stessa corrente di ispirazione, in quanto privo di toni didascalici. È il sentimento a predominare nei suoi dipinti: malinconia e dolore, che lasciano però spazio all’immaginazione e alla speranza.

Sebbene si sia ispirato al lavoro di artisti internazionali, come Van Gogh e Salvador Dalì, Katalo ha dato alla sua arte nuovi orizzonti e sviluppato uno stile del tutto personale. I brillanti dipinti ad olio e ad acqua di Yousef Katalo, narrano la storia e la vita del paese e le problematiche che i palestinesi affrontano ogni giorno. Sin dai primi anni, l’esperienza della perdita della patria e dell’esilio e il diritto al ritorno sono diventati soggetti centrali dell’opera, che utilizza per lo più un linguaggio allusivo. Ricorrenti i simboli, quali mani stilizzate strette intorno alle chiavi di una casa lasciata alle spalle molti anni fa. Così l’accostamento dei colori, puri e intensi, spesso contrastanti, esprime metaforicamente la molteplicità di sentimenti e sensazioni che il popolo palestinese vive di fronte all’arroganza e all’oppressione del potere israeliano, o all’incapacità della propria leadership politica. Tematica ricorrente inoltre, è rappresentata dall’esperienza della resistenza, nelle diverse forme adottate dal popolo palestinese: gruppi di persone, volti sofferenti rivolti verso una colomba, la penna, il fucile e la chiave, una donna che partorisce: modi di resistere ad un potere estraneo ed oppressivo, richiamano sulla tela piccoli atti di resistenza popolare.

Come afferma lo stesso Katalo, il ritorno del popolo palestinese rappresenta “una questione centrale nell’ambito del conflitto israelo-palestinese”. Senza il riconoscimento di tale diritto, nella visione dell’artista, “non ci saranno mai pace né libertà per i palestinesi”. Questa idea si riflette in tutte le sue opere e costituisce la direzione generale del suo lavoro artistico. Egli sogna “uno Stato in cui israeliani e palestinesi possano vivere assieme, uno stato democratico ed egualitario, i cui i diritti siano accordati a tutti gli individui indipendentemente dal loro credo o dalla loro appartenenza etnica”.
La sua arte è non solo un atto di protesta nei confronti della discriminazione e dell’occupazione, ma anche un impulso verso il cambiamento politico e sociale. L’arte non ha per Katalo solo valore estetico, ma anche una funzione sociale. “Compito dell’artista non è tanto creare bellezza o prodotti per il mercato, ma svolgere un ruolo attivo nel contesto della resistenza sociale palestinese”. Soprattutto, l’arte deve essere posta al servizio della povera gente e “rappresentare le situazioni e i problemi concreti che essa affronta nella vita di ogni giorno”, uno strumento per dare voce a chi non ha voce alcuna in capitolo.
In questo senso, l’artista è parte di un fenomeno culturale e sociale che può essere definito come “Resistenza Creativa”. Secondo Yousef, è un diritto naturale quello di opporsi all’arroganza del potere e di farlo attraverso l’arte, esprimendo i propri sentimenti e le proprie emozioni.
La lotta collettiva del popolo palestinese contro la politica di occupazione israeliana raccoglie oggi numerosi artisti, uniti nell’azione di denuncia e sensibilizzazione, ciascuno sviluppando la propria maniera di resistere.

Note:Sfoglia la galleria di foto dell’apertura della mostra cliccando su:
http://www.giornalismi.info/gallerie/gallery.php?id=9

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