Corpi Civili di Pace Perù

Mentre si fila la lana – Scheda racconto

La sopravvivenza dei saperi ancestrali malgrado l’inquinamento ambientale, la crisi economica, il richiamo delle città.

Scritto da Alessia Martoscia e Alessandro Bonati, Corpi Civili di Pace con ProgettoMondo MLAL – FOCSIV a Juliaca.

Alessia e Alessandro hanno partecipato al progetto “Sostegno alle popolazioni indigene del Perù nella gestione e prevenzione dei conflitti ambientali” con ProgettoMondo MLAL, realizzato a Juliaca  con ricaduta nella regione di Puno, e precisamente nelle province di Huancanè, Lampa e Melgar.

Il contesto del conflitto
Le comunità rurali, impegnate nell’allevamento di camelidi sudamericani, basano la loro sopravvivenza su un modello economico e produttivo tradizionale, caratterizzato da un sistema famigliare e comunitario e dipendente dalle risorse naturali. Imprese minerarie e minatori rappresentano, invece, un modello estrattivo, spesso accusato di condizioni di lavoro insalubri e di sfruttamento e responsabile di gravose passività ambientali; gli allevatori lamentano, in particolare, una contaminazione dei corsi d’acqua, delle falde acquifere e del suolo: una minaccia ai mezzi di sussistenza, che si concretizza in perdite nella popolazione di alpaca e in conseguenti danni economici. La necessità, però, spinge alcuni abitanti delle comunità rurali ad impiegarsi stagionalmente nelle attività minerarie, in un crearsi di spirali perverse dove le stesse vittime della miniera divengono coloro che vi cercano un beneficio economico, per sopperire alla perdita o alla scarsità di ingressi derivanti dall’attività alpaquera. In tale contesto, di conflittualità di interessi e di necessità, si sono registrate, negli anni, azioni di protesta, sfociate talvolta in sporadici episodi di violenza. Le comunità parlano, però, di distanza e disinteresse delle istituzioni e di un rifiuto del dialogo da parte del settore minerario, elementi che si sono attualmente tradotti in una resa dei tentativi di rivendicazione dei diritti e hanno confinato il conflitto in uno stato latente e non manifesto.

Un episodio dal campo
“No nos hacen caso, jovenes”
, non ci prestano attenzione. Ce lo dice mentre fila: fa scorrere la fibra di alpaca tra le dita, la attorciglia sul fuso e la ritorce poi su se stessa; i movimenti sono naturali, armonici, le mani sanno, di un sapere ancestrale tramandato di generazione in generazione. Siamo a circa 4300 metri, nella regione di Puno, seduti all’aperto per scaldarci al sole: le montagne sullo sfondo, sotto di noi la pampa bruciata dal ghiaccio e alpaca tutt’intorno; in un contesto dove talvolta sembra che l’altitudine e il clima rendano l’insediamento umano quasi impossibile -o sicuramente molto improbabile. E invece, eccoci qui. Dove i ritmi di vita sono dettati dal sorgere e tramontare del sole, la sopravvivenza dipende dalle risorse naturali ma, c’è un ma: “i nostri fiumi sono contaminati. L’acqua è color chocolate e le trote non ci nuotano quasi più ormai. Quando la bevono gli alpaca a volte si ammalano, a volte muoiono”. Sembra che i liquidi dei bacini di decantazione dei residui minerari vengano scaricati nei fiumi dalle miniere che insistono su quegli stessi territori. In passato sono state fatte proteste, marce fino agli stabilimenti per chiedere un dialogo e sono state scritte lettere indirizzate alle autorità locali ma nada, niente, no nos hacen caso, jovenes. Lo dice con un tono di resa, una resa composta e continua a filare. Intanto controlla il gregge, ci spiega che tra gennaio e marzo nasceranno i cuccioli. É un momento molto delicato, il lavoro si intensifica, “a volte i nostri figli tornano a darci una mano, ma loro, ormai, si sono trasferiti in città, a Juliaca”. È il secondo “ma”. La città ha un richiamo forte, parla di connessione a internet, possibilità, diversioni. Lavorare come alpaquero non dice le stesse cose, non ci sono investimenti nel settore, il prezzo della fibra sale e scende sul mercato con oscillazioni continue e in questi ultimi anni gli ingressi derivanti dalla vendita della lana non bastano al mantenimento della famiglia. “Alcuni abitanti delle comunità stagionalmente lavorano nelle miniere” –  “quelle stesse miniere che contaminano le vostre terre e i corsi d’acqua?”-  “Proprio quelle, c’è bisogno di soldi”. Non nega la contraddizione ma non esprime giudizi. In tantissimi vanno alla Rinconada a cercar fortuna. La Rinconada, di fama, la conoscevamo già da prima, è sulla bocca di tutti, poi ci siamo anche stati, nevicava: “un inferno bianco”, qualcuno la chiama così la grande miniera informale di Ananea, in San Antonio di Putina. A 5100 metri sopra il livello del mare si ubica il centro poblado, che sorge all’interno della zona miniera e ne prende il nome; le condizioni igieniche basiche mancano, le scuole spesso non funzionano e sfruttamento, tratta di persone, prostituzione e criminalità sono all’ordine del giorno. “Per 28 giorni al mese il minatore lavora per un padrone, senza essere pagato. Ma negli ultimi due giorni, tutto l’oro che riesce a trovare in quell’area di scavo è suo! Dicono che alcuni ne hanno trovato tanto. Una parte la usano per festeggiare, ubriacarsi, pagare la compagnia delle ragazze. Dicono anche…” – abbassa la voce – “dicono anche che più la ragazza sia giovane, più porti fortuna”.
Noi abbiamo cercato di raccontarlo a voce più alta.

Evoluzione del conflitto
Il conflitto, come precedentemente segnalato, si può attualmente definire “latente”. Attraverso le azioni del progetto, con le comunità e le autorità locali si è principalmente lavorato su una emersione dei fattori di collisione, su una presa di coscienza delle conseguenze più problematiche e urgenti e su un rafforzamento delle organizzazioni locali. Uno scenario possibile e auspicato è quello di una nuova espressione pubblica e pacifica delle rivendicazioni da parte delle popolazioni indigene che stanno affrontando l’emergenza ambientale e di un’apertura di un dialogo con il settore estrattivo. Fondamentale la partecipazione di attori terzi mediatori (Defensoría del Pueblo, ONG come osservatori) per la messa in atto di uno spazio di interazione egualitario e soggetto a regole, che si proponga il rispetto dei diritti come priorità. Se invece, incompatibilità, necessità e violazioni continueranno ad esistere in forma occulta e silenziosa, si teme una possibile intensificazione delle tensioni e una conseguente esplosione della violenza e un precipitare della situazione da emergenza a disastro ambientale irreparabile.

Per saperne di più

Defensoría del Pueblo, Reportes de conflictos sociales

Dirección General de Salud Ambiental e Inocuidad Alimentaria

Dirección Regional de Salud Puno

Organismo de Evaluación y Fiscalización Ambiental

Observatorio de Conflictos Mineros de América Latina

Ministerio de Energía y Minas

Autoridad Nacional del Agua

Instituto Nacional de Estadística e Informática

Fiscalía Especializada en Materia Ambiental

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