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Caschi Bianchi Italia

Caschi bianchi al tempo del COVID-19

Anna e Luca: dalla partenza per l’America latina all’Hotel Royal di Cattolica, che accoglie persone positive al COVID-19 in fase di dimissione dall’ospedale.
“Cosa vi spinge a farlo? Chi ve lo fa fare?!”. “Crediamo che la risposta sia la stessa che ci ha fatto scegliere il servizio civile: la voglia di sporcarci le mani, metterci a servizio e cercare di dare il nostro contributo a chi sta vivendo una situazione di difficoltà.”

Scritto da Anna Marchetti e Luca Vallone, Caschi Bianchi con Apg23

Siamo due caschi bianchi, Anna 26 anni pronta a partire per la Bolivia, Luca 21 anni pronto a partire per il Brasile. Come gli altri nostri compagni provenienti da tutta Italia avevamo da poco iniziato la formazione per il Servizio Civile Universale quando è scoppiata l’Emergenza COVID-19. Appena dopo quattro giorni carichi di entusiasmo e voglia di condividere, la brutta sorpresa: “l’Italia è in stato di emergenza, oggi ciascuno rientrerà presso il proprio domicilio”.

In un primo momento non è stato facile fare i conti con la frustrazione, la delusione delle aspettative e l’incertezza che avvolgeva il percorso così bruscamente interrotto. Anche se avevamo trascorso insieme solo pochi giorni, il nostro viaggio era come se fosse già iniziato, un bagaglio che veniva via via arricchito dalle storie di ciascuno e dalle nuove relazioni.

A malincuore ciascuno è tornato alla propria routine, con creatività ci siamo reinventati per passare le giornate e nonostante la distanza abbiamo continuato a condividere con il gruppo pezzetti del nostro quotidiano.

Ci sentivamo pronti a partire per un’esperienza all’estero nei cinque continenti, pronti a metterci in gioco, ma improvvisamente eravamo tutti bloccati in quei quattro muri che apparivano così stretti. A molti sembrava un po’ uno spreco che tanti giovani volenterosi e disponibili a mettersi a servizio passassero le giornate chiusi in casa nel momento in cui il Paese aveva più bisogno. Alcuni di noi avevano anche iniziato a contattare autonomamente alcune associazioni locali per dare la propria disponibilità.

Anche noi abbiamo contattato la Comunità Papa Giovanni XXIII per chiedere se avevano bisogno di volontari. Proprio in quei giorni la Comunità, su richiesta della Prefettura, stava aprendo l’Hotel Royal, di sua proprietà, a Cattolica per accogliere persone positive da COVID-19 dimesse dall’ospedale ma impossibilitate a fare l’isolamento domiciliare in attesa dei due tamponi negativi che ne attestino la guarigione. Entrambi, visto il bisogno di volontari, accettiamo subito la sfida, accomunati dallo spirito del Servizio Civile che ha come fondamenti la Difesa Civile non armata e nonviolenta della Patria e la cittadinanza attiva; oggi più che mai emerge l’importanza di ciò che ciascuno di noi può fare, tenendo presente che tutti stiamo contribuendo alla situazione, dai volontari sul campo a chi rispettando le regole rimane a casa.

Poche settimane dopo l’inizio del nostro volontariato, è arrivata la notizia che il Dipartimento per le Politiche giovanili e il Servizio Civile concedeva agli Enti la possibilità di rimodulare i progetti iniziali ed ecco che il nostro servizio al Royal viene riconosciuto a tutti gli effetti come Servizio Civile e questo sicuramente attribuisce a ciò che facciamo un valore aggiunto.

A condividere l’esperienza con noi ci sono altri cinque ragazzi. Dopo una settimana di preparativi per predisporre le camere secondo gli standard richiesti dalla Prefettura (un letto singolo per camera, arredi ridotti al minimo indispensabile per una questione sanitaria, occorrente per la pulizia della camera) l’albergo era pronto.

Il 21 marzo sono arrivati i primi trasferimenti dall’ospedale. Fino ad oggi abbiamo accolto badanti, un medico, padri di famiglia spaventati all’idea di fare l’isolamento a casa per paura di infettare i propri cari, molti anziani che indeboliti dalla malattia avrebbero faticato ad autogestirsi presso le loro abitazioni.

Persone molto diverse ma accomunate dal bisogno di aiuto e di qualcuno che se ne prendesse cura nel periodo di isolamento che dovevano affrontare.

Ce la stiamo mettendo tutta per non farli sentire soli, i contatti che abbiamo con loro sono esclusivamente telefonici ma cerchiamo di trasmettere loro il messaggio: “NOI SIAMO QUI CON VOI”. Ecco che oltre alle telefonate di routine per avvisarli che abbiamo consegnato il pasto o la biancheria pulita troviamo dei pretesti per contattarli e fare due chiacchiere. Ancora più bello è quando ci troviamo nel giardino dell’hotel e riusciamo ad inserirci nei discorsi degli ospiti che per tenersi compagnia si parlano da un balcone all’altro.

Cerchiamo di soddisfare meglio che possiamo le loro richieste per farli sentire più a casa. Le richieste sono delle più varie; dalle riviste da leggere al caffè dopo pranzo, dalla frutta fino ad arrivare alla poltrona reclinabile.

Qui dentro le giornate passano scandite dai compiti che ciascuno ha: Luca si occupa della consegna dei pasti, della biancheria e del ritiro dei rifiuti e Anna gestisce i contatti con l’Ausl, scrive i report quotidiani e ordina i pasti. Insieme ci occupiamo dei contatti telefonici con gli ospiti.

La parte più difficile forse è l’autoisolamento, abbiamo scelto di non uscire dall’hotel per nessun motivo, per non correre il rischio di ammalarci e mettere così a repentaglio la salute di tutti. La fortuna più grande è che siamo un bel gruppo e quindi in buona compagnia il tempo passa veloce, riusciamo a ritagliarci dei momenti di svago per rilassarci e divertirci insieme.

Il momento più intenso che abbiamo condiviso è quando abbiamo ricevuto la lettera del Papa, scritta di suo pugno, è stata una sorpresa immensa che ci ha davvero riempiti di gioia.

Grazie tante per la vostra mail. Grazie tante per essere Volontari della Comunità Papa Giovanni XXIII. Grazie per il lavoro che fate: una vera testimonianza. Anche a me piacerebbe incontrarvi. Prego per Voi, per favore fatelo per me.

Che il Signore Vi benedica e la Madonna vi custodisca. Fraternamente,

Francesco

Alcuni conoscenti ci hanno chiesto “Cosa vi spinge a farlo? Chi ve lo fa fare?!”. Crediamo che la risposta sia la stessa che ci ha fatto scegliere il servizio civile: la voglia di sporcarci le mani, metterci a servizio e cercare di dare il nostro contributo a chi sta vivendo una situazione di difficoltà. “Chi ve lo fa fare?!”. Ce lo fa fare Ivano, un ospite che è rimasto qui da noi per 20 giorni a causa di due tamponi positivi, che per ringraziarci degli auguri di Pasqua ci ha sorpreso scrivendoci “Grazie ragazzi… Mi sono commosso, mi state dando quello che al momento non può darmi la mia famiglia, vorrei che tutti provassero questo lato della malattia… grazie di esistere… anche se frase scontata… grazie lo stesso”. Ecco, nonostante il rischio, nonostante la fatica dell’autoisolamento queste sono le piccole cose che danno ogni giorno significato alla nostra presenza qui.

Ci tenevamo a ringraziare pubblicamente le persone che ci hanno permesso di essere qui: Arben Frroku e Gianpiero Cofano. Un Grazie di cuore.

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