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La testimonianza di San Massimiliano, patrono degli obiettori

Un testo di approfondimento di Padre Angelo Cavagna su San Massimiliano, in occasione della ricorrenza del patrono degli obiettori di coscienza, che coglie l’occasione per rilanciare sulla necessità di una via istituzionale alla pace.

Scritto da Padre Angelo Cavagna

Storicità degli ATTI DEL MARTIRIO DI S. MASSIMILIANO

Atti di San Massimiliano

1.1. Sotto il consolato di Tusco e Anulino, il 12 marzo dell’anno 295 d.C., a Tebessa, fu fatto comparire nel foro Fabio Vittore assieme a Massimiliano; l’avvocato Pompeiano, autorizzato a parlare, disse: “Fabio Vittore, esattore del temo, è introdotto con Valeriano Quinziano, preposto imperiale, con il coscritto abile al servizio Massimiliano, figlio di Vittore; poiché è arruolabile, chiedo sia passato allo statimetro”.
1.2. Il proconsole Dione domandò: “Come ti chiami?”. Massimiliano rispose: “Perché vuoi sapere il mio nome? A me non è lecito prestare il servizio militare, dato che sono Cristiano”.
1.3. Il proconsole Dione disse: “Accostatelo (all’asta di misurazione)”. Mentre veniva preparato (per essere misurato), Massimiliano affermò: “Non posso prestare il servizio militare; non posso far del male. Sono Cristiano”.
1.4. Il proconsole Dione ordinò: “Sia misurato”. Avvenuta la misurazione, fu data lettura da parte dell’incaricato: “Misura cinque piedi e dieci once (m 1,73)”.
1.5. Dione disse all’incaricato: “Riceva la piastrina di riconosci mento”. Massimiliano, facendo resistenza, si oppose: “Non lo faccio, non posso prestare il servizio militare”.
2.1. Dione disse: “Fa il militare se non vuoi morire”. Massimiliano rispose: “Non faccio il soldato. Tagliami pure la testa, io non faccio il soldato per questo mondo, ma servo il mio Dio”.
2.2. Il proconsole Dione riprese: “Chi ti ha messo queste idee nella testa?”. Massimiliano rispose: “La mia coscienza e colui che mi ha chiamato”.
2.3. Dione si rivolse a suo padre Vittore: “Consiglia tuo figlio”. Vittore rispose: “Lui sa da sé, con la propria coscienza, che cosa deve fare”.
2.4. Dione a Massimiliano: “Fa il servizio militare e prendi la piastrina di riconoscimento”. Massimiliano rispose: “Non accetto la piastrina. Ho già il segno del Cristo mio Dio”.
2.5. Dione riprese: “Ti mando subito dal tuo Cristo”. Massimiliano rispose: “Vorrei soltanto che tu lo facessi. Questo sarebbe anche la mia gloria!”.
2.6. Dione si rivolse all’incaricato: “Gli sia messa la piastrina di riconoscimento”. Opponendosi Massimiliano disse: “Non accetto il segno di riconoscimento del mondo; se me lo apporrai, lo spezzerò, poiché non ha nessun valore. Io sono Cristiano, non mi è lecito tenere al collo una piastrina di piombo, dopo il segno di salvezza del mio Signore Gesù Cristo Figlio del Dio vivente, che tu non conosci, che ha sofferto per la nostra salvezza, che Dio consegnò come prezzo per i nostri peccati. Tutti noi Cristiani serviamo lui, seguiamo lui, principe della vita, garante della salvezza”.
2.7. Dione disse: “Fa il soldato e prendi la piastrina, sa non vuoi morire”. Massimiliano rispose: “Io non muoio. Il mio nome è già presso il mio Signore. Non posso fare il soldato”.
2.8. Dione disse: “Pensa alla tua giovinezza e fa il soldato: perché questo si conviene ad un giovane”. Massimiliano rispose: “Il mio servizio è per il mio Signore. Non posso servire al mondo come soldato. L’ho già detto, sono cristiano”.
2.9. Riprese il proconsole Dione: “Nella guardia d’onore dei nostri Imperatori Diocleziano e Massimiano, Costanzo e Massimo (Galerio), vi sono soldati Cristiani e fanno il soldato”. Massimiliano rispose: “Essi sanno che cosa convenga loro. Tuttavia io sono Cristiano e non posso fare del male”.
2.10. Dione disse: “Quelli che prestano il servizio militare che male fanno?”. Massimiliano rispose: “Tu lo sai di sicuro che cosa fanno”.
2.11. Il proconsole rispose: “Fà il soldato, per non finir male col tuo disprezzo del servizio militare”. Massimiliano concluse: “Io non morirò; ma se uscirò dal mondo, la mia anima vivrà con Cristo mio Signore”.
3.1. Dione disse: “Cancella il suo nome”. Dopo che venne cancellato, Dione continuò: “Poiché rifiutasti il servizio militare con spirito di indisciplina, ricevi la condanna che ne consegue, come esempio per gli altri”. Quindi dalla tavoletta lesse il decreto: “È stato deciso di punire con la decapitazione Massimiliano, perché con spirito di indisciplina ha rifiutato il giuramento militare”.
3.2. Massimiliano disse: “Rendo grazie a Dio”. La sua vita terrena fu di ventun annì, tre mesì e diciotto giorni. E mentre veniva condotto al luogo del supplizio, disse così: “Amatissimí fratelli, con tutte le vostre forze e con entusiasmo pieno di desiderio affrettatevi ad ottenere di vedere il Signore e meritare anche voi l’attribuzione di questa corona”.
3.3. Poi col volto radioso, disse così a suo padre: “Dà al carnefice la mia veste nuova, che mi avevi preparato per il servizio militare. Così ti accoglierò con la schiera dei santi, e così possiamo essere glorificati insieme col Signore”. Subito dopo fu sottoposto al martirio.
3. 4. La matrona Pompeiana ne ottenne dal magistrato il corpo e postolo nella sua lettiga lo trasportò a Cartagine; lo seppellì in una collina presso il Palazzo, vicino al martire Cipríano: dopo tredici giorni morì anche la matrona, e venne deposta nello stesso luogo.
3. 5. Vittore, padre di Massimiliano, tornò a casa pieno dì gioia, ringraziando Dio perché egli aveva mandato innanzi un tale dono al Signore, lui che era pronto a raggiungerlo in seguito. Siano rese grazie a Dio. Amen.

La  critica  storica  degli  atti

La critica storica li ritiene autentici. San Massimiliano di Tebessa, nel nord Africa, diocesi di Cartagine, era presente nel calendario ufficiale dei santi della Chiesa Cattolica fin dall’antichità. In un periodo più vicino a noi, il suo nome era stato tolto dal calendario, forse per scarsità di devoti o forse per il motivo del suo martirio, la obiezione di coscienza, ritenuta ai tempi poco esemplare. Nell’ultima revisione critica, nella quale vennero tolti dall’elenco tutti i santi leggendari, cioè privi di fondamento storico sicuro, il suo nome fu invece inserito di nuovo, proprio grazie alla storicità degli “Atti” del suo martirio.

Seguono ora alcune note esplicative circa gli “Atti”, per chiarire il senso di certe espressioni ivi contenute:
‑ “arruolabile”. Nell’esercito romano non c’era la leva obbligatoria per tutti, salvo per i figli dei graduati. Essendo suo padre Vittore, un graduato, Massimiliano era costretto ad obbedire alla chiamata militare
‑ “non posso far del male”. Il latino “malefacere” non ha valore soggettivo di “fare qualcosa di moralmente disdicevole”, ma attivo, nel senso di “infliggere del male agli altri”; quindi si riferisce alla impossibilità per il cristiano di fare il soldato, il cui mestiere sarà pure di difendere, ma uccidendo gli altri, il che un cristiano non può mai fare
‑ “Tagliami pure la testa”. Questa ed altre espressioni di una predisposizione totale al martirio, nella prospettiva della partecipazione finale alla gloria di Cristo Signore, sono rivelatrici non di un eroe isolato, ma della normale condizione e formazione dei cristiani del tempo in periodo di persecuzione
‑ “La mia coscienza e colui che mi ha chiamato”. Quella di san Massimiliano fu una vera “obiezione di coscienza”, a motivo della fede cristiana
– “Non accetto il riconoscimento del mondo… dopo il segno di salvezza del mio Signore”. Qui la incompatibilità è dettata anche dal rifiuto della idolatria verso il dio imperatore; contrastante con il sigillo battesimale. Il giuramento e altri atti idolatrici erano obblígatori solo in certe categorie di militari.
– “vi sono soldati cristiani”. Era consentito ai già soldati, al momento della conversione, di restare tali, a condizione però di “non uccidere”. Potevano mantenere l’ordine (funzione di polizia), lavorare nel genio militare alla costruzione delle strade, gestire la posta ecc. I catecumeni e i fedeli civili non potevano, assolutamente, diventare militari. Il rifiuto dell’uccidere era altrettanto necessario del rifiuto del giuramento idolatrico: “Il soldato subalterno non deve uccidere nessuno …e non deve prestare giuramento. Se non accetta tali condizioni, sia respinto… Il catecumeno o il fedele che vogliono arruolarsi e fare il soldato vengano respinti, perché hanno disprezzato Dio” (“Traditio apostolica” di Ippolito Romano, n. 16, diffusa nelle chiese dell’area mediterranea verso il 215-220).
– “Dà al carnefice la mia. veste nuova”. Il dono del corredo militare o di parte di esso era un regalo prezioso, già testimoniato nei poemi di Omero. Qui si aggiunge il gesto del perdono e dell’amore verso il carnefice, discrimine evidente della novità cristiana.
– “Pompeiana ottenne il corpo; lo trasportò a Cartagine; lo seppellì… vicino al martire Cipriano”. San Cipriano era stato vescovo di Cartagine, grande “padre della chiesa”, che insegnava: “Il mondo è bagnato di sangue fraterno: ecco che l’omicidio è crimine quando sono i singoli a commetterlo, ma diventa virtù quando è compiuto in nome dello stato. L’impunità per i delitti non l’assicura il motivo dell’innocenza, ma la grandezza della ferocia” (“Ad Donatum” 6). Il seppellimento di san Massimiliano obiettore. accanto al suo vescovo Cipriano equivaleva a riconoscerlo “testimone della fede comune della chiesa” di allora.

Per approfondire l’argomento generale della pace nei primi secoli del cristianesimo, si consiglia la lettura dello studio scientifico di Pier Angelo Gramaglia “L’obiezione di coscienza nei primi secoli della chiesa” (pp. 47-64), in “I cristiani e l’obiezione di coscienza al servizio militare”, a cura mia, EDB 1992, pp. 200.

Fin qui ho preferito leggere questi testi, perché da soli testimoniano che Massimiliano non era solo a pensarla così, ma è testimone che a quel tempo era la Chiesa a pensarla in tal modo.

SANTUARIO   DELLA   ‘MADONNA   DELLA   PACE

Gli anni delle discordie

Tra il borgo di Albisola che, partendo dal mare, si spinge verso 1′ entroterra e il comune di Stella che scende dall’Appennino verso la pianura, vi erano boschi e terreni dai confini incerti e quindi contesi caparbiamente dalle due Comunità. E, come ordinariamente succede quando ognuno crede di avere ragione e di essere nel diritto, gli abitanti di Albisola e di Stella, invece di ragionare, di cercare una soluzione , un accordo, di scendere magari ad un legittimo compromesso, si andavano sempre più riscaldando nei loro pretesi diritti. I loro capi non seppero e spesso non vollero incontrarsi per trovare una via pacifica alla controversia; i podestà di Savona e di Varazze non riuscirono a calmare gli animi; furono respinti i provvedimenti del Senato di Genova; Mons. Pietro Gara, vescovo di Savona, scelto come pacificatore, fu sospettato di partigianeria, essendo oriundo di Albisola. Tutto questo accadeva, in modo più violento, tra il 1478 e il 1482, anni in cui si ebbero scontri con ferimenti e uccisioni. Fatale il 4 ottobre del 1482. In uno scontro tra quelli di Albisola e di Stella si contarono sette morti e tre feriti. Le due comunità vennero allora ad una soluzione decisiva: le armi avrebbero dato la conclusione alla dibattuta vertenza. Allo scopo, vennero fissati il tempo e il luogo: il 18 ottobre nella piana dove appunto sorge ora il Santuario. Era l’anno 1482. (Qualche storico parla dell’anno 1481 ma Vittorio Poggi nello studio il “Santuario della pace”, pubblicato a cura della “Società ligure di storia patria” in occasione del V congresso storico italiano, dice che testimonianze chiarissime concordano per l’anno 1482).

“Il racconto  del  Poggi“. Giovan Bernardo Poggi, nel manoscritto delle “Memorie”, ha così descritto il fatto con forti pennellate di colore e di entusiasmo popolare: Un vastissimo castagneto, diviso circa il mezzo da un rivo d’acqua (il Riobasco) , fu il luogo destinato al conflitto. Gli armati, ivi giunti, si schierarono in più colonne e furono alla destra quelli di Albisola, a sinistra quelli di Stella,avendo gli uni e gli altri alla testa i rispettivi sindaci. Due ore prima del  mezzogiorno si avanzarono due colonne di quei di Albisola che attaccarono i nemici, ritirandosi tosto con poche perdite da una e dall’altra. Cominciò quindi l’attacco formale che fu sanguinoso ed ebbe varia sorte. Sgombro totalmente di nubi era in quel giorno il cielo, quando ad un’ora circa meridiana, dalla parte orientale una nuvoletta e candidìssìma apparve all’istante, dì tanta luce e splendore quasi in essa fatto avessero riflesso i raggi tutti del sole. E levossi tosto e venne a fissarsi sovresso il luogo del conflitto. Abbagliati i combattenti sospesero la zuffa e chiaramente intesero una celeste, dolcissima voce che per ben tre volte replicò la parola “pace”. Dopo di che la nuvoletta dileguossi e scomparve. I combattenti rimasero per alcuni istanti con lo sguardo rivolto al cielo: poi chi devotamente stese verso quello le mani, chi reverente prostrossi a terra; chi si percosse il petto ìn segno di pentimento gridando “pace, pace “. Altri gettano a terra le armi, altri le infrangono. Ed ecco traversare il campo e percorrere la fronte delle rispettive schiere i sindaci e i capi delle due parti i quali esclamando “sia pace tra noi! Ognuno dia segno di riconciliazione”, si vanno incontro a braccia aperte, stringendosi cordialmente al petto. Tutti seguono il loro esempio e quel luogo, da campo di vendetta e di strage, si cambiò tosto in altro di pace e di amicizia.”

Adesso, sia pure in breve tempo, mi preme sottolineare un punto che ritengo essenziale per costruire un mondo di pace e nonviolenza, ma che i politici, sia di destra che di sinistra, salvo poche eccezioni, contestano drasticamente. Si tratta della “via istituzionale alla pace”, ossia la riforma dell’ONU, che è già contenuta nell’articolo 11 della Costituzione Italiana, che dice: “L’Italia ripudia la guerra”; ma poi aggiunge: “L’Italia consente a cedere parte della propria sovranità per istituzioni internazionali, che garantiscano giustizia e pace per tutti i popoli”. E’ proprio questa seconda parte dell’articolo 11 che la stragrande maggioranza dei politici, sia di destra che di sinistra, rifiutano.

L’ONU è stata costruita dai 5 paesi che hanno vinto la seconda guerra mondiale a proprio uso e consumo. C’è l’assemblea dei rappresentanti di tutti i paesi del mondo, i quali chiacchierano e prendono soldi, ma non possono fare la minima legge; fanno delle dichiarazioni, al massimo delle raccomandazioni, ma non obbligano nessuno.

Hanno invece creato il Consiglio di Sicurezza, unico ente dell’ONU che può decidere qualcosa: ad esempio l’invio di forze armate in vari paesi, in missioni di polizia internazionale o addirittura di pace, per di più con il “diritto di veto singolo”, per cui, uno solo dei 5, può  bloccare tutto quello che vuole. A questo riguardo, il generale Bruno Loi, che se ne intendeva di queste missioni di polizia internazionale, una volta mi disse: “Non si possono mandare gli eserciti a fare azioni di polizia internazionale e tanto meno di pace. L’esercito, per struttura e formazione, va allo sbaraglio:o io sbaraglio te o tu sbaragli me e il soldato va addestrato ad uccidere; la polizia invece non ha lo scopo di uccidere; anzi dovrebbe essere dotata di armi intrinsecamente non letali. In queste condizioni l’ONU non può decidere nulla di vere azioni di pace.

Una volta mi trovavo dal barbiere e, mentre aspettavo il mio turno, guardai se c’era qualcosa da leggere. C’era l’Unità. Trovai in prima pagina un articolo di Boutros Boutros Ghaly, che era stato segretario generale dell’ONU e vi trovai nella conclusione questa frase: “Le istituzioni internazionali, che dovrebbero garantire giustizia e pace per tutti i popoli, sono allo stato poco più che embrionale. In pratica, non possono compiere quella che dovrebbe essere la loro missione.

Stessa cosa avviene anche a livello continentale, per esempio in Europa. Per un certo tempo  l’onorevole Silvio Berlusconi, capo del governo italiano, fu segretario generale d’Europa. L’assemblea legislativa discusse un progetto di legge, che voleva introdurre un certo grado di autorità sovranazionale. Vinse la maggioranza dei contrari. Allora Berlusconi scese in assemblea ad abbracciare nientemeno che l’on. Fausto Bertinotti, fondatore di Rifondazione Comunista, esclamando entusiasta:”Abbiamo fermato il superstato”, in contraddizione con la seconda parte dell’articolo 11 della nostra Costituzione, come sopra accennato. Per capire l’importanza dell’unità politica, basta ricordare com’era l’Italia prima che ciò avvenisse:. una città contro l’altra (Modena contro Bologna), un paese contro l’altro (Albisola contro Stella, come ricordato sopra). Fatta l’unità d’Italia, sono scomparse tutte queste guerre, con risparmio di vite e di soldi.   Oggi tutti si fan belli a dire che il mondo è diventato un ‘villaggio planetario’. Purtroppo questo villaggio è ancora senza sindaco e senza consiglio comunale ed è pieno di guerre. Anche il nostro governo continua ad aumentare le spese militari e a tagliare le spese sociali: la scuola, la sanità, lo stesso servizio civile; mentre hanno costruito addirittura la ‘mininaia: l’addestramento dei bambini per la guerra = una vera pazzia. Su queste cose è giusto che riflettano bene i giovani, se vogliono un futuro di pace. Al  contrario delle politiche di guerra e di liberismo economico-finanziario, la Chiesa, e in specie i Papi, stanno lavorando bene per la pace e la nonviolenza.

Cito anzitutto il nuovo Catechismo degli Adulti della CEI, “LA VERITA’  VI  FARA’  LIBERI”, ai capitoli 26 e  28. Lì si parla dell’abolizione pura e semplice della “pena di morte” (p. 491); di “abolire la guerra” e quindi gli eserciti: “Si dovrebbe togliere ai singoli STATI IL DIRITTO DI FARSI GIUSTIZIA DA SOLI  CON  LA  FORZA” (p. 493); dell”urgenza di “promuovere nell’opinione pubblica il ricorso a forme di difesa nonviolenta” e di “cambiare struttura e formazione dell’esercito per assimilarlo a un Corpo di Polizia Internazionale” (p. 494); della “pretesa anacronistica dei singoli Stati sovrani di porsi come vertice della società organizzata”, mentre “si auspicano forme di “governo sopranazionale” con larga autonomia delle entità nazionali” (= principio di sussidiarietà; p. p.528 e 529). E’ una parte davvero improntata alla “novità cristiana della pace, che fa di questo testo dela CEI il catechismo più avanzato in tema di pace e nonviolenza.

Adesso cito brevemente alcuni Papi.

Anzitutto Papa Giovani XXIII che ha scritto addirittura un’Enciclica Pacem in terris.

Poi papa Giovanni Battista Montini, cioè Paolo VI, che il giorno 4 ottobre 1965, la festa di s. Francesco, il santo della Pace,  parlò nel Palazzo di Vetro di New York a 2.000 delegati di 115 nazioni, in francese. Si presentò a loro come “esperto in umanità” ed elevò con voce vibrante il grido: “Jamais plus la guere, Jamais plus la guerre!”.

Il Concilio Vaticano II, iniziato da Papa Roncalli (Giovanni XXIII) e portato avanti per tre anni da Paolo VI, fu molto vicino a sancire la condanna della guerra senza più eccezioni, proprio mentre era in corso la guerra statunitense in Vietnam.

Il Papa attuale Benedetto XVI, nell’Enciclica Caritas in Veritate ha pure due punti fondamentali sulla pace, contro la guerra:

“Urge la presenza di una vera autorità politica mondiale”.
“Occorre realizzare un opportuno disarmo integrale”.

p. Angelo Cavagna
dehoniano – presidente GAVCI
www.gavci.it  gavcibo@gmail.com

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