Caschi Bianchi Perù

La Oroya: impressioni in bianco e nero

L’arrivo a Huancayo, sede di un progetto ambientale a difesa di una delle zone più inquinate del Paese a causa delle raffinerie minerarie di La Oroya, da parte di un volontario in servizio civile.

Scritto da Carlo Tregambe, Casco Bianco a Huancayo

Il primo incontro con la città de la Oroya fu fugace: io e Rossella ci stavamo spostando da Lima a Huancayo, dove avremmo affrontato il primo impatto con il nostro Servizio Civile. Il paesaggio, al di fuori dei finestrini del bus, cominciava a cambiare: il verde delle montagne circostanti degradava e lasciava sempre più posto ad un bianco diafano, surreale. Sorpassando l’ennesimo tornante, mi resi conto che la Oroya era li’, ma la prima cosa che vidi non fu la città: la conformazione dei colli circostanti, che costituiscono una corona intorno al centro abitato, nasconde le case per un breve periodo di tempo, lasciando intravedere solo la ciminiera della raffineria Doe Run Perú. Nera, altissima, enorme. L’autobus proseguiva con il suo viaggio, scoprendo pian piano tutta la raffineria: un’enorme carie, che prende sempre piú possesso del suo dente malato.

Tutto, a la Oroya, sembra esistere in funzione della raffineria: grandi quartieri residenziali costruiti appositamente per gli operai, recintati da alte reti con filo spinato (per gli ingegneri, invece, l’impresa ha costruito un piccolo paesello stile americano, appena fuori dalla città, in modo che possano essere riparati, almeno in parte, dagli effetti negativi dello stabilimento); tragamonedas, ossia piccoli casinó dove spendere il proprio sueldo; persino le scritte sui muri sono monopolizzate dall’impresa: frasi come Doe Run no contamina el rio Mantaro e No a las ONG’s (Organizzazione Non Governativa) antimineras sono dipinte a caratteri cubitali lungo la strada principale che attraversa il centro abitato.
L’autobus seguiva il suo cammino, superando la grossa ciminiera che, da vicino, mostrava tutta la sua imponenza. Sulla sinistra, prima di lasciare la città, ebbi la possibilità di vedere come Doe Run Perú stipa parte dei rifiuti provenienti dalla raffineria: grandi ruspe accumulavano tonnellate e tonnellate di polvere nera al lato della strada principale, creando piccole montagne scure. Dall’altro lato della carretera scorreva il rio Mantaro.

La Oroya, nel 2007, è stata classificata dal Blacksmith Institute come sesta città piú inquinata al mondo per presenza di piombo, zinco, cadmio. Secondo il ministro della sanità peruviano, il 99,9% dei bambini di La Oroya ha un tasso di piombo superiore al massimo accettabile fissato dall’Organizzazione mondiale della sanità. La raffineria ha sospeso le sue attivitá nel 2009, a causa di presunti problemi economici ma, soprattutto, dell’inadempimiento delle politiche ambientali richieste dallo Stato Peruviano. Nonostante questo, Doe Run Perú continua a pagare il 70% dello stipendio ai propri operai, in modo da tenere vivo il consenso sociale (tutta l’economia della cittá dipende dai circa 2500 lavoratori dell’impresa).
Nel gennaio 2011 Doe Run Perú, impresa americana, presenta una denuncia allo Stato Peruviano, secondo la quale l’inquinamento de La Oroya è dovuto alla precedente gestione statale della raffineria: il Perú avrebbe in questo modo trasgredito il Trattato di Libero Commercio siglato con gli Stati Uniti nel 2004. L’impresa chiede 800 milioni di dollari. La questione verrà risolta tramite un arbitraggio internazionale. Doe Run Perú, nel frattempo, sta affrontando una procedura giudiziale di fallimento, tramite la quale la raffineria potrebbe essere liquidata definitivamente dai suoi creditori, oppure riprendere la sua attività in breve tempo.
Mentre l’autista proseguiva sicuro sulla strada che porta a Huancayo, girai la testa seguendo la cittá, che scompariva dietro alla sua corona di montagne. Distolsi lo sguardo e tornai a seguire il tragitto del bus, che accompagnava quello del fiume. La valle de Mantaro cominciava a distendersi, occupando tutto l’orizzonte visibile.

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