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Cinque mesi di servizio civile al Cairo

Emozioni e descrizione di una città controversa che parla al senso più umano di un’sperienza di servizio: l’impellente necessità di maggiore coinvolgimento personale in una realtà tanto affascinante.

Sono passati esattamente cinque mesi dal giorno in cui sono arrivata al Cairo ed è iniziata la mia esperienza di servizio civile. Forte è sempre stato il senso di mettere in pratica cosa ci era stato trasmesso nel corso di formazione: il senso della missione, di essere promotori di una cultura positiva, di diventare strumento di giustizia sociale, di prevenire l’escalation dei conflitti, di educare alla non violenza, alla solidarietà, alla partecipazione. Imparare ad aver cura …

Tutto questo è radicato nel senso stesso del servizio civile ma la scoperta è in quel qualcosa di più, che da’ un senso profondo alla presenza umana  del volontario.   Qualcosa di molto  più  radicato, viscerale, che prende i miei pensieri, la mia mente ed il cuore.

Spesso ti insegnano che è importante avere  un approccio del sentire  “empatico”,  ma bisogna provare ad essere nello stesso tempo “distaccati”- cosa in sé giustissima. Il punto è … come controllare la tua umanità?

Entra in atto un meccanismo molto forte chiamato “compassione” da essere inteso nel senso etimologico della parola stessa “cum patior”- Compatire – vale a dire davvero  condividere lo stesso dolore ed entrare nella vita dell’altro. E’ questa fantastica esperienza che ti  ricorda cosa vuol dire essere uomo e come vivere l’Amore verso i tuoi simili e che ti spinge  fortemente a difendere la dignità umana  perché tutti siamo chiamati a farlo per un dovere civico, sociale , politico, morale : Umano.

Le emozioni sono tante e mettere ordine non è semplice. Riordino  il diario di viaggio e raccolgo i dati e le interviste realizzate per iniziare il mio racconto. All’ inizio ho congelato il cuore  per poter costruire ma contemporaneamente mi rendevo conto che stavo dando e ricevendo tanto, ed è cambiato tutto non solo fuori, ma dentro di me.

Troppa voglia di vivere… di essere appieno parte di quella  realtà, di imprimere, stampare e scolpire le mie sensazioni ed i sentimenti. Dentro una grande voglia di Infinito, che il deserto delle Piramidi spesso mi ricorda ed allora mi sovviene la meravigliosa frase di Alberto Marvelli:” Ho bisogno di aria, di spazio, di orizzonti sconfinati, di cieli luminosi e stellati, di mari e oceani immensi. Non è esagerazione, è un dato di fattopositivo e reale. E’ un anelito verso nuove visioni”. Perchè davvero diventa anelito per nuove visioni, inizi a vedere il mondo con occhi diversi.

Il Cairo (dall’arabo: القاهرة, al-Qāhira) è la capitale  e la città più popolosa dell’Egitto con circa 8 milioni di abitanti e oltre 15 milioni dell’area metropolitana e del omonimo governatorato. È anche la più grande città dell’intera Africa  e del Vicino Oriente e la tredicesima metropoli in ordine di popolazione al mondo. Denominata la “Dubai del nord Africa” è una città dalle mille contraddizioni, affascinante e luminosa proprio come il  significato del suo nome suggerisce ” la città soggiogatrice”, e nello stesso tempo  tremendamente povera, oppressa ed arrabbiata come molti scenari di tantissime aree della città suggeriscono.

Come tutte le metropoli dei Paesi in via di sviluppo la città ha aree verdi e benestanti ed aree popolari fortemente povere. Tenendo anche conto della presenza del fiume Nilo e del fatto che è una città costruita nel deserto, possiamo immaginare quanto anche la geografia del posto abbia influito sulla condizione sociale. Le zone a ridosso del Nilo sono aree molto floride come Maadi , Zamalek o Garden city abitate prevalentemente dalla società bene del loco e da stranieri. Vi sono uffici di aziende, sedi di ambasciate, palazzi e sedi governative ma poi basta allontanarsi un attimo dal corso del fiume per vedere il principale volto della città. Una Cairo popolare certamente ricca di Suq, di spezie ed altre incantevoli meraviglie …splendide architetture, moschee e chiese  ma  indegnamente povera e piena di  tanta spazzatura  . È impressionante come la povertà in questa città assuma un volto diverso.

Non è la prima volta che mi trovo in un paese in via di sviluppo ma qui la “povertà non ha alcuna dignità”. In questo posto essa assume il volto più crudele dettato dall’enorme “gap” che c’è tra la Cairo benestante dalle mille luci e la Cairo indigente. Quest’ultima vive degli scarti della Cairo bene, mangia della sua spazzatura. Tra i tanti quartieri della Città c’è Helmyet el Zeitun l’area in cui ha loco il progetto per cui sono impiegata nel servizio civile, dove non  è inusuale vedere le strade ricoperte di immondizia per metri e  donne, uomini , bambini , greggi di pecore ed asini mangiare dalla spazzatura.

Chiaro segno di una città dimenticata… Immondizia come indicatore di ricchezza e povertà, corruzione e ricerca di giustizia.

Mi richiama alla mente la mia città Napoli durante il periodo dell’invasione della spazzatura nelle strade e del segnale chiaro che la corruzione regna… la gente stanca ed arrabbiata. Il punto è che  qui lo  status  è perenne. Degrado sociale ed urbano di una città che ormai raccoglie troppo dentro di sé e presto è pronta ad esplodere.  La forte corruzione politica, la non curanza delle istituzioni e  della classe benestante per la stragrande maggioranza  della popolazione e per le sue problematiche ha creato due reazioni molto forti la prima è un senso di passiva e forzata accettazione  della popolazione di uno stato di oppressione ed indigenza, per cui la gente ha imparato a vivere inventandosi un lavoro e riuscendo a sopravvivere con una “ghinè” al giorno (circa 14 centesimi di euro ) la seconda è una forte rabbia ed un grande senso di insoddisfazione… la gente ha fame e chiede diritti , questo è il volto arrabbiato del Cairo.

Considerando  la fortissima densità abitativa, il movimento migratorio dalle zone dell’Alto  Egitto rurale e con un forte tasso di disoccupazione  ed analfabetismo, la città del Cairo diventa il catalizzatore di diverse realtà non dimenticando che essa accoglie una grande quantità di rifugiati provenienti da diverse zone dell’Africa e del Medio Oriente come Sudan, Eritrea, Etiopia, Palestina, Libano, Kurdistan etc. Questo è un altro aspetto della realtà della città. Le Nazione Unite hanno fatto del Cairo un luogo di temporaneo o permanente “resettlement”, ma ciò ha creato all’interno della città ormai satura di gente, traffico ed inquinamento non poche distorsioni sociali. Ed è qui che si ricollega e si intrecciano le storie di mille vite; tra queste ci sono quelle dei rifugiati sudanesi che hanno un loro particolare vissuto ed in questo momento della mia vita,  esso si intreccia con la mia storia personale.

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