Bangladesh Caschi Bianchi

Tempo di censimenti

In una terra ricca di natura e di acqua ma povera di diritti, dove si nasce e si muore in silenzio, chi non sa autoaffermarsi come i disabili, semplicemente non è nessuno, e non esiste. La maggior parte della popolazione adulta analfabeta non conosce la propria data di nascita e riesce a collocarsi nel tempo solo in base alla guerra di indipendenza o all’anno della grande alluvione. Come può uno Stato occuparsi dei suoi cittadini se non ne conosce l’esistenza?

Scritto da Marta Garnero, Casco Bianco a Chalna

Quando sono arrivata in Bangladesh, a inizio gennaio 2007, ho trovato un paese in subbuglio.
Il 23 gennaio erano previste le elezioni politiche, saltate poche settimane prima a causa di uno scandalo riguardante la corruzione di politici candidati e a false liste elettorali.
Tali liste erano, infatti, decisamente datate e non corrispondevano all’effettiva popolazione votante, gran parte della quale non compariva e veniva quindi privata del diritto di voto.
Dopo scioperi e manifestazioni popolari spesso violenti, tanto da necessitare il coprifuoco negli ultimi giorni di gennaio, è salito al potere un governo di transizione, super partes, approvato dall’ONU. Tale governo reggerà il paese fino alle prossime elezioni, quindi fino a quando non saranno compilate liste elettorali rispondenti al vero.

La mancanza di un sevizio di anagrafe efficiente e soprattutto il fatto che la popolazione sia sprovvista di un documento di identità fanno riflettere sulla tutela della persona in questo stato, e su come possano essere garantiti i diritti fondamentali dell’uomo con questi presupposti.
La povertà in Bangladesh va ben oltre la povertà materiale, è più infima e terribile, è povertà culturale, di spirito e di relazione.Il governo ha stimato che ci vorranno almeno 18 mesi da febbraio 2007 per completare il censimento di tutta la popolazione del Bangladesh, preparare la carta di identità per tutti i cittadini e compilare le liste elettorali aggiornate. Tale tempistica è addirittura ottimistica, considerato che il metodo proposto (e attuato) è quello “porta a porta”: impiegati dell’anagrafe assunti ad hoc e armati di registro e penna, passano alle porte dei vari villaggi a chiedere quante e quali persone vivono sotto lo stesso tetto, i gradi di parentela, l’occupazione, l’età, etc.
A rallentare tale lavoro concorrono, oltre alla proverbiale lentezza burocratica bengalese, l’impreparazione degli impiegati, la disinformazione della popolazione, l’analfabetismo della maggior parte degli adulti (che si firmano con l’impronta digitale), e la difficoltà pratica di reperire tutti i membri delle numerose famiglie in casa, o meglio nel capanno.

Il 29/5/2007 si sono presenti al cancello della Pope Jonh Community di Achabua – Chalna Bazar due uomini armati di registro, e per un intera settimana hanno avuto un gran lavoro nel metter ordine nella nostra affollata missione. Qui vivono infatti circa 100 persone, la maggior parte delle quali minorenni e disabili fisici o mentali che non hanno famiglia, o che, se ce l’hanno, non è in grado di farsene carico. Alcuni bambini sono orfani o sono stati abbandonati, altre persone sono state trovate per strada, senza fissa dimora o incompletamente incapaci di dare le proprie generalità o il loro precedente domicilio.
Durante la registrazione, il problema più grosso era riuscire a fare stare seduti e fermi bambini scalmanati, ragazzi autistici, down, schizofrenici e anziani con demenza senile.
Lo sconcerto degli impiegati dell’anagrafe è aumentato quando ne hanno conosciuto le storie alle spalle e i problemi di registrazione che ne conseguivano.
Infatti, la scheda da compilare richiede il nome e cognome, luogo e data di nascita e nome dei genitori.
Chi è nato negli istituti che accolgono ragazze madri partorienti è in possesso di queste informazioni rilasciate in attestato dall’istituto stesso. Invece la maggior parte della gente, anche ragazzi o adolescenti, non conosce la propria data di nascita e spesso neppure l’anno, ciò è indice del degrado culturale del paese, dove la maggior parte della popolazione adulta analfabeta riesce a collocarsi nel tempo solo in base alla guerra di indipendenza (1971), o all’anno della grande alluvione (l’ultima nel 1988). Per cui spesso le madri dicono di aver avuto il primo figlio prima della guerra, altri di essere nati nell’anno dell’alluvione, altri di ricordare bene il cataclisma.
A volte per i cristiani viene in aiuto la data del battesimo regolarmente registrata dal parroco, ma spesso ci siamo ritrovati a stimare la data di nascita delle persone in base all’aspetto fisico e ai loro pochi ricordi storici. La valutazione avveniva in modo corale, quasi un discorso di cortile.Altro problema è sorto con i ragazzi della scuola, in quanto molti di quelli provenienti dalla missione sono in ritardo con gli studi, ma il corrispettivo del nostro esame di maturità si può sostenere gratuitamente solo fino ai 19 anni di età, altrimenti si deve per forza ricorrere alla scuola privata, molto costosa.

Per questo motivo alcuni quindicenni sono diventati dei dodicenni, in vista della loro carriera scolastica futura, e qualcuno (più smaliziato) ne ha approfittato per togliersi qualche anno.
In alcuni casi il compito è stato particolarmente difficile come per A., la cui età stimata è di 25 anni, arrivato circa 2 anni fa al cancello della missione, vestito solo di stracci e denutrito.
Di lui non si sa nulla, non era un volto noto della zona, ha un evidente ritardo mentale e non è capace di parlare, ma pronuncia suoni strani, uno dei quali è diventato il suo nome.
Quella settimana di lavoro intensa ha portato alla registrazione di tutti i presenti, ma la lista non è stata completata in quanto mancavano alcuni dei ragazzi più grandi della missione che studiano al college a Khulna o Dhaka. Il plico riguardante la missione è stato quindi lasciato a noi, in attesa del ritorno degli studenti per le vacanze estive.
Peccato che queste ultime siano finite ormai da qualche mese, quindi la registrazione è teoricamente conclusa, se non fosse che l’intero pacco è ancora custodito in un cassetto della nostre scrivanie, dato che nessuno è più passato a ritirarlo.

Un barlume di speranza si è acceso in questa terra ricca di natura e acqua ma povera di diritti, dove gli individui devono ribadire a voce chi sono, tramandando ai figli la loro storia per non venire dimenticati, visto che nascere e morire in Bangladesh non lascia il benché minimo segno dal punto di vista burocratico.
In Bangladesh si nasce e si muore in silenzio e chi non sa autoaffermarsi come i disabili, semplicemente non è nessuno, non esiste. Come può uno Stato assicurare dei diritti e pretendere doveri dai suoi cittadini se non sa che esistono?
Il 2007 è stato un anno di presa di coscienza, qualcosa è iniziato, speriamo continui, tra le innegabili difficoltà.

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