Caschi Bianchi Zambia

La malaria e i miei privilegi

Il lusso di permettersi trenta euro di medicine per sconfiggere in tre giorni una malattia che uccide ogni anno un milione di persone: la malaria è, insieme all`AIDS e alla TBC, una delle tragedie di salute pubblica che affligge il continente africano. La malaria mette a nudo il baratro che esiste tra noi e gran parte della popolazione africana in termini di ricchezza, garanzie, diritti. Perchè non esiste ancora oggi una risposta efficace alla sua diffusione?

Scritto da Angela Tiraferri, Casco Bianco a Ndola

Venerdì mattina, ore 8:20. Seduta in giardino di fronte al sole mattutino mi godo la convalescenza dal primo attacco di malaria della mia vita: riacquisto energie, ritorno a fare i conti con i sensi di colpa che convivono con me da quando sono arrivata a Ndola, e accetto la provocazione lanciatami dagli amici che mi hanno accudito nei tre giorni di malattia… “perchè non scrivi un bell’articolo sull’argomento da mandare ad Antenne di Pace?”.

La cronaca: lunedì mattina, mentre ero impegnata a giocare con i bambini disabili della scuola speciale Holy Family School di ritorno dalle lunghe vacanze natalizie, ho iniziato ad avvertire uno strano malessere: un insieme di nausea, male alle ossa e spossatezza mi ha pervasa ed insospettita. Niente di insopportabile, ma dopo pranzo ero già al “Mary Begg Hospital”, una piccola clinica privata per ricchi nel centro di Ndola. Una mezz’ora di attesa, i moduli compilati, una controllatina a pressione e febbre, e un pic sul pollice sinistro. Un’altra mezzora di attesa, la convocazione dalla dottoressa e la diagnosi: test alla malaria positivo.
Ho trascorso praticamente tre giorni a letto, durante i quali sono stata accudita, servita e consolata: la terapia che mi è stata prescritta ha compreso una scatola del farmaco antimalarico Cortaem e tanto riposo, per un costo complessivo di 117.000 Kwacha, pari a 29,25 euro.
Per tre giorni sono stata male, ma ho anche trovato il tempo di riacquistare l’appetito e le forze, leggere e riflettere un po’ su questa esperienza. Un’esperienza che ha messo in luce una volta di più la mia condizione di privilegiata, la distanza che separa la mia vita da quella delle persone che sopravvivono nei villaggi e nelle baracche del compound, baraccopoli di Ndola, a poche centinaia di metri da dove mi trovo ora, e che magari come me hanno contratto il parassita lo scorso lunedì.

Di malaria si ammalano ogni anno centinaia di milioni di persone: di queste circa un milione ne muore, soprattutto i bambini sotto i cinque anni. Molti bambini che sopravvivono a episodi di malaria severa subiscono gravi danni cerebrali [1]. Il 90% dei morti di malaria si trova in Africa, nelle regioni tropicali e sub-tropicali, dove la malattia sembra in costante espansione [2]. Con questi numeri, la malaria è la seconda malattia più diffusa al mondo dopo la TBC: eppure non fa notizia, non suscita indignazione.
Il parassita della malaria, entra nell`organismo quando la zanzara femmina del tipo anofele punge un essere umano. Esistono diversi ceppi del parassita: quello maggiormente diffuso in Zambia è denominato plasmodium falciparum: nel corpo, il parassita subisce una serie di mutazioni e intacca l’organismo distruggendo i globuli rossi nel sangue. I sintomi tipici, che compaiono solo alcuni giorni dopo il contagio, sono normalmente attacchi di febbre, nausea, mal di testa e alle articolazioni.
Se riconosciuta in tempo, la malaria può essere trattata con medicinali a base di artemisia o con il chinino [3], e sconfitta in pochi giorni. Tuttavia, in termini di salute pubblica, la lotta alla malaria non è ancora vinta: le ragioni di questo fallimento sono molteplici.

Il primo fattore è di tipo biologico-ambientale: dal punto di vista biologico si è osservato che alcuni ceppi del parassita, a causa della loro grande capacità di mutazione, tendono a sviluppare resistenze ai farmaci. Ciò indebolisce l’efficacia dei medicinali in commercio, soprattutto se somministrati tardivamente rispetto alla comparsa dei sintomi della malaria. Dal punto di vista ambientale, alcuni stravolgimenti del territorio (ad esempio l’apertura di strade, grandi progetti di irrigazione), le deforestazioni massicce e il surriscaldamento del clima hanno favorito la diffusione della zanzara e conseguentemente del parassita in vaste zone fino a pochi anni fa risparmiate dalla malaria.

Il secondo importante fattore è di natura economica. Ancora oggi le persone che soffrono e muoiono di malaria sono per la maggior parte quelle incapaci di prevenire la puntura delle zanzare e pagarsi le cure adeguate: molti vivono in villaggi lontani da strutture mediche attrezzate per una rapida diagnosi, altrettanti non possono permettersi zanzariere alle finestre nè i medicinali per la profilassi. Secondo la professoressa Eleanor Riley, immunologa dell’Istituto di igiene e medicina tropicale di Londra, se tutte le persone del mondo affette da malaria potessero essere trattate con farmaci adeguati e se si potesse evitare che fossero punte di nuovo, il numero dei morti diminuirebbe drasticamente. Uno dei mezzi di prevenzione più efficace e molto semplice è una zanzariera da letto impregnata di insetticida. “Se in Africa venissero utilizzate, si potrebbe ridurre la mortalità infantile fino al 40% con un costo di non pù di 15 dollari a testa”, sostiene la Riley [4].
I governi dei Paesi più colpiti non hanno le risorse per finanziare programmi di salute pubblica adeguati a favore dei cittadini più vulnerabili, e i Paesi industrializzati sembrano completamente disinteressati a promuovere ricerche per sviluppare un vaccino o farmaci più efficaci. Dal canto loro, le case farmaceutiche private non considerano la malaria una malattia sufficientemente remunerativa da giustificare grandi investimenti di ricerca. Secondo il professor Hadrian Hill dell’istituto di medicina molecolare di Oxford, le risorse stanziate ogni anno per la ricerca sul vaccino della malaria sono insufficienti, di gran lunga inferiori a quelle destinate alla ricerca di vaccini e cure per malattie specifiche dei Paesi occidentali. Secondo i calcoli del professor Hill, un finanziamento annuo adeguato (da lui stimato attorno a 500 milioni di dollari) potrebbe portare alla scoperta di un vaccino efficace nel giro di poco tempo [5]. Le previsioni di altri ricercatori sono più caute sulla possibilità di individuare un vaccino nei prossimi anni, ma resta il fatto che la malaria è una piaga che oggi più che mai mette a nudo le ineguaglianze tra nord e sud del mondo, e l’impreparazione dei governi dei Paesi più vulnerabili, e che fa emergere interrogativi sulle modalità in cui i Paesi ricchi allocano le proprie risorse nei programmi di sviluppo e di lotta alla povertà.

In attesa del vaccino, il vero grande strumento per ridurre l’incidenza della malaria è eliminare le zanzare anofele: promuovere campagne di disinfestazione, programmi di salute pubblica (ad esempio distribuire zanzariere alle famiglie che non possono permettersele), finanziare un sistema di distribuzione gratuita dei farmaci e dei medicinali per la profilassi. Nel XX secolo la malaria è stata sradicata con successo in molte aree del mondo, tra cui diverse zone paludose del Nord Italia, grazie a opere di bonifica dei terreni e all’accresciuto benessere economico della popolazione che poteva permettersi case protette con vetri alle finestre e ambienti asciutti e puliti. Di fronte a questo risultato storico così importante è scandaloso che milioni di persone muoiano ancora oggi di malaria.

La Carta dell’ONU sui diritti dell’uomo afferma che uno dei diritti fondamentali è quello alla salute: finchè la malaria continuerà a mietere vittime, questo diritto sarà calpestato e la salute resterà un privilegio. L’ennesimo privilegio di pochi, di noi occidentali, di me che posso spendere appena 30 euro in medicinali…e che poi ritorno a fare i conti con il mio enorme debito di sensi di colpa.

Note:[1] WHO Web Site http://www.who.int
[2] In Zambia, la malaria è la causa di circa il 40% delle morti infantili, e la resistenza alla profilassi a base di Clorochina è stimata attorno al 30%. Fonte: http://www.who.int
[3] Il chinino e i suoi derivati funzionano avvelenando il parassita. Tra i principali metodi di profilassi vi sono la Clorochina e il Proguanile, che stanno però perdendo efficacia a causa della grande capacità di adattamento del parassita. A base di chinino, la Meflochina, nota con il nome commerciale di Lariam, è stata introdotta negli anni `80: la resistenza a questo farmaco è molto meno diffusa di quella alla clorochina, ma preoccupano gli effetti collaterali che in alcuni casi possono essere anche disturbi psicotici. Fonte: The Mail & Guardian.
[4] Fonte: Rivista “Internazionale” n. 356, 13 ottobre 2000.
[5] Ibidem

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