2007: la rete ed i progetti Caschi Bianchi

 

Agli inizi dell’anno 2000 si inizia a formare la Rete Caschi Bianchi, nel 2007 vengono definite le caratteristiche e le finalità di un modello di servizio civile con il “Progetto Madre Caschi Bianchi”

Il termine “Caschi Bianchi” è volutamente riferito alla denominazione data dall’ONU per la “partecipazione di volontari, Caschi Bianchi, in attività delle Nazioni Unite nel campo dell’aiuto umanitario, riabilitazione e cooperazione tecnica per lo sviluppo”.
Anche se non immediatamente riconducibile al profilo previsto dall’ONU per tali corpi, il servizio civile all’estero inteso come nei progetti denominati “caschi bianchi” oltre al ruolo significativo come presenza di pace in contesti di povertà e conflitto, realizzando un’informazione dal basso e una formazione e promozione di una cultura di pace, può ricoprire anche una parte significativa del ruolo previsto dal mandato dei corpi civili di pace.
Questo documento sintetizza le principali caratteristiche dei progetti di servizio civile in cui sono coinvolti i Caschi Bianchi, anche al fine di stimolare il dibattito delle istituzioni italiane ed europee circa la costituzione dei corpi civili di pace secondo quanto stabilito dalle
Nazioni Unite, rafforzare l’attuale esperienza ed esportare un modello di cittadinanza attiva, difesa alternativa e formazione.

La storia dei Caschi Bianchi Italiani inizia nei primi anni novanta con la guerra nel Golfo persico e successivamente attraverso una campagna di “disobbedienza civile” durante il conflitto nei Balcani, condotta dagli “obiettori al servizio della pace”.
Nell’Aprile del 1998 fu promossa una prima forma di rete sul tema dell’intervento civile all’estero, a questo primo tavolo di lavoro aderirono: LOC – OSM, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, GAVCI, Beati Costruttori di Pace, Agesci, Assopace, Centro Studi Difesa Civile, Pax Christi, Campagna Kossovo, poi MIR e Movimento Nonviolento.

Progressivamente il lavoro degli enti storicamente coinvolti nel percorso di riconoscimento dell’obiezione di coscienza e del servizio civile aderenti a questa prima realtà di rete si concentrò prioritariamente sul tema del servizio civile all’estero, realizzando un’azione di pressione sull’UNSC ed operando un’attività informativa su tale tema.

Sul finire del 1999 anche Caritas Italiana divenne operativa sul tema dei Caschi Bianchi iniziando a partecipare alle attività della rete.
L’evoluzione della collaborazione fra gli enti nominati, la necessità di una forma più strutturata di collaborazione e sinergie, le richieste da parte dell’UNSC di un soggetto unitario come interlocutore sulla materia, portarono alla costituzione della Rete Caschi Bianchi.

Gli enti che attualmente compongono la Rete Caschi Bianchi (Caritas Italiana, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, GAVCI e Volontari nel mondo FOCSIV) rappresentano per storia e tipologia di intervento un tassello importante dell’attuale scenario del servizio civile volontario all’estero. In questi anni la Rete ha focalizzato il proprio confronto da una parte sulla definizione di figura e ruolo del Casco Bianco, cercando di definirne identità e azioni, e dall’altra sviluppando sinergicamente itinerari formativi utili a rafforzarne la consapevolezza nei volontari

INDICE

1. INTRODUZIONE
1.1 Cenni storici e scenario attuale
2. FINALITA’
3. LAVORO IN RETE
4. UN NUOVO CONCETTO DI DIFESA PER UN NUOVO CONCETTO DI SICUREZZA
5. PROFILO DEL CASCO BIANCO
6. LA RICADUTA SUI GIOVANI E SUL LORO PERCORSO DI VITA
7. INDICAZIONI OPERATIVE
7.1 Formazione
7.1.1. Metodologia formativa
7.1.2. Formazione precedente alla missione all’estero
7.1.3. Formazione durante i rientri in Italia
7.2. Accompagnamento / monitoraggio
7.3 Antenne di pace: sensibilizzazione e ricaduta sul territorio

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