• Cida e Margherita_Brasile

Brasile Caschi Bianchi

Non sento, non parlo, non vedo

La storia di Cida ci ricorda l’importanza di dare valore ogni giorno alle piccole cose, valorizzando l’individualità di ciascuno di noi, al di là del nostro passato e delle difficoltà.

Scritto da Margherita Pacifico, Casco Bianco in servizio civile con Apg23 a Coronel Fabriciano

Nell’esperienza di servizio civile che sto vivendo in Brasile, in una casa famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII, ho potuto conosce Cida. Cida è una ragazza sorda, non parla, ed è cieca. Sulla carta ha 40 anni ma a livello cognitivo ne dimostra 5.

Cida è nata in una famiglia molto povera e numerosa, dodici tra fratelli e sorelle. La sua famiglia non sapeva che lei fosse sorda e, a causa dei comportamenti diversi dagli altri figli, veniva denigrata e chiamata “Mudina” (muta piccolina).

Già a 10 anni Cida bussava alle porte delle case per cercare lavoro in cambio di un pasto. Una delle tante porte a cui bussò fu quella di Santina, che ogni giorno preparava per lei un pasto sano chiedendole in cambio di svolgere alcune faccende domestiche. Santina si affezionò molto a Cida tanto che cominciò a cercare i suoi genitori. Una volta trovati chiese loro di poter portare la ragazza a fare alcuni esami medici, che certificarono la sua sordità.

Tutti i giorni Cida andava a casa di Santina e quando non c’erano lavoretti da svolgere usciva per fare un giro, ma poi ritornava sempre da lei. Mi raccontò Santina che un giorno, uscita per una riunione aveva tardato un po’ più del solito, Cida allora si era molto preoccupata e dal giorno dopo si era rifiutata di uscire di casa. Essendo però Cida minorenne, doveva tornare a casa dalla sua famiglia, perciò con molta tristezza Santina ogni sera la costringeva a fare ritorno e Cida facendosi piccola piccola con il dito diceva di no. Stanca di dire di no un giorno Santina chiese ai genitori della ragazza se le consentivano di avere l’affido di Cida. Si mostrarono d’accordo e Cida andò a vivere definitivamente e legalmente con Santina.

In questa vicenda lei con i fatti scelse Santina come mamma.

Avendo adottato Cida, Santina ebbe la necessità di incominciare a studiare il libras, la lingua brasiliana dei sordomuti, per poterlo poi insegnare con molta pazienza alla ragazza e poterla finalmente aiutare a comunicare. A complicare le cose, però, arrivò la perdita della vista. Cida, infatti, aveva una malattia autoimmune agli occhi che gradualmente la portò a perdere sempre di più la vista. Ad oggi lei ha un basso residuo visivo.

Santina decise poi di cambiare città, e Cida rimase sempre con lei.

Quest’anno di servizio civile è stato pieno di ostacoli, di problematiche e di cose che non sono andate nel migliore dei modi, ma di una cosa posso essere fiera: di aver conosciuto Cida. Spero che possa essere per me un esempio di vita: non importa infatti quale sia il tuo passato, non importa se non vedi o se non senti, l’importante è chi sei tu ed hai la tua identità. La vita di povertà che Santina e Cida conducono mi insegna ad apprezzare ogni giorno quelle piccole cose che per me sono scontate e che finché non vedi e non sperimenti non sai apprezzare. Obrigado por tudo.

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