Caschi Bianchi Svizzera

UN SECONDO SGUARDO NON RICHIESTO

Cos’hanno in comune Ginevra e Casamondo? Come fare a trovare un filo conduttore tra due esperienze tanto diverse?
Da una parte la sede delle Nazioni Unite – Ginerva -, dove gli Stati si confrontano sui massimi sistemi del mondo… mentre dall’altra Casamondo – Rimini -, casa di accoglienza per richiedenti asilo e più in generale crocevia per tanti giovani che vivono un presente sospeso tra un futuro incerto e un passato fragile.
Due mondi così diversi tra loro che quasi si toccano… facce opposte di una stessa medaglia fatta di diritti, giustizia, solidarietà e futuro.

Scritto da Maura Galati, Casco Bianco con Apg23 a Ginevra, svolge il proprio Servizio Civile tra la Svizzera (sede delle Nazioni Unite) e l’Italia (Casamondo, Rimini).

Pensavo che dopo il “primo sguardo” ci sarebbe arrivata la richiesta di un secondo, di un terzo e magari di un ultimo, prima di salutarci definitivamente. Pensavo che non avrei saputo creare un ponte, un filo conduttore tra le realtà che mi sono state proposte quest’anno. E poi ho pensato che i ponti, i legami, spesso mancano di fondamenta solide e sta a noi, in quanto “muratori dell’anima”, rinsaldare quelle esistenti oppure addirittura crearne di nuove. Insomma, ho pensato un sacco di cose e quindi eccolo qui, il mio secondo sguardo non richiesto.

CasaMondo è un porto di mare, è di passaggio, è pausa, momento di riflessione. È l’opportunità di fermarsi, ricaricare le batterie e poi ripartire.

È tanto casa quanto mondo.

È casa quando, dopo una giornata frenetica, ci si siede sul divano e si improvvisa una partita a “bazar”. Ci si sente a casa quando la sera, tutti in cucina, immersi nel profumo di spezie orientali, si contratta la quantità di piccante, sperando di spuntarla, per una volta.

E invece è mondo quando, passando da una stanza all’altra, senti il riverbero di lingue diverse. Quando ti accorgi quanto sia una terra di mezzo, una tappa quasi obbligata per chi dall’Italia è partito per il mondo e, tornando in Italia, non si sente più a casa. Oppure per chi, come i nostri ragazzi, aspettando quei documenti che sembrano non arrivare mai, è sorpreso nel ritrovarla qui, la sensazione di casa.

Che poi casa da noi vuol dire famiglia, con tutto quello che ne consegue.

Questa però è una famiglia un po’ particolare. Lasciamo la porta aperta, fratelli e sorelle cambiano sempre e ogni sera c’è qualche “parente lontano” che viene a trovarci. Qui siamo liberi di stare insieme e di lasciarci andare quando le nostre strade si dividono. Siamo liberi di essere noi stessi, senza sovrastrutture o pregiudizi. Liberi di reinventarci quando ci sentiamo costretti ad indossare abiti che non rispecchiano il nostro essere. Liberi di affrontare il cambiamento, senza combatterlo, ma accettandolo con la curiosità di scoprire una nuova direzione inaspettata.

Riuscite ad immaginare qualcosa di più bello?

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