Bolivia Caschi Bianchi

Calle Castrillo

Tra le periferie di La Paz, in Bolivia, quella di Lucas è una storia di indifferenza, violenza e sofferenza. Non ci viene raccontata per infondere un senso di impotenza e pietà, al contrario, per raccontare il senso di dignità che Monica ha sperimentato in questo incontro, che può essere simile a quello con tanti Lucas che incontriamo ogni giorno.
Raccontare storie scomode cadute nell’oblio significa costruire una coscienza collettiva capace di non ripetere gli stessi errori in futuro.

Scritto da Monica Gessa, Casco Bianco con Apg23 a La Paz

Il ‘Servicio Callè altrimenti noto come ‘Reparto’ è un servizio simile a quello che in Italia si chiama Unità di strada. Di Unità  di strada ne esistono diverse tipologie in relazione alla categoria alla quale sono destinate: senza tetto, prostitute, minori vittime di lavoro forzato, persone con dipendenze da sostanze. Il ‘Reparto’ che vivo qui in Bolivia è dedicato agli alcolisti e alle alcoliste di La Paz e delle sue periferie.

Ogni Mercoledi con un operatore di comuità terapeutica che si chiama Antonio e con altre e altri volontari italiani e non, saliamo su un mezzo mobile e ci ferminamo nel periurbano marginale e dimenticato della città . Ricordo bene quel 13 Marzo 2019.

Arriviamo al campo di Calle Castrillo, Sant’Antonio Bajo, un luogo dove ci sono praticamente solo erbacce, case mai finite di costruire ma ad ogni modo alcune di esse abitate, cani randagi e tanta, tanta spazzatura. Ah, dimenticavo, una bellissima vista si estende e ruba lo sguardo di chi attraversa Calle Castrillo, un panorama dall’alto su tutta la mágica città di La Paz.

Scendiamo dal furgone con il nostro secchio di zuppa di verdure ancora calda per i ragazzi e le ragazze che un po più in giù in quel campo bevono quella sorta di mostro chiamato alcohol etílico a 96 gradi, mischiato con acqua o altre bevande.

L’uso e le applicazioni di questa sostanza sono varie: nell’industria chimica viene usato come composto dissolvente per vernici, nell’uso domestico e industriale come combustibile, nel settore farmaceutico l’etanolo è usato come eccipiente per medicinali e cosmetici. Dissolvente, disinfettante, battericida, anticongelante. A scopo culinario la sostanza è usata, come sappiamo, per produrre bevande alcoliche di diverse gradazioni.

In Calle Castrillo erano in tre. Ricordo bene il soprannome di uno di loro per la particolarità: Napoleon. Mi dice subito che il suo cavallo bianco lo ha abbandonato. Facciamo due chiacchere e ricordo solo i volti rovinati, le bocche senza più denti, i vestiti strappati e sporchi che emanano un odore forte, di chiuso che non sono in grado di identificare con chiarezza. Distribuiamo un po di zuppa. I tre iniziano a parlarci di un loro amico, bloccato poco più giù nel campo di Calle Castrillo, incapace di alzarsi e di camminare. Di sotto conosciamo Lucas. Lo chiamerò Lucas perchè non posso usare il suo vero nome, non lo posso usare perchè Lucas è morto pochi giorni dopo il 13 Marzo e così non posso chiedergli il consenso a parlare di lui in questo scritto nè l’autorizzazione ad utilizzare il suo vero nome.

Lucas era sdraiato a terra e aveva la testa poggiata al muro di una casa non finita, non riusciva quasi a parlare, se non con una voce assai flebile, quasi impercettibile. Rifiuta la zuppa ormai tiepida perchè non era in grado di mangiarla, nè il suo corpo di sintetizzarla. Lucas non deteneva più il controllo dei suoi sfinteri, aveva i pantaloni colmi delle sue feci: il tanfo arrivava forte quando si alzava il vento. Da parte sua tentava invano di fare un lavoro di pulizia aiutato da uno sporco straccio posato a fianco al suo viso che usava per pulirsi le dita ogni qual volta infilava le mani nelle mutande.

Lucas ripete di essere impossibilitato a camminare da molti giorni, ci mostra un fianco livido, viola, pieno di dolore e ci riferisce che a provocarglielo era stata la polizia; gli assistenti sociali diranno poi che si trattava delle conseguenze della cirrosi epatica e del deterioramento degli organi interni.

Lucas dice di avere fame, così sbuccio una banana e la avvicino alla sua bocca, la mangia molto lentamente e con grande fatica. Poi un poco di acqua. Vorremmo tutti portarlo all’ospedale ma qualsiasi spostamento è pericoloso.  Viene chiamata l’ambulanza, i vigili del fuoco, i servizi sociali del Dipartimento di La Paz; nessuno si può prendere carico di Lucas. Lui ricorda il numero di sua sorella, la quale più o meno prontamente dice ad Antonio,  l’operatore che richiamerà appena saprà se verrà a prenderlo e ci farà sapere se il padre autorizzerà a recuperare suo fratello dalla strada , di non poter fare nulla contro il volere di suo padre.

A tratti la situazione si dipinge di assurdo. Continuano le chiamate alla famiglia e alle istituzioni locali; dopo molte ore arrivano gli assistenti sociali accompagnati da un medico che non visita Lucas.

Il padre di Lucas verrà a prenderlo per portarlo a casa, non all’ospedale, per dare a Lucas una morte non in solitudine circondato da sconosciuti, in mezzo alle feci e alla spazzatura, senza poter muovere la testa da quello scomodo e freddo muro. Mi piace pensare che Lucas abbia ricevuto ancora una volta un abbraccio da un volto per lui caloroso, l’ultimo abbraccio da parte di persone che almeno per un periodo della sua vita lo hanno curato, cosicchè Lucas, per l’ultima volta potesse ancora sentirsi amato.

Il 13 Marzo poteva essere un giorno come tanti ma mi è arrivato un schiaffo forte dalla realtà  nuda e cruda della sofferenza, della disperazione e della morte; mai quest’ultima mi si era palesata di fronte tanto crudelmente.

Nonostante Lucas fosse in mezzo alla spazzatura con il corpo in frantumi, inzuppato delle sue stesse feci, io lo ricordo con una dignità infinita, con rispetto profondo, come se fosse un portatore di un messaggio cosmico di umanità e di sofferenza.

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