“La pazienza è la virtù dei forti”, recita il detto comune, e c’è un fondo di verità in questo. In Africa lo si impara molto presto. Otto mesi di servizio civile in Kenya sono serviti soprattutto a darmi questa lezione.
Quando ho iniziato questa esperienza a novembre 2016 non era la prima volta che venivo a contatto con l’Africa ed ero ben consapevole della quantità di pazienza che mi sarebbe servita per affrontare il lavoro che mi aspettava. Quello a cui ero meno preparata era la costanza necessaria nel mantenere la giusta dose di pazienza ogni singolo giorno; è bastato poco tempo per rendermi conto che senza di essa si potrebbero raggiungere ben pochi obiettivi.
Operare in una baraccopoli richiede grandi sacrifici, come è facile immaginarsi. Soweto è lo slum alla periferia di Nairobi dove l’Africa Chiama lavora ormai da anni. I beneficiari dei cinque progetti dell’associazione provengono soprattutto da quest’area, anche se il target a cui si dirige la ONG non si limita solo a Soweto. Altre zone vicine, sempre caratterizzate da un alto livello di povertà, disoccupazione, degrado sociale e familiare (pur non rientrando nella classica definizione di baraccopoli) ospitano persone con particolari necessità che possono essere aiutate e supportate dai vari progetti.
Un asilo nido, un centro di fisioterapia per bambini disabili, un programma per mamme sieropositive, un progetto per ragazzi di strada e un centro nutrizionale per anziani riescono a dare aiuto ogni giorno ad una grandissima quantità, e varietà, di beneficiari.
L’obiettivo finale è sempre contribuire a modificare una situazione preesistente (dovuta magari a fattori sociali, economici o familiari) che impedisce al beneficiario (e/o alla sua famiglia) di vivere in modo dignitoso e giusto. Non si tratta di mero assistenzialismo, anzi si propone ad ogni persona un percorso più o meno lungo per accompagnarla verso gli obiettivi da raggiungere.
L’asilo nido, dove i bambini possono stare da uno fino a 3 anni, permette ai figli di famiglie poco abbienti di passare le giornate in un ambiente piacevole, accogliente, dove poter giocare, divertirsi e imparare le nozioni basiche dell’apprendimento (lettere, numeri, colori) in preparazione della scuola materna, accuditi da maestre che si prendono cura del loro benessere psico-fisico e stando lontani, almeno per un po’, dalle difficoltà della baraccopoli.
Il centro di fisioterapia ospita circa 60 bambini con diversi tipi di disabilità fisica che vengono seguiti da professionisti per tutto il tempo necessario ad un loro sano e duraturo recupero.
Le donne del progetto “mamma bambino” seguono per due anni un corso di formazione su come evitare la trasmissione del virus dell’HIV/AIDS al proprio figlio finché lui o lei non avrà fatto il test dei 18 mesi che decreta se è effettivamente rimasto immune alla trasmissione, grazie all’attenzione prestata dalla madre durante la gravidanza prima e l’allattamento poi.
Ai ragazzi di strada viene data l’opportunità di abbandonare la strada con le cattive abitudini che essa comporta (alcool, droghe, violenza) per intraprendere un cammino di riabilitazione che li porti a recuperare i rapporti con la famiglia e ad iniziare (o a riprendere laddove era stato interrotto) il percorso scolastico.
Infine gli anziani, ricevendo 3 chili di farina ogni settimana, contribuiscono al sostentamento delle proprie famiglie e, col tempo, al miglioramento delle condizioni di vita e familiari di loro stessi e dei loro cari.
Ed è solo col tempo che è possibile riuscire a raggiungere simili traguardi. Solo con la pazienza si può sperare di vedere dei cambiamenti reali che potrebbero altrimenti sembrare impossibili. La pazienza di ascoltare chi ha bisogno di essere ascoltato, la pazienza di capire anche quando sembra insensato sforzarsi di capire, la pazienza di guardare oltre quello che abbiamo davanti, immaginando invece quel che potrebbe diventare.
Si possono vedere mamme che, facendo i conti quotidianamente con l’HIV e con ciò che esso comporta nelle loro vite, fanno in modo che il virus non arrivi ai piccoli, potendoli però allattare come tutte le altre madri del mondo. Il loro cammino è lungo e sofferente perché i test che saltuariamente il bambino deve fare per valutare il suo stato fino all’età di un anno e mezzo sono, ogni volta, una prova per le mamme: vivono questi momenti con grande ansia, consapevoli che un verdetto di positività vorrebbe dire una via senza ritorno per la salute del bambino, oltre che la presa di coscienza della propria responsabilità per la situazione creatasi. Tuttavia sanno che ascoltando attentamente ogni lezione, prendendo appunti (anche con le scarse competenze scolastiche che possono avere) e impegnandosi concretamente potranno ottenere quel che vogliono. Sempre e solo con calma e pazienza ciò che sembra impossibile può diventare possibile.
È aspettando con pazienza, anche se i cambiamenti non si vedono nell’immediato, che si può trovare ricchezza dove all’apparenza si vedono solo degrado, disagio e squallore, serenità dove regnerebbe invece la disperazione.
Questo è quel che sto imparando giorno dopo giorno e che cerco con pazienza di mettere in pratica nel mio lavoro a Soweto.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!