Domenica 10 aprile si svolgeranno in Perù le elezioni presidenziali, che in pieno stile peruviano non potevano che essere precedute da “colorate” – in tutti i sensi – e folkloristiche campagne elettorali. Angelo sta svolgendo il suo Servizio Civile con FOCSIV a Yurimaguas-Barranquita, nella foresta amazzonica peruviana. Con la Pastoral de la Tierra, Angelo segue diversi progetti relativi a riforestazione e promozione dell’ecoturismo rurale comunitario; produzione di cioccolato artigianale che i campesinos, già produttori di cacao, hanno deciso di intraprendere; censimento forestale per la vendita sostenibile di legname; sensibilizzazione sul tema della pesca sostenibile; attività di promozione e comunicazione.
“Osservare una campagna elettorale è un ottimo modo per conoscere un popolo. Le elezioni politiche peruviane non fanno eccezione e soprattutto non annoiano mai. L’ultimo grande colpo di teatro è stata l’esclusione dalla contesa elettorale, per cause diverse, di 2 tra i candidati più quotati: Acuña e Guzman. Senza entrare nei dettagli della decisione diciamo solo che la legge è sempre interpretabile in maniera più o meno dura a seconda di chi sia il soggetto di diritto in questione.
I MEDIA E LA CAMPAGNA ELETTORALE
Come sempre i mezzi di comunicazione parlano di qualsiasi cosa meno che di idee e di programmi, ma questo si sa è abbastanza comune in democrazia, per prendere i voti è più facile parlare alla pancia trasformando le persone in tifosi di calcio, piuttosto che dire alle persone di pensare. I sondaggi dominano le prime pagine dei giornali e dei TG per il semplice motivo che ormai sono diventati un’arma politica efficacissima per influenzare gli elettori. Si può ignorare un candidato per mesi ed essere poi costretti ad ammettere che i voti li prende, farne crollare un altro nei sondaggi per aver copiato una tesi, o descrivere qualcuno come l’unico tra tutti in grado di battere il fujimorismo perché rappresenta il presidente perfetto da eleggere per la minoranza che domina il paese, tradotto: “votate per lui se non rivolete i fujimoristi”.
La campagna elettorale vista dalla strada invece è veramente straordinaria e offre una miriade di cose interessanti. Ci sono i candidati che ballano ogni volta che salgono sul palco, bingo, pranzi e regali offerti. Si possono anche vedere fantomatici indigeni accompagnare un candidato sul palco manifestando il loro appoggio, a cui fine comizio vengono offerte casse di birra (da gustare rigorosamente in cerchio, con un unico bicchiere per tutto il gruppo secondo lo stile peruviano). Questa dell’alcool offerto in cambio del voto è una cosa abbastanza comune in Perù, specialmente nelle piccole comunità. Sono leggendarie le bevute che si offrono alla popolazione prima dell’elezione dei sindaci. Non è niente di nuovo comunque: lo facevano i signorotti spagnoli nelle colonie con i loro “lavoratori” quando avevano paura di rivolte, ma anche gli imprenditori inglesi, durante la rivoluzione industriale, inondavano di alcool i quartieri operai quando la tensione aumentava.
I simboli dei partiti sono molto fantasiosi: galli, pale, scope, pentole, ecc. I manifesti, gli slogan elettorali, le canzoni meriterebbero veramente un articolo a parte. Si possono vedere foto di uomini con uncini al posto delle mani, sagome a grandezza naturale, ascoltare canti come “once, doce, trece, la pala como crece!”, “Acuña (o qualsiasi altro candidato) está diciendo no está mintiendo!” o cover di canzoni pop adattate ai partiti. Una cosa interessante è che in Perù, soprattutto in selva, non esistono soltanto i manifesti, le case vengono letteralmente dipinte con i colori dei partiti. Nella zona di Yurimaguas sembra che il prezzo per lasciar dipingere la propria casa si aggiri sui 100 soles (una trentina di euro).
I CANDIDATI
Chi sono e come sono visti i candidati dai mezzi di comunicazione e dal peruviano medio? Per ragioni di spazio mi limiterò soprattutto ai possibili vincitori.
Non si può che cominciare da Keiko (Fuerza Popular). Gli esperti di marketing che la affiancano le hanno saggiamente consigliato di omettere totalmente il cognome in campagna elettorale, dato che fa Fujimori ed è figlia del ex dittatore peruviano (o giapponese? Ancora non è chiaro a nessuno). Meglio non ricordare di chi sei figlia a chi, con il consenso di tuo padre, è stato torturato, sterilizzato, ammazzato; senza dimenticare la dilagante corruzione di quegli anni. Keiko è la più generosa nel fare regali ai suoi possibili elettori (lavatrici, biciclette, cocktail party, buste piene di soldi…). Non si sa bene da dove vengano i finanziamenti della campagna elettorale (ma questo vale un po’ per tutti i partiti dato che praticamente non esiste controllo sulle spese), inoltre il peruviano della calle non riesce a capire di cosa viva la signora Fujimori dato che non ha mai lavorato.
Poi c’è lui, PPK, Pedro Pablo Kuczynski, un nome uno slogan. In lui ritroviamo ancora la genialità del marketing politico, dato che ha scelto di chiamare anche il suo partito personale PPK (Peruanos por el Kambio). Il suo cognome non proprio Latinoamericano e di difficile pronuncia per chiunque, non lo avvicina molto all’elettore, meglio uno slogan che ti entra in testa come una pubblicità. Il simpatico PPK vanta una lunga vita di militanza politica con ruoli importanti come Presidente del Consiglio, Ministro dell’Economia e di Energia y Minas (poltrona chiave in un Perù che basa tutta la sua crescita economica sul settore estrattivo). Di lui i peruviani ricordano: la peggiore legge della storia in favore delle imprese petrolifere (così negativa che fu eliminata), il suo strano accento che ogni tanto esce fuori e la passione per gli Stati Uniti. Il signor PPK ha dichiarato di aver rinunciato alla cittadinanza nordamericana un anno fa, forse per rassicurare un Paese che ha vissuto le tragicomiche dimissioni via fax dal Giappone di Fujimori, il quale riuscì per anni a evitare l’estradizione grazie al doppio passaporto. I maligni dicono che PPK è troppo vecchio per fare il Presidente e potrebbe morire da un momento all’altro… lo criticano anche per essersi fatto vedere in passato alle riunioni del Gruppo Bilderberg. Quelli invece proprio cattivi dicono che in realtà è un agente della CIA. Per chi non lo sapesse comunque è il cugino di Jean-Luc Godard (fonte Wikipedia).
Un’altra vecchia volpe della politica è Alan Garcia, leader del APRA (Alianza Popular Revolucionaria Americana), considerato uno dei pochi veri partiti della politica peruviana secondo i nostri standard europei. Alan si presenta sostenuto anche dal Partido Popular Cristiano, insieme formano la coalizione Alianza Popular, uno strano ed eterogeneo mix che fa di tutto per rimanere a galla. A tratti ricorda Massimo D’Alema perché, bisogna riconoscerlo, Alan è intelligente e un fine oratore, infatti è già stato Presidente 2 volte. La prima negli anni ’80 (il più giovane Presidente della storia del Perù), memorabile fu l’inflazione e gli altri disastri economici che Vargas Llosa descrive in “Travesuras de la niña mala“. La seconda nel 2006-2011, quando con la sua disastrosa gestione fu responsabile del massacro di Bagua in cui morirono almeno 30 persone tra indigeni e poliziotti oltre a centinaia di feriti. Tra le perle della sua esperienza come Capo di Stato troviamo il narcoindulto e una memorabile intervista (facilmente reperibile su youtube) in cui ridicolizza la cultura e le credenze delle popolazioni indigene. Non è quindi un caso che in selva le intenzioni di voti nei suoi confronti rasentino lo zero.
Non si può non citare Barnechea, leader di Acciόn Popular, altro partito storico. Non sembra avere scheletri nell’armadio per quanto riguarda la giustizia, è colto, ha carisma e sa parlare alla gente. Si muove in politica da tanto tempo e con molta disinvoltura, avendo partecipato a differenti avventure politiche: APRA, Union por el Perù, Acciόn Popular. Qui il trasformismo comunque è abbastanza comune e nessuno sembra preoccuparsene. Non è chiaro cosa farebbe una volta al governo dato che le sue posizioni sui temi chiave della politica peruviana sono ambigue.
L’altra donna in corsa è Veronica Mendoza, leader del Frente Amplio, la formazione che riunisce tutti i pezzi della sinistra progressista. Cusqueña, colta, ha studiato in Francia (questo in Perù sembra quasi essere una colpa), parla anche quechua. Excongresista nacionalista (il partito al governo) si è tirata fuori un attimo prima che l’attuale Presidente decidesse di rimangiarsi praticamente tutte le promesse elettorali fatte, quindi la sua immagine pubblica è ancora pulita. È stata completamente ignorata dai mezzi di comunicazioni per mesi, adesso sembra lanciatissima e potrebbe anche andare al secondo turno. Parla dei temi che nessuno vuole affrontare in maniera chiara (economia e concessioni sulle risorse naturali, ambiente, nuova costituzione). Potrebbe essere veramente la sorpresa. Non è una caso che abbia ricevuto attacchi beceri e machisti dagli avversari e che il quotidiano El Comercio (vera voce ufficiale dell’élite economica che governa il Perù) abbia iniziato ad attaccarla con forza. Forse è più su di quanto si dica nei sondaggi e inizia veramente a far paura. Il suo limite è che non è sostenuta da un vero partito strutturato ma da una forza un po’ litigiosa e confusa che aggrega vari movimenti.
QUASI-CANDIDATI
Nonostante non siano tra i possibili prossimi Presidenti della Repubblica è necessario menzionare 4 PERSONAGGI CHIAVE.
Julio Guzman (Todos por el Perù), lanciatissimo nei sondaggi, considerato dalla gente come un volto nuovo della politica. Ha ricoperto incarichi importanti a livello professionale, non si capisce esattamente da dove sia venuto fuori, così come non era veramente chiaro quali fossero le sue idee per il Perù… Poteva veramente vincere, probabilmente è stato escluso per questo. Celebri le sue camicie con le maniche tirate sue. Durante i comizi elettorali e le conferenze stampa amava alzare le braccia e mostrare i muscoli come fanno i pugili prima degli incontri di boxe.
Cesar Acuña (Alianza para el Progreso), il vero personaggio della politica peruviana. Imprenditore arricchitosi con le sue università private, già sindaco di Trujillo e governatore regionale del Departamento de La Libertad. Ben visto dalla gente per le sue umili origini e la sua “semplicità”, si fa notare anche per le sue innumerevoli gaffe. Criticato dalla stampa per aver copiato la sua tesi di dottorato e per non saper parlare, lui abilmente si è sempre difeso dicendo di parlare come tutti i peruviani… il vero prototipo dell’uomo del popolo che si è fatto da solo (vi ricorda qualcuno?). La corsa di Acuña verso la presidenza si è fermata (giustamente) quando è emersa la sua “generosità” nel regalare soldi in campagna elettorale; la signora Keiko Fujimori invece, nonostante abbia ricevuto le stesse accuse, è ancora là, pronta ad andare al secondo turno.
Ollanta Humala, l’attuale Presidente che non può ripresentarsi alle elezioni (la Costituzione prevede un solo mandato), una fortuna questa che gli permetterà di salvare un minimo di dignità, vista la delusione che ha generato nei peruviani che lo avevano votato con entusiasmo 5 anni fa. A dimostrare ciò sta il fatto, abbastanza insolito, che il suo Partito Nacionalista che governa il Paese ha addirittura deciso di ritirare il candidato dalla contesa elettorale! A volte è meglio non presentarsi che essere umiliati.
Chiudiamo con Gregorio Santos (Democracia Directa), 2 volte presidente regionale del Departamento Cajamarca, la seconda rieletto mentre era in prigione. Infatti da luglio 2014 si trova in custodia cautelare in carcere in attesa del processo. Ovviamente ha deciso di candidarsi anche alla Presidenza della Repubblica. La sua partecipazione ai dibattiti televisivi sta creando qualche problema, non si sa se riceverà un permesso speciale per uscire o si collegherà direttamente dal carcere”.
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