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Caschi Bianchi Sri Lanka

Judge not… Sri Lankan people

Soprattutto in contesti molto diversi dal nostro siamo portati ad esprimere in fretta il nostro giudizio. Stava capitando anche a Daniele in Sri Lanka prima di decide di superare la prima impressione e fermarsi a chiedere e capire.

Scritto da Daniele De Felice, Casco Bianco Apg23

Con il titolo di questa canzone di Bob Marley desidero trasmettervi le mie vicende e i miei dubbi, le vicende di un casco bianco che opera in Sri Lanka, a Ratnapura, una città a Sud-Ovest dell’isola, famosa in tutto il mondo per il suo ambiente naturale e le pietre preziose che si possono trovare nel suo terreno.

“Non giudicate prima di giudicare voi stessi” è la frase simbolica della mia esperienza di Servizio Civile e credo che chi venga in Asia questa frase debba tenerla ben presente trovandosi davanti una cultura così diversa.

Infatti dopo alcuni mesi qui, volente o nolente, fui il primo ad esprimere dei giudizi netti. La prima volta fu un secco: “che crudeli!”.
Ero da qualche mese in Servizio, in una struttura dove, tramite un progetto occupazionale che coinvolge 10 ragazzi con disabilità medio-lieve, si cerca di svilupparne le abilità e favorire la loro integrazione nella società, e osservavo il modo in cui le persone del luogo si rapportavano ai ragazzi affetti da disabilità.
Un bambino che nasce in Sri Lanka con questa caratteristica di sicuro non avrà vita facile. Sono disprezzati, evitati, e persino lo Stato non pensa a loro cercando di agevolarli: il sistema scolastico non ne facilita l’accesso, e non si prevedono insegnanti di sostegno o classi speciali per le disabilità più gravi.
Subito mi venne spontaneo il paragone con l’Italia, in cui ci sono servizi di trasporto adeguati, opere pubbliche e infrastrutture, e sempre più spesso si cercano provvedimenti che ne permettano l’inserimento scolastico e lavorativo.

Poi però pensai alle parole di Bob Marley “non giudicate, perché non siete pronti per il giudizio” e mi dissi: “Prima di giudicare queste persone, ho giudicato me stesso?”. Ebbene no. Non l’avevo fatto, e comunque sentii il bisogno di approfondire.
Allora cominciai a chiedere informazioni e a fare domande più mirate. Molte risposte mi sono state date, dalle persone che collaborano al progetto: Giacomo, un volontario Italiano di origine cingalese, che segue il progetto fin dai suoi albori e Ms. Priyanka, maestra cingalese che insegna lingua e matematica ai ragazzi, ed è anche la mia insegnante ufficiale di lingua.
Mi è stato spiegato che secondo il pensiero della religione Buddista, dopo la morte “fisica” l’anima si reincarnerà in un nuovo corpo tramite un ciclo di reincarnazione, il Samsara, e si reincarnerà a seconda del comportamento tenuto da quella persona nella sua vita “precedente”, per cui ogni causa avrà il suo effetto secondo la legge del Karma.
La disabilità è una delle possibili 8 forme di esistenza che un essere può ricevere come “punizione” per i trascorsi della sua vita precedente e che sono stati di vita in cui secondo il Buddismo si sperimenta “sofferenza” poiché un essere mentalmente disabile è impossibile comprendere il significato del Dharma (la legge, religione) e tantomeno praticarlo.
Quindi interpretando questo pensiero, molta gente crede che per una persona nascere con una disabilità sia una punizione “divina”, perciò non è difficile incontrare persone che evitano il loro contatto, schifandoli o che li guardano come se fossero degli alieni.
Però nessun insegnamento Buddista dice che alla visione di un “essere mentalmente disabile” si debba avere questa enorme mancanza di rispetto. Infatti ci sono persone che avendo un’altra interpretazione, dedicano parte della propria vita ai disabili, comprendendo pienamente il significato della parola “essere vivente” che ci rende tutti uguali.
Attraverso i mezzi di informazione sono anche venuto a conoscenza delle misure che lo Stato sta attuando per agevolare l’integrazione di persone disabili con scuole speciali e posti di lavoro.
Così il mio giudizio è cominciato a cambiare, perchè, a pensarci bene, in tutto il mondo ci sono correnti religiose che condizionano il pensiero delle persone, in bene o in male; e ancora oggi anche in Italia non sempre, la disabilità è accettata come parità.

Ero turbato anche da un’ altra cosa: la diffidenza che c’è verso l’uomo bianco. E anche qua il giudizio non si è fatto attendere, nella mia testa un: “ma guarda sti razzisti!”.
Ben presto ho appreso che ad alimentare questa diffidenza è stata soprattutto la pedofilia. Persone che arrivavano, e arrivano, da tutto il Mondo, risiedendo nel paese per anni e abusando di bambini e bambine innocenti. Purtroppo non è raro trovare persone che ti chiedono se ti piacciono i bambini, o ancora più precisamente se ti piacerebbe avere un rapporto con un minore.
Senza alcun pudore, nel 1998, in un’intervista shock lo scrittore Arthur Clarke autore dell’opera “2001 Odissea nello spazio” dichiarò di avere avuto molti rapporti sessuali con i minori Cingalesi nella sua abitazione di Colombo, dove risiedeva.
Visti i grandi interessi turistici il fenomeno della pedofilia in Sri Lanka viene tenuto un po’ nascosto, ma molte persone ne sono pienamente a conoscenza. Da poco si è cominciato a combattere apertamente questo fenomeno. Nel 2011, Sarath Kumara il Commissario Generale del Dipartimento di Registrazione, ha introdotto il visto obbligatorio per applicare un controllo più rigido sulle persone che entrano ed escono dal paese per poter capire meglio per quali interessi voglia soggiornare chi visita il paese. Chi vuole ottenere un visto per più di un mese è sottoposto a maggiori controlli e sospetti, come è accaduto anche a noi.
Anche in questo caso il mio giudizio è cambiato, altrochè se è cambiato; si capisce bene perchè siano diffidenti.

Mi piace pensare che tutti abbiano sempre più questa disponibilità alla flessibilità del pensiero, per migliorare sempre ed è la mia speranza.

Per concludere voglio usare la parte finale del ritornello che nella sua parte finale fa “Woah oh oh!” per descrivere l’emozione che ti da’ una persona “disabile”, che nella sua quotidiana discriminazione all’esterno della struttura in cui lavoro, quando mi vede, sorride, mi regala un abbraccio e mi dice: “Daniele, oya Italy yanna epa! tu non andare più in Italia”.

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