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Brasile Caschi Bianchi

Quelle lacerazioni del cuore attraverso cui si mostra la bellezza

Ogni tanto ci chiudiamo in una bolla, pensando che il mondo la fuori sia pericoloso, poi arriva quel moto di coraggio, quel soffio di vita che fa aprire un po’ quel cuore cosi timoroso di soffrire, ed ecco che la vita ti offre la sua bellezza, una possibilità di scelta.

Scritto da Martina Piffer, Casco Bianco Apg23 a Coronel Fabriciano

Dentro questa scelta c’è un’opportunità, quella di cambiare, di scoprirsi, di cercare ciò a cui tanto aspiriamo ma che presi dai noi stessi, spesso, non riusciamo a vedere.
Mi trovo in Brasile come Casco Bianco, nello Stato del Minas Gerais, nella cittadina di Coronel Fabriciano, nell’ultimo bairo prima della foresta che si chiama Corrego Alto. Lavorando, vivendo e condividendo il mio tempo con l´associação Papa Joan XXIII no Brasil.
Tre case di comunità terapeutica: Casa Nossa Senhora de Alegria, Fazenda Bom Samaritano e Casa de Partilha. Cinque case famíglia con almeno 25 tra bambini e adolescenti accolti, un Centro Diurno per sordomuti e una Scuola Creativa tipo il nostro asilo nido. La maggior parte delle persone che vengono accolte dalla comunità hanno vissuti che, solo ad ascoltarli, probabilmente darebbero fastidio alla maggior parte delle persone. Storie di abusi di ogni genere, violenze fisiche, uso di droga, alcool. Vite vissute per strada, segnate da malattie e indifferenza rispetto a qualsiasi forma di prevenzione.
Ecco, le loro storie ci vengono raccontate direttamente dalle persone che incontriamo, dai responsabili delle varie strutture, dal contesto in cui siamo che non fa niente per nascondere questo suo volto. Ci sono stati raccontate in maniera diretta, senza tanti giri di parole, ma non so perché non riesco a guardare le persone attraverso quelle storie. Li vedo attraverso i miei occhi, occhi che cercano la semplicità di un mondo troppo contorto, il fermo immagine di un abbraccio, la spontaneità di un sorriso, che hanno iniziato a capire il valore delle piccole cose.
Cerco di sentirli qui con me adesso e queste energie sono complici, famigliari. A volte vedo rabbia, violenza, sconforto, rassegnazione in quegli sguardi, la furbizia nel cercare di usarti perché sei di un altro “mondo”. L’unica cosa che cerco di fare io è creare uno spazio. Spazio che fa respirare. Le persone che incontriamo fuori di qua non hanno nulla: né famiglia, né assistenza sociale, solo il mondo della strada e della dipendenza.
Mi fermo, li guardo e vedo una parte difficile e cruda della realtà umana.
Che sia vero che molte cose non le capiamo e che “ad ogni giorno basta la sua pena”? Proprio per questo non mi faccio più domande ma penso solo a stare insieme a queste persone, vivere con loro, “bruciarmi” con loro.
E’ Madre Terra, piena delle sue contraddizioni, così come l’uomo che per sentirsi libero si lega e per sentirsi unico e irripetibile si mette in comunione, si condivide. E’ la possibilità di poter vivere un esperienza che ti fa andare nel profondo, dentro le mille difficoltà di questa vita e la benedizione di un cambio di prospettiva che ridimensiona e fa prendere una altra forma a questi vissuti così difficili e ti fa vedere la bellezza attraverso lacerazioni del cuore.

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