Caschi Bianchi Croazia

La Croazia entra in Europa ma dimentica la tolleranza

L’ingresso della Croazia nell’Ue lascia aperte le questioni sui diritti degli omosessuali, vittime di una vera e propria aggressione durante il Gay Pride organizzato a Spalato.

Scritto da Tommaso Menna (Casco Bianco a Vrgorac, Croazia)

Se quella del 10 giugno è stata definita da José Miguel Barroso, presidente di turno della Commissione Europea, come “una giornata storica per la Croazia e per l’Unione Europea”, il giorno successivo ha rischiato di diventare altrettanto storico per lo Stato balcanico, ma in maniera diametralmente opposta: da una parte, infatti, il tanto desiderato ingresso nell’Unione Europea, a cui mancherebbe solo l’approvazione dei Paesi membri, resa poco più di una formalità dal fatto che, come dichiara orgoglioso il Ministro degli Esteri croato Gordan Jandrokovic, “Sono stati soddisfatti tutti e 127 i criteri per il riconoscimento”; dall’altra, l’ennesimo episodio di violenza collettiva contro la comunità omosessuale, stavolta in occasione della parata organizzata a Spalato per l’Europride 2011.

La manifestazione, infatti, ha richiamato all’interno della città dalmata migliaia di oppositori ultranazionalisti che hanno bersagliato i partecipanti, che paradossalmente erano solo poche decine, con cori a dir poco offensivi e, soprattutto, con il lancio di uova, bottigliette di plastica, pietre e persino vasi con all’interno fiori e terriccio; naturalmente solo la presenza di un sostanzioso cordone di forze dell’ordine ha impedito che la situazione degenerasse ulteriormente. Bilancio finale: qualche lieve ferito tra le fila dei giovani con le bandiere arcobaleno, una decina di arresti in quello opposto, ma soprattutto la forte sensazione che il futuro paese comunitario (secondo le indiscrezioni circolate dopo le dichiarazioni di Barroso, la data d’ingresso più probabile sarebbe il primo luglio 2013) abbia ancora tanto da lavorare dal punto di vista della tolleranza dei suoi cittadini, soprattutto verso la comunità omosessuale. A tutto ciò va poi aggiunto il fatto che la manifestazione quest’anno ha avuto luogo per la prima volta a Spalato e non a Zagabria, location con alterne fortune fin dalla prima edizione del 2002, perché si temeva che nella capitale potessero ripetersi gli episodi di omofobia visti negli anni passati!

Eppure la Croazia, ad esattamente due decenni dalla conquista dell’indipendenza, sta facendo di tutto per mostrarsi agli occhi dell’Europa, e non solo, come un paese in fortissimo cambiamento, impegnato a scrollarsi di dosso ogni traccia del suo passato più violento: proprio a questo proposito non sembra un caso che larga parte dell’opinione pubblica croata creda che la vicenda legata all’ex Generale Ante Gotovina, arrestato alle Canarie nel dicembre del 2005 e condannato solo due mesi fa a 24 anni di carcere dal Tribunale Internazionale dell’Aia per crimini contro l’umanità commessi durante la cosiddetta Operazione Tempesta del 1995, sia stato il 128esimo criterio (naturalmente non riportato in nessun documento ufficiale) da soddisfare per l’entrata nell’Unione. A questo punto, però, sarebbe opportuno per l’Europa stabilire un criterio ulteriore: un impegno deciso da parte dell’intero mondo politico croato per sconfiggere l’omofobia ed evitare la ghettizzazione di una comunità di sicuro molto più numerosa delle poche decine di persone bersagliate d’insulti e quant’altro sullo splendido lungomare di Spalato.

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