• Foto dei CB Tatiana Abbonizio e Sara Rovati

Caschi Bianchi Zambia

La rabbia collettiva degli abitanti di Mansa

Gli scontri che lo scorso aprile hanno bloccato completamente per 3 giorni la cittadina di Mansa vissuti in prima persona dai Caschi Bianchi

Scritto da di Sara Rovati e Tatiana Abbonizio

Mansa è una piccola cittadina, capitale della provincia di Luapula. Poche strade centrali asfaltate dove si concentrano la maggior parte dei negozi, circondate da quartieri residenziali, compound e diverse zone di mercato. Subito fuori da questa cittadina, ci si trova in una completa realtà rurale fatta di strade sterrate, strette e dissestate, colma di vegetazione ai margini della quale sorgono piccoli villaggi di capanne di fango e mattoni, con il tetto in paglia, non raggiunti da energia elettrica e da acqua corrente. La sensazione e l’impressione iniziali sono molto positivi, un luogo tranquillo e piacevole, dove si può passeggiare da soli pur essendo stranieri, senza incorrere in troppi problemi, dove le persone ti guardano in modo un po’ strano ma poi sono disponibili, dove tutto è comodamente a portata di mano e facilmente raggiungibile, dove c’è un piacevole continuo rumore di sottofondo  fatto di musica, bambini che giocano, persone che parlano e discutono, macchine che passano.

Ma basta davvero un istante perché la situazione e le sensazioni cambino radicalmente e Mansa si trasformi mostrando il suo lato peggiore: rabbia, scontri, saccheggi, spari durante il giorno e la notte , polizia e soldati che sorvegliano la strada e bloccano l’ingresso e l’uscita dalla cittadina. Questa è la cronaca di ciò che abbiamo visto dal 18 Aprile scorso.

La mattinata di quel giorno era cominciata nel migliore dei modi: prima noi Caschi Bianchi assieme alla nostra responsabile Susan avevamo incontrato il vescovo Merisi, poi avevamo fatto visita ad una ragazza adottata a distanza con il progetto ABA, Adoption By Affilation.

Lungo la strada per raggiungere il villaggio in cui abita Martha ci sono diversi negozi e un piccolo mercato. Non ci sono veri e propri compound, ma si passa quasi direttamente dalla periferia di Mansa alle capanne del villaggio.

Per strada c’è molto movimento, ma sembra un po’ troppo per essere dovuto alla presenza del mercato.

Per continuare il nostro giro di visita dei bambini del progetto ABA ci dobbiamo immettere nuovamente sulla strada principale ma… da sinistra arrivano correndo moltissimi bambini, ragazzi e adulti, urlando ripetono qualcosa in continuazione ma non riusciamo a capire. In brevissimo tempo la nostra macchina è circondata di gente che batte forti colpi sulle portiere e che continua a gridare. Susan chiede spiegazioni ad  un ragazzo. “Pare che stiano rubando dei bambini e, per portarli via, li mettono in macchina” ci dice e noi ripartiamo velocemente.

Guardiamo avanti… strada bloccata! Hanno messo tantissimi rami sulle carreggiate per impedire il passaggio delle macchine.

Siamo costrette a fermarci e di nuovo la nostra macchina è circondata da gente che urla ai quali Susan risponde con lo stesso tono di voce. Una donna dice che possiamo andare, con la macchina passiamo sullo sterrato a lato della strada e poi via veloce verso casa.

Nel pomeriggio Susan, che è uscita, telefona dicendo di tenere in casa i bambini perché la folla di persone sta assaltando e dando fuoco a dei negozi.
Per strada non passa quasi nessuno ed i pochi che si vedono hanno un passo molto veloce, i negozietti davanti casa sono chiusi, il rumore di sottofondo che ci aveva accompagnato nei primi giorni è scomparso.
Dopo un po’ si sente un colpo, sembra un colpo di arma da fuoco ed è seguito da un vocio in lontananza.

Quando Susan rientra insieme ad altre due signore, cerchiamo di capire meglio da loro cosa stia succedendo: “Ci sono tantissime persone in giro per strada, stanno bloccando tutte le macchine che passano. Hanno dato fuoco ad un locale. Un indiano è accusato di essere il mandante degli infanticidi che stanno avvenendo nei villaggi qui vicino e quindi stanno assaltando i negozi di sua proprietà. Hanno anche acceso 2 grossi fuochi, uno vicino al posto di blocco di questa mattina ed uno dall’altra parte della città, vicino al fiume. Tutte le strade principali intorno a casa sono piene di persone e hanno iniziato ad distruggere la palazzina della catena commerciale “AMICO”.

Nel corso del pomeriggio i colpi di arma da fuoco diventano sempre più frequenti e il brusio diventa sempre più forte e costante: sulla strada principale, a 50 metri da casa nostra, si vede la folla che urla inferocita e che guarda in direzione dell`edificio “AMICO”, che si trova a 200 metri in linea d’aria da dove siamo; quella che si vede uscendo appena fuori dal cancello, sembra un scena da film: tantissime persone che entrano nei negozi dell’edificio e portano via di tutto, sacchi di farina, olio, patatine… tutto.
Una camionetta dei soldati arriva sfrecciando sulla strada. Tutti iniziano a correre, scappando con i loro carichi. Davanti a casa nostra alcune persone litigano e cercano di rubarsi a vicenda il bottino.

Gli spari a salve e di mitraglietta si fanno sentire per tutta la notte e anche per tutta la mattinata del giorno successivo. Per sicurezza rimaniamo ancora chiuse in casa.
Verso le 11 si sente il rumore di una macchina e dalla finestra vediamo che è della polizia: il cassone è aperto e ci sono 8 poliziotti seduti in assetto antisommossa. Divisa blu, indossano i caschi integrali, alcuni hanno in mano il manganello, altri il mitra. Si fermano a pochi metri da casa nostra, pensiamo vogliano perquisire le case, visto che in molti hanno saccheggiato i negozi… invece si sentono delle voci, molto probabilmente stanno picchiando un uomo. Il tutto dura pochissimo e la macchina che sfreccia via rapidamente come era arrivata.
Durante l’ora di pranzo torna il silenzio in tutto la città. Pensiamo sia un buon segno e che molto probabilmente gli scontri stanno per finire ma la nostra è pura illusione.
Verso le 15 ricomincia a sentirsi un brusio  questa volta più lontano, dalla nella zona dell’ospedale. Più tardi scopriamo che la folla aveva visto la polizia entrare nell’ospedale e, sospettando che volesse far del male ai feriti ricoverati, si era messa all’ingresso per impedirglielo.
Aspettiamo l’edizione serale del tg nazionale. I primi 20 minuti hanno come protagonista indiscusso il Presidente Banda e tutti i suoi successi e i suoi meriti. Agli eventi di Mansa viene fatto solo un accenno come ultima notizia: “Sono stati arrestate 70 persone tra ragazzi e manifestanti che la scorsa notte si trovavano nella zona commerciale di Mansa. Alcuni sono stati accompagnati in ospedale e non è stato fatto loro nulla di male”. Nessun servizio, fine della notizia e del tg.

Il terzo giorno la situazione sembra molto più tranquilla, gli spari sono rari e sporadici, non si sentono persone vocianti e non si vedono manifestanti. Nel pomeriggio riusciamo ad uscire per brevissimo tempo, 20 minuti al massimo: Mansa sembra un’altra cittadina, tutti i negozi sono sprangati, le strade sono semideserte, il silenzio è surreale, è aperto un solo distributore di benzina e l’unica cosa che viene venduta, a parte questo, sono le copie di oggi del “The post”. C’è un articolo su Mansa a pagina 4, almeno qui viene data una certa rilevanza a quel che è successo in questi giorni e almeno in questo modo riusciamo a comprendere meglio la situazione generale che ha portato a tutto questo.

“Il tutto è iniziato domenica 17 quando è iniziata a girare la voce che l’obiettivo per gli omicidi rituali che stavano avvenendo nella zona di Mansa e dintorni era quello di prendere 200 bambini ed un poliziotto è stato picchiato violentemente da alcune persone infuriate dal fatto che nessuna autorità stesse facendo nulla per difendere la popolazione e arrestare i responsabili. I disordini sono proseguiti lunedì 18 e hanno portato ad un’escalation di violenza, la folla infatti ha bruciato vive 3 persone: un ragazzo ventenne, Kelvin Mwape, un non meglio identificato uomo di mezza età (entrambi zambiani) e il maggior investitore e manager della catena di negozi Amico, un congolese conosciuto da tutti con il nome di Walite. Altre 2 persone sono state gravemente ferite e sono state ricoverate presso l’Ospedale Generale di Mansa. La polizia è stata costretta a bloccare 6 bus provenienti da altre città per proteggere i passeggeri in quanto le strade principali di accesso erano state bloccate dai rivoltosi attraverso falò mentre nel centro della cittadina molti negozi a marchio “Amico” venivano saccheggiati e successivamente bruciati insieme ad un night club e ad una guest house. Sembra che la folla inferocita abbia preso e attaccato qualsiasi uomo d’affari che si sospettasse fosse coinvolto negli omicidi. L’Ispettore Generale della Polizia Francis Kabonde afferma però che le voci circa gli omicidi rituali sono false e che nessuno dei residenti ha mai riportato fatti relativi a tutto ciò o ha presentato alcuna prova al riguardo;afferma invece che, se arrestati, i responsabili avranno, tra i diversi capi d’accusa, sicuramente l’omicidio e danneggiamento di proprietà private. Nel corso della giornata i disordini e gli scontri si sono allargati anche ad altre zone (Senama e Kalaba), prendendo sempre di mira proprietà e abitazioni dei presunti responsabili o di persone a loro vicine” [1].

Note:

[1] The Post, Mercoledì 20 Aprile, articolo scritto da Simon Mutuna a Mansa e Mutale Kapekele e Ernest Chanda a Lusaka.

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