Caschi Bianchi Palestina / Israele

Israele/Palestina – Apg23

Volontari richiesti: 3 – I volontari saranno inseriti nell’organico della ong Aic (Alternative Information Centre) a Gerusalemme ovest e nell’ufficio di Beit Sahour, OPT.

Scritto da Redazione Antenne di Pace

VOLONTARI RICHIESTI: N°  3

1. SEDE DI REALIZZAZIONE DEL PROGETTO:
I volontari saranno inseriti nell’organico della ong Aic (Alternative Information Centre) a Gerusalemme ovest e nell’ufficio di Beit Sahour, OPT.

2. DESCRIZIONE DEL CONTESTO SOCIO POLITICO ED ECONOMICO DEL PAESE DOVE SI REALIZZA IL PROGETTO:
Informazioni generali

Denominazione del paese: Israele e Territori Occupati Palestinesi (OPT)
Superficie territoriale: 20.770 Km2
Capitale: Tel Aviv (Israele), Ramallah (Cisgiordania), entrambi i popoli hanno proclamato Gerusalemme come propria capitale
Popolazione: 7.112.359 (Israele), 2.407.681 (Cisgiordania), 1.500.202 (Gaza)  (2009 est.)
Mortalità infantile: 19 morti/1.000 nascite (Gaza) 16.51 morti/1.000 nascite (Cisgiordania), 6 morti/1.000 nascite (Israele) (Italia: 5,7 per mille)
Popolazione sotto la soglia di povertà: 46% (Cisgiordania), 80% (Gaza), 23,6 % (Israele) (2006)
Religione principale: ebraismo 78,1 % (Israele)
Lingua ufficiale: ebraico e arabo
Governo: Repubblica parlamentare
Divisione amministrativa: 6 distretti
Indipendenza: 14 Maggio 1948

Contesto Politico – Sociale – Economico

In Israele ci sono circa 6 milioni di abitanti (dati del 2006), di cui l’80,1 % ebrei, e 19,9% arabi. Le religioni professate sono oltre alla maggioranza ebraica, quella musulmana (15,1% della popolazione) e  cristiana (2,1% della popolazione).

I Palestinesi, popolazione di origine araba a maggioranza musulmana (ma con un’influente componente cristiana) vivono per la maggior parte nei Territori Occupati e in campi profughi in patria o all’estero. Le tensioni politiche interne provocate dai conflitti tra il gruppo politico di Fatah, fondato dal leader storico Yasser Arafat, e il gruppo di matrice islamica Hamas che nell’estate del 2007 hanno portato alla secessione del potere amministrativo tra Gaza (dove Hamas ha stabilito un governo “de facto”) e la Cisgiordania (dove governa Fatah). Queste divisioni hanno ripercussioni a livello sociale e rendono la situazione sempre più difficile. Le condizioni precarie in cui la popolazione palestinese è costretta a vivere, tuttavia, dipendono principalmente dalle restrizioni di libertà causate dall’occupazione militare israeliana. I principali problemi politici irrisolti rimangono il diritto al ritorno dei profughi palestinesi e la sovranità sulla parte orientale di Gerusalemme.

Dal gennaio 2009, in seguito all’operazione militare israeliana Piombo Fuso, la situazione politica e sociale dei Territori è andata degenerando. L’instabilità  politica sta portando a un ritardo delle prossime elezioni amministrative. Negli ultimi mesi sembra esserci un riavvicinamento tra Fatah e Hamas. Inoltre le trattative per un dialogo di pace sono state riaperte da mediatori internazionali quali la Turchia, l’Egitto e gli Stati Uniti. Tuttavia la situazione non sembra ancora aver portato a miglioramenti concreti (Fonte: Banca mondiale, febbraio 2010).

La principale attività  economica israeliana è l’esportazione di prodotti nei seguenti settori: tecnologia avanzata, software, armamenti, diamanti lavorati, prodotti agricoli, prodotti tessili e chimici .
Secondo alcune stime recenti (Banca Centrale d’Israele) si è registrato nel Paese un incremento della povertà (gli israeliani sotto la soglia di povertà sono triplicati negli ultimi tredici anni). Le elevate spese per la difesa (9,2 % del PIL – l’Italia è al 1,6%), inoltre stanno portando verso la più grave crisi economica che Israele abbia mai conosciuto nella sua storia. In assenza di  risorse naturali significative, Israele ha diretto i propri investimenti nei settori di ricerca e sviluppo (R&D) secondo un modello mutuato dall’imprenditoria occidentale. Nonostante la crisi economica e la capitale Tel Aviv resta uno degli agglomerati urbani più ricchi del mondo e con una concentrazione di impiego nell’alta tecnologia superiore a Sidney. La forza lavoro dell’economia israeliana è composta prevalentemente dalla recente immigrazione che ha sostituito la manodopera palestinese, la cui possibilità di movimento è fortemente bloccata dalle misure di sicurezza.

La situazione economica palestinese è vicina al collasso in quanto la maggior parte della popolazione lavorava in Israele. In seguito alla Seconda Intifada, nel 2000, i lavoratori palestinesi, impiegati soprattutto nel settore delle costruzioni, hanno perso il loro impiego in Israele. A causa delle misure di sicurezza e delle conseguenti restrizioni di movimento per la popolazione la disoccupazione ha raggiunto la soglia del 43% in Cisgiordania e di oltre l’80% a Gaza.

Le principali attività  economiche come l’agricoltura e la pastorizia e tutte le piccole e medie imprese che gravitano attorno a questi settori hanno subito ingenti danni dal 2000.

Uno dei settori maggiormente colpito è quello legato allo sfruttamento degli uliveti: interi ettari di piante vengono sistematicamente  distrutti dalle forze militari israeliane occupanti e questo rende impossibile poter sperare in un investimento futuro di questa attività.

Un’altra delle principali fonti di entrata per i palestinesi, il “turismo religioso” è in forte diminuzione a causa dei timori rispetto all’incolumità dei viaggiatori. Inoltre, il settore è quasi totalmente in mano a Israele che impiega guide e stringe accordi solo con determinati commercianti o ristoranti tagliando fuori le piccole imprese turistiche palestinesi.

I territori Palestinesi (OPT) in questo momento vivono di solidarietà internazionale, soprattutto dell’Unione Europea. Dal 2007 la Striscia di Gaza è  sotto embargo economico e con l’attacco militare israeliano del dicembre 2008 le principali infrastrutture economiche hanno subito pesanti danni. Secondo le stime della Banca Mondiale, la popolazione (un milionee mezzo circa) potrebbe affrontare a breve una forte crisi umanitaria.

3. DESCRIZIONE DEL CONTESTO TERRITORIALE E SETTORIALE:

Il contesto territoriale entro cui si realizza il progetto è concentrato tra il distretto di Betlemme (OPT) e Gerusalemme Ovest (Israele). Tuttavia i volontari internazionali, la cui mobilità non è limitata da particolari restrizioni (a differenza di quella dei cittadini israeliani e palestinesi)La diffusa propaganda informativa legata al conflitto, in entrambe le società, costituisce un circolo vizioso che negli anni ha portato a ripercussioni negative nel dialogo e nella costruzione di relazioni, fino a degenerare in episodi di violenza.

L’instabilità politica, caratterizzata dalla divisione interna delle fazioni politiche palestinesi di Fatah e Hamas nei territori e dall’ aumento di consenso nei confronti della destra radicale israeliana segnata dalle recenti elezioni, ha ristretto ulteriormente gli spazi di dialogo tra i due popoli.

Inoltre, dopo l’operazione militare israeliana del dicembre 2009, Piombo Fuso (vicenda ampliamente condannata dal rapporto Goldstone delle Nazioni Unite) le relazioni politiche e la diplomazia internazionale sembrano essersi arenate.

È necessario pertanto creare occasioni di incontro e garantire spazi di intervento partendo dal dialogo fra esponenti della società civile quali operatori delle Ong ma anche giovani, donne e volontari internazionali., hanno la possibilità di svolgere le proprie mansioni in diverse zone della Cisgiordania e di Israele.

L’area di intervento del progetto è l’educazione e promozione culturale e risponde al seguente bisogno:

  1. L’ opinione pubblica, sia israeliana che palestinese, non sono consapevoli di cosa effettivamente accade “dall’altra parte”. Una legge impedisce agli israeliani di recarsi nei territori palestinesi e allo stesso tempo il completamento del Muro di Separazione impedisce ai palestinesi di entrare in Israele. Emerge quindi una necessità impellente non solo di fornire una informazione corretta ma anche di fare in modo che questa informazione possa essere un terreno fertile su cui costruire percorsi di promozione dei diritti, della democrazia e della tolleranza al fine di sviluppare uno spirito di reale solidarietà e di accompagnamento verso percorsi di liberazione dalla violenza e dall’oppressione.

5. OBIETTIVI SPECIFICI DEL PROGETTO DI IMPIEGO, IN AGGIUNTA AGLI OBIETTIVI GENERALI ESPRESSI NEL TESTO COMPLETO DEL PROGETTO:
OBIETTIVO 1:

Produrre informazione alternativa riguardante il conflitto Israelo -Palestinese

OBIETTIVO 2:

Qualificare gli interventi destinati a promuovere una cultura di pace, solidarietà, collaborazione, nonviolenza e rispetto dei diritti umani fondamentali.

6. DESCRIZIONE DEL PROGETTO:
L’Alternative information Center in partnership con l’Associazione Papa Giovanni XXIII opera nel settore dell’informazione alternativa sul quale investe uno sforzo significativo.

Oltre al servizio d’informazione quotidiana, agli speciali multimediali e alle sezioni in lingua inglese, ebraica, araba, spagnola e italiana, l’AIC cura pubblicazioni di approfondimento (i fascicoli “The economy of the occupation”) e un rapporto bimestrale sulle violenze attuate dai coloni israeliani nei Territori palestinesi. L’associazione propone inoltre uno spazio d’incontro bisettimanale, l’AICafé, presso l’ufficio di Beit Sahour, in cui le tematiche legate al conflitto sono affrontate attraverso l’ascolto di docenti dal mondo accademico, membri di associazioni, artisti e rappresentanti delle differenti realtà della società civile israeliana e palestinese.

Particolarmente rilevanti sono i progetti, a breve o a lungo termine, di advocacy (protezione e sostegno dei diritti umani) che l’AIC porta avanti da anni.

In questo quadro, si inserisce il servizio dei caschi bianchi in servizio civile che trascorrono 9 mesi presso le redazioni dell’Alternative Information Center a Gerusalemme e Beit Sahour.

La presenza di giovani volontari internazionali grazie ai quali nascono incontri, scambi, confronti continui e di conseguenza un valido arricchimento per gli israeliani, i palestinesi e gli europei.
La scommessa che questi stessi giovani internazionali, in quanto terza parte neutrale, possano porsi come risorsa valida per un’informazione reale, che racconti la quotidianità di una situazione, altrimenti portata alla ribalta dei media nei suoi aspetti spettacolari e violenti, che non aiutano la comprensione delle cause e la ricerca di strumenti negoziali veri e risolutori.

7. MESI DI PERMANENZA ALL’ESTERO ED EVENTUALI PARTICOLARI OBBLIGHI DEI VOLONTARI DURANTE IL PERIODO DI SERVIZIO:
Il progetto “Caschi Bianchi – corpo civile di pace 2010” richiede ai volontari un periodo di 9-10 mesi continuativi di servizio all’estero.

Non ci sono particolari obblighi a cui sono soggetti i volontari; tuttavia, viste le caratteristiche del progetto e dell’ente, ai volontari viene richiesto:

  • elevato spirito di adattamento;
  • flessibilità oraria;
  • disponibilità ad impegni durante i fine settimana;
  • disponibilità a partecipare a incontri di sensibilizzazione e di testimonianza al termine della permanenza all’estero;
  • disponibilità a partecipare ad un modulo di formazione comunitaria e residenziale prima della partenza per l’estero.
  • Formazione italia residenziale
  • Regole strutture
  • Usi e costumi locali

8. PARTICOLARI CONDIZIONI DI DISAGIO PER I VOLONTARI CONNESSE ALLA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO:
Non ci sono particolari condizioni di disagio, fatte salve le problematiche legate al conflitto.
Si richiede, però, di rispettare lo stile di vita dell’associazione, basato sull’ essenzialità e sulla sobrietà. La coerenza con questi valori è essenziale per vivere a pieno la condivisione diretta con le persone più povere ed emarginate che si incontrano. Tale stile di vita proposto può condizionare la gestione del tempo e degli spazi, di conseguenza, nella maggior parte delle strutture della comunità, può risultare difficile raggiungere condizioni di perfetta privacy.

Note:Per leggere l’intero progetto e per sapere a chi inviare la candidatura:
www.odcpace.org

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