Caschi Bianchi Timor

La nazione più giovane del mondo

Un Paese lontano, dove “tutto è diverso”: dalla gente, all’economia, dalla cultura alla società. Addirittura fuori dal mondo, segnato dalle guerre, lotte e conflitti. Fotografia di Timor fatta da un volontario impegnato in un progetto educativo.

Scritto da Gionata Carlino

Polvere, palme, bambini che giocano in strade fangose, persone sedute al bordo della strada che guardano il mondo scorrer davanti a loro, un sole impietoso, un calore opprimente, macchine dell’UN in ogni dove, un odore di pace ancora remoto, tutto fermo la domenica per la messa, un mare bellissimo e posti ameni. La nazione più giovane del mondo, dilaniata da troppi conflitti; prima per l’indipendenza dai portoghesi e, dopo una settimana dall’avvenuta liberazione, l’occupazione massiccia, violenta e brutale del gigante indonesiano, mentre il mondo stava a guardare.

Il problema di Timor è il petrolio, il suo mare ne è ricco e per il petrolio come si sa, le pallottole si possono anche sprecare. Ricordo una frase scritta su di un muro del Burkina Faso; no gold, no war. Questo sintetizza tutto.

Qui come ovunque, l’avidità umana non si dà pace.

Ma è questo che salta all’occhio: di essere in una nazione appena uscita da un conflitto, e vibra nell’aria statica e umida questa sensazione di fragilità, questo stallo morboso che si evolverà in nuove tensioni. Tutto ciò è percettibile, e spesso, la sera, la gente divisa per clan, combatte, e volano pietre e crescono tensioni partorite da non si sa quale ideale politico. I prezzi qui sono assolutamente incredibili e la moneta ufficiale è il dollaro, l’economia inesistente, infatti l unica produzione di Timor è il caffè, di ottima qualità, coltivato con metodi tradizionali e rispettosi dell’ambiente. Il resto è tutto importato, maggiormente dall’Indonesia, dall’Australia e dall’America. Anche l’acqua.

Il turismo non esiste, perché non esistono infrastrutture per supportarlo, e i prezzi sono incomparabili rispetto all’Indonesia dove si trova un albergo decentissimo per 10 dollari, mentre qui ne servono 70.

L’economia ora è in mano agli UN che vivono qui, che non hanno sicuramente problemi economici! Tra due anni dovrebbero lasciare lo stato, cosa succederà? C’è interesse nel fatto che loro rimangano perché è il primo incoming di questa economia.

Quando lasciarono lo stato nel 2006 per la prima volta, tutto crollò e iniziarono subito  feroci tafferugli, acri e violenti, i lanci di pietre e i vari spargimenti di sangue. Si ripeterà nuovamente tutto?

Io penso sia probabile ma questa è solo una mia opinione.

Il governo ha scelto come lingua ufficiale il portoghese, ma qui nessuno lo sa; le lingue parlate, sono l’indonesiano e il Tetum. Per il resto è il  vuoto.

Nelle menti dei ragazzi a cui insegno vi è il nulla, a parte la religione. Non c’è una minima concezione della geografia, non sanno dove sia situata l’Africa. La storia? Non sanno della seconda guerra mondiale, anche se Timor  era occupata dai giapponesi a quel tempo. Non sanno cosa sia un film d’autore o un’opera d’arte, ed insegno in una università, non in un asilo nido. Questo è molto grave, infatti penso che la prima necessità di questo paese sia la concezione di un’esistenza altra del mondo, di un oversea che vive e che respira con tutte le sue abitudini e le sue diverse culture, le sue diverse religioni.. Non sanno neppure che esiste una religione protestante, anche se è una religione cattolica e la bibbia è lo stesso libro per tutti. Non sanno nulla dell’islamismo o che si sta consumando una stupida guerra in Afghanistan o dell’attacco alle twin towers, o del terrorismo islamico. Non sanno chi è il presidente degli USA…

Ecco qui manca il senso critico, in tutto, il porsi domande.  Da noi che siamo agli antipodi, forse ne si pone troppe, ma qui non si chiede nulla. Si prende ciò che si ha senza farsi questioni. Conoscendo l’Africa e l’India, ho metri di misura e posso dire che son ben diverse da Timor: in quelle bellissime nazioni infatti c’è una diversa consapevolezza della conoscenza!

Ma più viaggio e meno ho paura del diverso: dell’immigrato! Il razzismo di fatto è frutto solo dell’ignoranza, del non sapere. Ed esprimo questo concetto dopo la vittoria di partiti xenofobi nella mia regione in Italia, cosa che mi lascia molto amareggiato…

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