Caschi Bianchi Cile

Gli dèi della luce

Leggenda Mapuche

Scritto da Gruppo caschi bianchi a Santiago del Cile

Prima che i Mapuche scoprissero il fuoco, vivevano sulle montagne in grotte che chiamavano “case di pietra”. Timorosi dei cataclismi, i loro Dei e Demoni erano luminosi. I Mapuche credevano che i loro antenati rivivessero nella volta celeste notturna. Ogni stella era un nonno illuminato. Il Sole e la Luna davano vita alla Terra come Divinitá benevole. Li chiamavano Madre e Padre. Non conoscevano il fuoco, perché non sapevano accenderlo, così divoravano crudi i loro alimenti. Per proteggersi dal freddo della notte, si avvicinavano ai loro animali. Avevano orrore dell’ oscurita perché era segno di malattia e morte.

In una di queste grotte viveva una famiglia. Caleu, il padre, Mallén, la madre e Licán, la figlia. L’estate stava finendo e una mattina tutte le donne salirono al monte per cercare frutti per il periodo invernale. Scalarono la montagna. “Porteremo pinoli e nocciole”, disse Mallen. “Porteremo radici e frutti” aggiunse Lican. Caleu raccomandó alle donne di tornare a casa prima del calar della notte. “Se ci soprafará la notte, ci rifugeremo in una grotta lassù nel bosco”, lo tranquillizzó Mallen.

Non si resero conto di come passarono le ore, però il sole cominciò a tramontare e senza che potessero rendersene conto, scese la notte. Spaventate, le donne presero i bambini per mano. “Scendiamo scendiamo”, urlavano le donne una con l’altra. “Non faremo in tempo, ci prenderà la notte e l’oscurità e ci perderemo per sempre”, avvertì Mallen. “Che facciamo quindi?”, disse la nonna Collalla. “Io so dove si trova una grotta qui vicino, non abbiate paura”, disse Mallen.

Guidò le donne con i loro bambini per un sentiero roccioso. Quando arrivarono alla grotta era giá scesa la notte. “Andiamo, entriamo nella grotta, dormiremo vicine per proteggerci dalla paura”, disse Mallen. Entrarono nella grotta con difficoltà, un forte rumore sotterraneo le fece abbracciare e invocare il Sole e la Luna, i loro spiriti protettori. Al rumore seguì una spaventosa scossa che fece cadere una parte del tetto della grotta. Il gruppo si gettò a terra, terrorrizzato. Quando il terremoto passò, la montagna continuò a tremare come il corpo di un animale nervoso. Le donne toccarono i loro figli, nessuno era ferito. Respirarono e guardarono verso l’entrata della grotta.

Improvvisamente cadde una pioggia di pietre che, scontrandosi l’una con l’altra, formavano scintelle. “Guardate”, disse Mallan, “Pietre di luce”. “I nostri antenati ci hanno mandato questo regalo”. Come lucciole, in un istante le pietre arrivarono al colle e con le loro scintille incendiarono un enorme albero secco che si ergeva in fondo ad un burrone. Il fuoco illuminò la notte e le donne si tranquilizzarono nel vedere la luce. “Le stelle con il loro spirito protettore mandarono il fuoco per far sì che non avessimo paura”, disse la nonna Callalla. Il gruppo contemplò le fiamme come se fosse venuto lo stesso Padre Sole ad accompagnarle. Subito dopo arrivarono gli uomini a cercare le loro donne e i bambini. Caleo si avvicinò all’incendio e raccolse una fiamma ardente. Gli altri lo imitarono e una processione scintillante scese dal colle fino alle loro case. I giorni seguenti, ascoltando la storia delle pietre che emettevano scintille, gli indios scesero a raccoglierle e a strofinarle insieme a rami secchi, iniziando cosi ad accendere piccoli fuochi.

Avevano scoperto la pietra focaia. Avevano scoperto come accendere il fuoco. Da quel giorno i Mapuche iniziarono ad utilizzare il fuoco per illuminare le loro notti, scaldarsi e cucinare i loro alimenti.

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