Caschi Bianchi Mauritania

La storia del calamaro e del gambero

Riflessioni e prime impressioni di un ex casco bianco che lavora attualmente per il CISS ( Cooperazione Internazionale Sud Sud) in Mauritania

Scritto da Elmar Loreti

Il calamaro arriva sulla tavola azzurrina, andando a fare compagnia a un crisantemo di plastica e alla sua dolce, occasionale, metà: il gamberetto. Uno è vestito di bambù e funghi, tagliato in forme stravaganti; l’altro, più festoso se vogliamo, fa capolino dietro a una tenda colorata di spaghetti di riso, giocando a nascondino con le verdure.

Li guardi e li vedi che sono contenti, la loro non è una semplice scappatella, è una storia d’amore.
Finiranno la serata a casa dell’uno o dell’altro?
Vista la magnitudine delle porzioni ho optato per invitarli a casa mia a passare qualche giorno in un ambiente che, praticamente, non hanno avuto il tempo di conoscere: il frigorifero.

Qui, ladies and gentlemen, la bontà e la freschezza dei granchi sfidano Zanzibar; più in generale, la densità di crostacei non trova eguali in nessun’altra parte dell’Africa, e anche al mondo credo siano pochi i mari più pescosi. Non solo per quanto riguarda calamari, gamberetti e aragoste.
Qui c’è il pesce. Tanto pesce.
Così tanto che le concessioni di licenze per lo sfruttamento ittico a paesi terzi (Spagna, Italia, Francia e Cina) sono, assieme al ferro di Zouerat, la principale fonte di introiti per le casse dello Stato.
Il pesce si vede, da queste parti, in tanti modi diversi: c’è il mercato a Nouakchott, che la Lonely Planet mette al primo posto fra gli Highlights della Mauritania.
“Non provare nemmeno a pensare di lasciare la città senza una visita al coloratissimo Mercato del Pesce” (1). Dice la fida guida e in effetti c’è da crederci: una fila pressoché ininterrotta di piroghe dagli scafi colorati che si scrostano al sole, inni ad Allah e a Bob Marley; Reggae e Islam, tipo Stockeley Carmichael.
Qui la Mauritania si mostra nelle sue due (3, anzi 4 anzi svariate, ben oltre la vulgata corrente al riguardo) facce: Conakry, Abidjan, Lomé, Bissau, ma anche Monrovia e Freetown, e soprattutto Dakar e Saint Louis disputano un pezzo di sovranità alla Mauritania, appropriandosi della spiaggia battuta da correnti così forti e redditizie. I Mauri, gente del deserto, che vedeva nel mare solo un posto in cui scaricare la merce trasportata attraverso il Sahara, hanno consentito ben volentieri a quella piccola limitazione della loro sovranità.
E con un’altra “piccola” limitazione alla sovranità, hanno fatto milioni di dollari, ben oltre ciò che può essere ricavato dalle piccole piroghe che, comunque, tornano con quintali di pesce ogni giorno, tanto che la sera l’invenduto è lasciato a terra, per la felicità di bambini di strada, gatti e povera gente.
Pesca d’altura.
La Spagna, chiaro, per opportunità geografica: il braccio di mare fra la costa mauritana e Las Palmas è relativamente breve e da entrambi i lati si gode di una fruttuosa collaborazione.

Una ragazza grida in una lingua che non conosco, andando su e giù nervosamente. Capelli corvini e occhi a mandorla pieni di rabbia verso il marito: succede tutti i giovedì, a quanto pare.
Un’altra ragazza, viso sdentato e trucco esagerato, si prodiga in un massaggio a Capitan Findus che sta mangiando aragosta e finendo una bottiglia di Rioja.
O meglio, alla vera faccia di Capitan Findus: un vero lupo di mare.
Arroganza dei bianchi. In Zambia la vedevo nelle facce degli Afrikaner, qui la vedo negli Spagnoli.
Il suo amico, stessa faccia scavata dal vento, stesso fisico, non per niente, da marinaio, si lascia vezzeggiare da un’altra ragazza, anche lei occhio a mandorla, vestito vistoso e faccia dipinta.
Un marinaio, con i favoleggiati appetiti sessuali di un marinaio.
Un puttaniere. Le donne locali, per ragioni di religione, di onore e di sindrome da piccolo villaggio, non lo fanno, lasciando il campo, in un’altra autolimitazione metaforica di sovranità, alle donne che vengono di là dal fiume Senegal o dalla Cina.
Sorseggi una birra, una Budweiser prodotta in Cina (veramente eh, con tanto di scritte in cinese), e ripensi a certi preconcetti:

“Dopo il colpo di stato militare del 6 agosto, la situazione politica e di sicurezza rimane relativamente instabile e si segnalano sporadici scontri tra le Forze Armate e frange di vari movimenti terroristici locali. Permane consistente il rischio di atti terroristici nel Paese.
Pertanto sono sconsigliati viaggi se non assolutamente necessari in Mauritania”(2).

Non è vero, semplicemente la storia non è questa, non è solo questo. Non è niente di nuovo, anzi, è in buona sostanza il motore della storia. Ce l’ha detto Tolstoj (3): c’è il mondo della Pace e il mondo della Guerra. La Guerra sono le persone importanti, o meglio, quelle che si credono importanti, che vivono sui conflitti che creano, in tutti i sensi: li creano dove fa comodo o li fomentano: distinguono, spaccano, aizzano. Cercano di portare l’altro mondo, la Pace, sul loro: cercano di portare la gente sul piano politico, sul palcoscenico della loro piccola grande Storia.
Cercano di portare la gente nella Storia, in quella Storia con la S maiuscola che, normalmente, significa conflitto, conflitto reale o anche solo potenziale; non dimentichiamo che stiamo parlando della Storia con la S maiuscola, capace di creare scontri di civiltà ad uso e consumo di un’elite dominante.
Mai una volta che impariamo, malgrado tutto. Malgrado il Ruanda, malgrado l’Angola, ma anche malgrado l’Irlanda del Nord, la Spagna, la Palestina…. L’Italia, di ieri e di oggi.
Mai una volta che capiamo che l’importante non è la Storia, ma la storia. La storia minuscola, la storia d’amore, senza stupri, infibulazioni, ingrassamento forzato, matrimonio minorenne, maltrattamenti. Amore e basta.
Quante volte se ne sente parlare in Europa?
Quanto volte abbiamo assistito, magari entrando al volo in un baretto per una ricarica del telefono, alle discussioni, appunto, da bar, degli avventori?
Mai che qualcuno ti racconti che questo succede anche in Africa.
Eppure è bello guardare una partita con gli amici al bar anche qua: magari non è proprio la Champions League ma Algeria-Gambia, finale di Coppa d’Africa under-17, appassiona lo stesso.

“Sei gambiano?” chiedo al ragazzo a fianco a me che esulta al goal del Gambia.
“No no, sono di Conakry, però dai, siam tutti uguali, siam tutti Soninké…e poi come potrei tifare Algeria?”
Beh in effetti anch’io provo simpatia per il piccolo Gambia, Davide under-17 contro il Golia , algerino. Un po’ come quel Germania-Danimarca, l’Europeo di cui parla Brizzi (4).
Qualcuno sapeva che anche questo succede?

Eh no, da noi si sa che qua c’è la schiavitù, che in effetti è stata abolita ufficialmente solo negli anni ’80 (del ‘900), la Storia. Da noi però si dimentica la storia, la piccola storia, della guardia privata fuori dal cancello del nostro resort con vista sul tramonto Africano: lui viene pagato con il vitto e l’alloggio, sarà poi lui che dovrà ingegnarsi a vendere ricariche telefoniche per tirar su due soldi.
Lo sapevamo?
Se non sbaglio la definizione di schiavitù è lavoro sovvenzionato solo dalla fornitura dei beni essenziali.
Quindi la schiavitù non c’è nella nostra piccola storia, non la vediamo, ci voltiamo verso la Storia per vedere la grande schiavitù degli altri, quelli cattivi, quelli che non bisogna andare a visitare, quelli che non bisogna accogliere.
Quindi mi chiedete delle donne fatte ingrassare di proposito e vi dico sì, certo che ci sono! E’ una Storia vecchia ormai. Qualcuno vi ha detto che ci sono anche le palestre (severamente vietata l’entrata agli uomini)? E’ una piccola storia.
Questo non è vero solo per le cose tendenzialmente positive, da quadretto gioioso, vale anche per gli aspetti negativi. Parlo dei veri aspetti negativi, quelli che fanno parte della vita comune, della storia.

Vige la Sharia (5), dice il nostro preoccupato Ministero degli Esteri. Chissà che paura avrà la gente di andare in giro; con leggi così draconiane chi avrà il coraggio di commettere un’infrazione?
Chiedetelo al poliziotto all’incrocio fra Charles De Gaulle e Nasser, quanto la gente rispetta il codice della strada in questo paese chiuso e repressivo.
Magari fosse un paese repressivo, viene da dirsi.
Certo, lo stesso comportamento è tenuto in quasi tutte le relazioni sociali e questo un po’ logora, se non si è bravi a farci l’abitudine.
Vige la Sharia perché è vietata la commercializzazione e la vendita di alcolici.
La Storia del paese proibizionista; la storia della’amico mauritano che non beve ma che tiene una bottiglia di whisky in casa nel caso vengano a trovarlo dei nasrah.
La storia dei bar con lo spioncino per controllare chi vuole entrare.
Il puzzle di uno dei Castelli della Loira, contornato da luci intermittenti, a fianco di un bel vaso di crisantemi finti è ancora un’altra storia.
Cosa fanno i cinesi qua?
Anche qua?
Voi lo sapevate?

Sono tutte piccole storie, storie allegre e storie tristi, storie da raccontare così, al bar con gli amici mentre brindi con un tè al secondo goal del Gambia o al ristorante, mentre un calamaro e un gambero fanno l’amore nella tua bocca al suono del litigio settimanale dei ristoratori cinesi.
Note:

1. Lonely Planet: Africa (2007) pag. 424
2. http://www.viaggiaresicuri.it/index.php?mauritania
3. Lev Tolstoj, Guerra e Pace (1869)
4. In Jack Frusciante è Uscito dal Gruppo
5. Il complesso di norme religiose, giuridiche e sociali direttamente fondate sulla dottrina coranica

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