Brasile Caschi Bianchi

Il piccolo Brasile sta crescendo!

A un anno dall’accordo sulla canna da zucchero tra Lula e Bush, si registrano in Brasile gli effetti negativi della folle scelta di seguire ciecamente il cammino della crescita economica, calpestando la cultura e la lotta dei contadini brasiliani.

Scritto da Davide Marco Giachino

Il piccolo Brasile, fino a poco tempo fa “immaturo e arretrato”, finalmente si è fatto un bel ragazzotto: sta proprio crescendo! E lo dimostrano tutti gli indici di sviluppo economico degli ultimi anni, soprattutto il più famigerato e portatore di verità: la crescita del PIL, uno delle più alte di tutto il mondo. Pure nell’ambito della cooperazione internazionale, le ONG che operano in questo paese hanno sempre più difficoltà a trovare finaziatori per i loro progetti: ormai il Brasile è un paese quasi sviluppato. Un bel ragazzotto, insomma!

Eppure, passeggiando per le strade di Rio de Janeiro, o guardando le centinaia di favelas dall’alto del Corcovado, tanta ricchezza non sono proprio riuscito a vederla. Bah, forse sono io che ci vedo male. Infatti, non solo il Brasile sta crescendo molto, ma sta pure crescendo bene perché si è scelto come adulto di riferimento, come educatore, per così dire, niente meno che gli Stati Uniti d’America. Questi, come tutti i papà, ogni tanto lo sgridano e gli danno qualche ceffone (ma quelli ci vogliono, ne va della sua buona educazione!), ma sanno pure essere affettuosi e, come nel caso dell’accordo sulla canna da zucchero, gli tende una mano per aiutarlo.
Il 6 marzo del 2007, Bush e Lula hanno firmato un accordo per investire insieme nella ricerca dei biocombustibili e per la produzione di enormi quantità di canna da zucchero. Il presidente USA, quel giorno, spiegò ai media che quell’accordo sarebbe servito a far uscire il proprio paese dal petrolio, a renderlo indipendente dalle decisoni dei produttori e dalle oscillazioni del mercato. Inoltre, si sarebbe contribuito al miglioramento della qualità del ambiente: due piccioni con una fava! Dal canto suo, Lula disse che quella collaborazione, oltre a ridurre l’inquinamento, avrebbe contribuito a democratizzare l’accesso all’energia, a ridurre la disoccupazione in Brasile e ad aumentare il reddito delle famiglie: bé, questa fava deve essere ben grande: ora sono quattro i piccioni!

Mah! Passi che io non ci veda bene, e che quindi in realtà per le strade di Rio non ci sia più povertà, ma questa volta mi sembra troppo: più che una fava mi sembra una favola, una bella storia da dar a bere al mondo intero, ma soprattutto ai brasiliani! Qualcuno ha detto loro quanti ettari ci voglio per produrre una quantità modesta di biocombustibile? Gli hanno detto che se in Italia volessimo produrre abbastanza per sostituire il 20% della benzina con biocombustibili non ci sarebbe più spazio per coltivare neppure un cavolo? Altro che arance di Sicilia e uva del Monferrato. E quanta acqua bisognerebbe usare? Qualcuno lo ha anche solo accennato? E quanti fertilizzanti? Alla faccia della tecnologia pulita. Non mi sembra che Lula abbia spiegato che, per produrre una quantità significativa di biocombustibili, non solo bisognerà ridurre ulteriormente la produzione di cibo c coseguente aumento dei prezzi (in Brasile si muore ancora di fame), ma pure abbattere un altro pezzetto di Amazzonia (massì, c’è n’è ancora così tanta!). Però, il presidente del Partido dos Trabalhadores e del Brasile, ha ben sottolineato che non solo l’accordo aiuterà a ridurre l’effetto serra, ma, visto che la produzione di canna non sarà fatta dai soli grandi proprietari terrieri, servirà pure ad aumentare il reddito dei piccoli produttori. Questa sì che è una bella notizia: almeno i contadini avranno abbastanza soldi per comprarsi uova, carne e riso, ovvero ciò che loro stessi avrebbero potuto produrre!
Bravo Brasile, continua a crescere, e se mangi tanta canna da zucchero vedrai che diventerai un bell’ometto!

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