• Cb Apg23, 2008

Caschi Bianchi Cile

Carmen e le sue meraviglie

Chi vive nella povertà estrema riserva ai suoi ospiti occidentali sorprese e meraviglie, che fanno bene all’anima. L’incontro di Cristina.

Scritto da Cristina Zimara

Tutti i martedì sera dopo il lavoro al centro comunitario Acuerela svolto con i bambini di strada, abitualmente mi reco con altri ragazzi a condividere con persone in difficoltà cibo, affetto, e meraviglia.

Sembra ridicolo pensare a cosa ci può essere di meraviglioso in un contesto povero di tutto, perchè la casa di Carmen non ha luce, non ha acqua corrente, non ha mura, ma reti, lamiere e una struttura di legno scadente, non profuma, e non si può pulire, oltre ad essere piena di fessure di ogni grandezza dalle quali può filtrare qualsiasi tipo di intemperia. La spazzatura si trova in mezzo alla stanza, ma non importa, tanto si può anche buttare la cenere della sigaretta a terra!

Mentre che mi trovo in soggiorno, in compagnia di tutta la famiglia tra le note di una chitarra scordata suonata da un vecchietto cileno che ci intrattiene con le sue canzoni, domando a Carmen con curiosità cosa c’è dietro la casa e la risposta mi spiazza: “Tutta meraviglia”.

In quel momento ho pensato:”Come vedere una meraviglia in un posto così, che è tutto tranne che meraviglioso, dove a chiunque sarebbe difficile anche solo provare a sognare?”
Un attimo dopo ci troviamo in un campo enorme colmo di girasoli io, Carmen e la nostra felicità. La abbraccio forte e lei mi racconta che ha male alla gamba perchè tutto il giorno raccoglie la verdura del campo: una distesa infinita di piante di fagioli, cipolla, pomodori e zucchine alla quale lei lavora sola, per “campare”.
Ho perso le parole, ma ho imparato una nuova parola in spagnolo: girasole, così sono riuscita a sussurrarle all’orecchio che la meraviglia è il mio fiore preferito e che mai in vita mia avevo ammirato paesaggio migliore. Tutta euforica, con la sua voce roca, il suo muoversi come una bambina vivace, nonostante abbia il viso consumato da una vita così crudele, e con la sua gambetta malaticcia, mi ha gridato che sarebbe andata a prendere un coltello e tornata.

Mirando il tramonto non ho occhi per guardarmi dentro, perchè desidero gli occhi di quella persona che in quel momento mi ha arricchita, di una ricchezza che non si può raccontare ma si può solo vivere, e affrettandosi mi ha raggiunta guidandomi a passo rapido in mezzo all’immenso campo nell’unico punto dove c’era un girasole fiorito, e con l’amore più limpido che io abbia mai ricevuto, Carmen lo ha tagliato e me lo ha regalato.

Nel buio estivo della città di Santiago, mi soffermo a guardare fuori dalla finestra di questa casa fatta di una rete arrugginita e, accompagnata dalla luce soffusa di una candela che dovrebbe illuminare il soggiorno, assaporo un’atmosfera scaldata solo dai volti delle persone presenti perchè il freddo inizia già a farsi pungente; cercando di non pensare a come sarà l’inverno in questo posto, torno a casa con l’intenzione di depositarvi ora, tutto il mio calore umano, perchè anche gli altri possano farne tesoro tutte le volte che ne avranno necessità.

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