Caschi Bianchi Ecuador

Donne in Ecuador: una trappola che si ripete

Le donne devono farsi forza per mostrarsi sorde alle voci della discriminazione ed imparare a considerarsi alla pari di fronte all’altro sesso, è questo un traguardo che non può prescindere dalla solidarietà tra le stesse

Scritto da Alfonso Zappone

Scrivere ciò che vi sto scrivendo mi costa molte fatiche, perché non ho nessuna intenzione di allettare il palato di qualche appassionato lettore, né di svegliare le coscienze assopite di chi è restio al commuoversi, tanto meno di impietosire gli animi di quelli che sanno commuoversi solo per ciò che è “made in terzo mondo”. Sto per scrivere cose molto intime e raccontandovi avvenimenti così personali mi sembra di violare l’intima fragilità dei protagonisti. Sto scrivendo perché ho urgente bisogno di sfogare la mia rabbia. Storie come queste se ne leggono dappertutto, e personalmente ne ho lette abbastanza ed ho sempre creduto che mi avessero toccato nel profondo; ma questo è il problema, fino a quel momento avevo solo creduto. Le storie, infatti, sono molto diverse quando le senti raccontare dai protagonisti. Da queste parti sono storie di quotidianità, e perciò da molti considerate normali, ma normali ai miei occhi non lo sono perché tutto ciò che è inganno, sopraffazione ed arroganza penso che debba essere combattuto e non normalizzato, perché dietro all’inganno, alla sopraffazione ed all’arroganza si cela il silenzioso soffrire di chi subisce, e chi subisce sono sempre i più deboli e tra i più deboli ce ne sono altri ancora più deboli, e la declinazione terzomondo-poveri-donne va da sé.
Sono storie di donne, appunto, quelle che sto per raccontarvi, donne che non hanno conosciuto un padre, che sin dalla nascita hanno appreso di essere fragili perché l’abbandono di quell’altra metà che ha contribuito a metterli al mondo le ha inconsciamente costrette ad una condizione di auto-colpevolezza, come se fosse propria la colpa se i loro padri siano vergognosamente fuggiti. Questa condizione durante gli anni si è trasformata in inconscia sottomissione all’altro sesso e le ha condotte ad un’insicurezza tale che le ragazzine cadono come pere cotte alle prime parole dolci pronunciate da un ragazzo, e cosi la trappola di sempre si ripete. Ragazze, in molti casi poco più che adolescenti, si ritrovano a portare avanti da sole gravidanze non desiderate, o condannate a trascinare gli anni della propria esistenza dietro mariti-padroni, violenti e infedeli.
Ma oggi, cosa spinge le ragazze a ripetere gli errori commessi dalle proprie madri? Perché non vogliono imparare una volta per tutte che possono avere di meglio dalla vita, che possono dire di no ad una vita da schiave? Le risposte sono innumerevoli perché altrettanto innumerevoli sono le protagoniste, ognuna con la propria storia, con la propria testa e con il proprio cuore. Potrei provare a darle io. Forse la società ecuadoriana deve ancora imparare ad accettare una donna fuori del ruolo di riproduzione sociale, una donna che sogna di realizzarsi professionalmente prima ancora di sfornare figli! Ma se una società non smette di discriminare una donna che raggiunti i vent’anni non ha ancora avuto un figlio, questa, che cresce già con molte insicurezze, dove trova la forza di perseguire il sogno di una vita migliore e diversa da quella vissuta dalla propria mamma? E se, ipotizzando un altro caso, le ragazzine sognassero di vivere una vita con un uomo accanto? Che le protegga e le aiuti a crescere i figli, contrariamente a quanto è successo alle loro madri…? Ed è qui che molte cadono in errore, il solito errore, pensando che rimanendo incinte riescano a trattenere per sempre il loro uomo! Ma a distanza di secoli sembrano non voler prendere coscienza che l’uomo da queste parti non si fa troppi scrupoli ad abbandonare la donna che porta in grembo il sangue del proprio sangue. Così trascorrono la vita a rimpiangere una giovinezza a cui hanno rinunciato troppo presto e la fiducia data troppo in fretta ad uomini sbagliati.

Prima d’averle ascoltate con le mie orecchie, storie come questa mi sembravano molto lontane. Bisogna trovare il coraggio di ascoltarle, non è necessario attraversare l’oceano e le Ande, se impariamo ad ascoltarle le possiamo trovare dappertutto. Sono stato scosso da queste storie perché mi hanno toccato da vicino, ed ho provato a darmi delle risposte, ma sicuramente voi, seduti comodamente dinnanzi al vostro PC, avrete altre risposte e ben più valide delle mie; ma prima di pronunciarvi vi prego di riflettere: «[…] la vita è un dubbio tutto da scoprire […] chi vò la verità deve toccare, prego signori venghino a toccare! Prego signori venghino a toccare! Prego signori venghino a toccare!».
Luz ha trentatré anni, dall’età di sei vive con la nonna materna e una sorella; la loro madre le ha accudite solo per pochi anni, poi le ha abbandonate. Non ha mai vissuto con suo padre, non porta il suo cognome, sa solo che vive in Colombia, e un paio di volte, da grande, è riuscita ad incontrarlo. Il motivo per cui è stata abbandonata dai genitori Luz non l’ha mia voluto sapere.
Fino ai quattordici anni ha vissuto con uno zio che le pagava gli studi, poi lo zio fa qualcosa che la spinge a scappare di casa, abbandonare gli studi e rifugiarsi dalla nonna. Aveva ormai diciannove anni quando il fidanzato dall’età del collegio, di dieci anni più grande, le chiede di sposarlo. Lei accetta. È felice, lo racconta alla famiglia, i futuri parenti si conoscono e le nozze sono fissate a qualche mese dopo.
Il promesso sposo lavora in una città molto distante, Luz ha solo diciannove anni, è bellissima e quella è la sua prima storia d’amore, ma un giovane, ancora una volta più grande di lei, comincia a gironzolarle intorno. La corteggia, la porta per la prima volta in una discoteca; il fascino della moto è irresistibile, i regali e le belle promesse fanno il resto. La fa innamorare e dimenticare il promesso sposo, cosicché il matrimonio va a monte a solo un mese dalla data fissata, ed il suo ex-ragazzo tenta il suicidio.

Luz è presa dalla sua nuova storia d’amore e sta vivendo un’età da sogno, da telenovela, le sue amiche una storia così possono solo sognarla davanti al televisore. Perde la testa per quel giovane. Qualcuno sostiene che a diciannove anni le ragazze ecuadoriane non hanno la furbizia e la maturità delle italiane, io invece penso che a diciannove anni le ragazze di qualsiasi angolo del pianeta abbiano il diritto di sognare e di realizzare i propri sogni. Luz ha sognato l’amore ed è rimasta incinta.
Qualcosa però l’ha spaventata, chissà, forse il sesto senso che quella storia d’amore non era poi così perfetta come sembrava, o solamente l’assenza di una famiglia vera su cui potesse contare, quindi decide di non portare avanti la gravidanza e ovviamente di non raccontare niente a nessuno, nemmeno al suo fidanzato. Ma a questo punto il destino s’intreccia con la superstizione in un legame dai risvolti beffardi. Una sera, senza nessun apparente motivo, il giovane è colpito da vomito e perdite di sangue dal naso. Da queste parti è un segno inconfutabile che la tua ragazza aspetta un bambino, così il giorno dopo la obbliga a sottoporsi ad un test di gravidanza. Poi la porta ad un santuario molto caro a questa gente e la fa giurare dinnanzi alla Vergine che terrà il bambino. Luz di fronte a tanta fermezza d’animo del suo amato non ha più alcun dubbio, rifiuta completamente l’idea di abortire ed inizia in quel momento a veder realizzarsi il sogno della propria vita, di molte donne ecuadoriane, un sogno che nelle donne della propria famiglia non ha mai visto concretizzarsi: l’amore di un marito e dei figli da crescere insieme. Purtroppo però il sogno svanisce troppo in fretta e nel più crudele dei modi. Alla domanda: «Quando ci sposiamo?», il giovane risponde: «Non posso sposarti. Ho già una moglie ed altri figli!»
Ora Luz vive con suo figlio Santiago. Il bimbo che portava in grembo è diventato un adolescente. Ringrazia tutti i giorni il Signore per averle dato la forza di portare avanti la gravidanza, adora suo figlio e nonostante da quella meschina risposta siano trascorsi cinque anni senza avere avuto notizie di quell’uomo, non ha mai smesso di sperare in un suo ritorno; non per lei ma perché suo figlio potesse conoscere il proprio padre, lei, infatti, non ha mai pensato di seminare rancore in Santiago.
Le sue preghiere sono state accolte e il padre del bambino, pur vivendo con un’altra famiglia, cerca di essere presente nella vita del figlio.
Luz è ancora molto giovane e crede fermamente nel matrimonio. Cerca di coronare il proprio sogno, c’era quasi riuscita qualche mese fa, ma un incidente stradale le ha portato via il ragazzo. Per fortuna è una ragazza molto forte e solare, ma negli inevitabili momenti di sconforto riconosce le proprie responsabilità e l’immaturità di quegli anni e continua, purtroppo, a pensare che la vita le stia presentando il conto per ciò che ha procurato al suo primo promesso sposo: la leggerezza con cui ha fatto saltare un matrimonio e la responsabilità di una vita che ha rischiato di spegnersi.
Fany ha 26 anni ed ha lasciato la vicina Colombia quasi in fasce per seguire la madre in cerca di rifugio. Non ha mai conosciuto il padre. È stata fortunata perché la madre non si è mai separata da lei. A vent’anni s’innamora di un ragazzo, rimane incinta ma immediatamente il ragazzo l’abbandona per sposarsi con un’altra. Fany porta a termine la gravidanza solo con l’aiuto di sua madre. Partorisce un bambino stupendo ma che ha seri problemi di salute. Le due donne non si scoraggiano e riescono a risolvere anche questo problema, il bimbo cresce bene e a vista d’occhio, ora ha tre anni. Da poco il padre del bambino è ritornato da Fany, dopo che la moglie ha chiesto il divorzio; sembra che dopo il matrimonio si sia rivelato un uomo molto geloso e violento. Fany, dopo aver cresciuto un bimbo e superato molte difficoltà solo con l’aiuto della madre, sa di poter continuare contando sulle proprie forze, non ha bisogno dell’uomo che l’ha abbandonata e non ha nessun’intenzione di ritornarci insieme. La madre purtroppo non è dello stesso parere e cerca di convincerla a sposarlo. Infine le pressioni della madre hanno la meglio e Fany giunge a nozze solo perché vuole che suo figlio cresca con un padre accanto, al contrario di ciò che è successo a lei. Ora sono sposati da pochi mesi e Fany comincia a pentirsi perché quell’uomo la considera come una proprietà: è molto geloso, la tradisce e le vieta di uscire con le amiche; ha anche paura che possa diventare violento e così fa molte domande sulla condizione delle donne in Italia, se il divorzio è una pratica diffusa tra le coppie del mio paese. Non so se mai farà questa scelta però quando parla del proprio marito le leggo negli occhi molta paura.
Entrambe, Fany e Luz, sono amiche inseparabili, solidali nelle loro sofferenze quotidiane, ed hanno un’amica in comune, si chiama Isabel, ha ventidue anni e le vogliono molto bene. Isabel non ha ancora avuto un fidanzato e non ha conosciuto a fondo gli uomini come le sue amiche, quindi potrebbe commettere i loro stessi errori ma Fany e Luz le consigliano sempre il meglio e le fanno scudo attorno perché non possa rimanere vittima di cose che qui sembrano essere tanto “normali”.
Non accetto che queste cose siano considerate tali solo perché siamo in Ecuador… Queste cose non devono essere tollerate in nessuna parte del mondo, soprattutto in Ecuador, perché qui la gente soffre per tante altre cose, troppe altre cose: l’impotenza dinnanzi alla più banale malattia di chi non ha i soldi per curarsi, il lavoro inesistente o quando c’è retribuito con stipendi da fame, ignoranza e quindi pregiudizi e discriminazione, e per finire, ciliegina sulla torta, una televisione che impone dipendenza dal consumismo e diffonde falsi modelli di felicità che questa gente non può permettersi.
Troppe sono le persone che non hanno conosciuto un padre e ancora di più le ragazze che continuano a rimanere incinte per “caso” per poi essere abbandonate dai loro compagni. Qui in Ecuador sembra che la forza degli uomini si misuri nel numero di figli che seminano in giro, e non è una questione di prevenzione delle nascite, perché di consultori familiari che distribuiscono metodi contraccettivi e materiale informativo ce n’è in abbondanza; è una questione la cui soluzione dev’essere trovata con l’impegno di entrambe le metà dell’universo. Le donne devono farsi forza per mostrarsi sorde alle voci della discriminazione ed imparare a considerarsi alla pari di fronte all’altro sesso, è questo un traguardo che non può prescindere dalla solidarietà tra le stesse. Dall’altro lato, gli uomini dovranno sforzarsi di fare un gran lavoro d’autocoscienza e chiedersi come sarebbe stata la loro vita se avessero avuto un padre accanto! Datasi la risposta, dovranno far di tutto per garantire ai propri figli la sicurezza che non hanno avuto e che in una maniera errata vogliono dimostrare di possedere.

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