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Prima stagione del teatro dell’oppresso in Palestina: costruire ponti, abbattere le barriere

Ad un anno dall’accreditamento di Ashtar Theatre quale unico Centro del Teatro dell’Oppresso nel Medio Oriente, con il compito di promuovere il TdO e le sue tecniche in tutto il mondo arabo, apre la prima Stagione di Teatro dell’Oppresso in Palestina. Un modo per incarnare l’arte del dialogo e del confronto, per insegnare ed apprendere a costruire la pace.

Scritto da Federica Battistelli

Ramallah, 12 aprile 2007: nel Cultural Palace, moderno teatro nel cuore culturale della città, gremito di gente, apre la prima stagione palestinese di Teatro dell’Oppresso.

Per tre mesi la stagione, sponsorizzata dalla Commissione Europea, vedrà alternarsi spettacoli di Teatro Forum messi in scena da compagnie provenienti da Spagna, Germania, Belgio, Brasile, tutte parte del network internazionale del TdO, oltre ai cinque spettacoli prodotti dalla locale compagnia teatrale “Ashtar”. Un totale di quarantacinque rappresentazioni teatrali che avranno il compito di presentare al pubblico diverse problematiche o questioni sociali che attanagliano la società palestinese e che racchiudono un conflitto, richiedendo agli spett-attori la ricerca di possibili alternative alla gestione del conflitto presentato.
“Costruire Ponti….Abbattere le Barriere”, questo lo slogan scelto per la Stagione del TdO in Palestina, che utilizza il linguaggio del teatro per raccontare storie, delineare i rapporti tra oppresso e oppressore, svelare spinose questioni religiose, culturali e sociali agli occhi del pubblico, e stimolarne al contempo coscientizzazione e azione per la gestione delle dinamiche sociali che intrappolano il vivere quotidiano.
Città molto diverse tra loro quanto a vissuto e a tessuto sociale della West Bank, quali Hebron, Betlemme, Gerusalemme, Jericho, Birzeit, Ramallah, Nablus, Tulkarem, Jenin, fungeranno da scenario d’elezione per la stagione, che costituirà, a partire da quest’anno, un appuntamento fisso su base biennale.
La stagione itinerante rappresenta l’apice di un lungo e duro cammino di Ashtar Theatre nella promozione e diffusione del linguaggio teatrale a tutti i livelli della società palestinese a partire dal 1991. Tale evento risulta ancora più importante perché ad un anno dall’accreditamento di Ashtar Theatre quale unico Centro del Teatro dell’Oppresso nel Medio Oriente, con il compito di promuovere il TdO e le sue tecniche in tutto il mondo arabo.Non è un caso la scelta di Ramallah per lanciare i giorni della Stagione del Teatro dell’Oppresso: il Cultural Palace è ospitato all’interno dell’edificio in cui ha sede la Municipalità di Ramallah, retta da un Sindaco donna, singolare e unico caso nei Territori Occupati, che in questi anni ha promosso e incoraggiato i movimenti e le avanguardie culturali dando un forte impulso all’innalzamento del livello culturale della città. Una città che si presenta duale e ambivalente, come poche in Palestina, nella sua eterna sospensione tra legame con la tradizione e slancio verso la modernità.

Nemmeno la scelta della Palestina, come palco d’elezione per il debutto della Stagione del TdO, è stata casuale, con l’occupazione perdurante, militare, politica, sociale, economica, alla quale questa terra e il suo popolo cercano di resistere da quarant’anni; un’occupazione che è il culmine, e forse la sintesi di tutte le oppressioni possibili.
La politica di closure e l’espansione delle colonie; l’espropriazione della terra – a volte unica fonte di sussistenza – e della libertà dell’individuo; la privazione degli inalienabili diritti fondamentali della persona, la disumanizzazione dell’altro: in questo critico momento nella storia della Palestina, il TdO, nelle sue differenti forme, può incarnare l’arte del dialogo e del confronto, della resistenza contro l’oppressione dell’occupazione. Arte che spinge il pubblico a confrontarsi con i propri problemi personali, sociali, ideologici, nazionali e politici, e a trovarvi soluzioni concrete al fine di far fronte allo stato di crisi che ha impedito negli ultimi anni il raggiungimento di nuovi e creativi orizzonti culturali, politici e sociali.Il TdO può essere anche lo strumento con il quale far fronte, in questa particolare area geografica, non solo all’oppressione che deriva dall’occupazione militare israeliana, ma anche a quelle situazioni e dinamiche di oppressione esistenti all’interno della società palestinese che, davanti all’aggressione esterna risponde con un’involuzione e una radicalizzazione dei costumi e delle tradizioni legate alla propria identità, quotidianamente messe in discussione dal potere occupante.
Il particolare e difficile contesto esistente porta inevitabilmente le istituzioni e la società civile a focalizzare l’attenzione e le attività possibili attorno al problema dell’occupazione israeliana, relegando in secondo piano tutte le problematiche interne alla società palestinese, quali i diritti delle donne o dei bambini, così come quelli di altri soggetti e categorie svantaggiate.

Utilizzando le tecniche del Teatro dell’Oppresso come strumento di cambiamento e sviluppo sociale, l’ampio cartellone in programma per la stagione mira a focalizzare l’attenzione su particolari questioni sociali che si annidano tra le pieghe della società palestinese, come la violenza domestica nei confronti della donna, il “delitto d’onore”, l’incesto e l’abuso sessuale, il lavoro minorile, la disabilità e la salute mentale, le differenze religiose e culturali, il matrimonio precoce. È così che la stagione del Teatro dell’Oppresso in Palestina si ripropone di costruire ponti di conoscenza e comprensione interculturale, e di abbattere le barriere innalzate dal timore e dalla cristallizzazione nelle rispettive tradizioni, con lo scopo di mettere fine a tutte le pratiche di ingiustizia verso le donne e i giovani ancora esistenti in questa area geografica.Nell’idea di Iman Aoun, direttrice dell’organizzazione Ashtar Theatre, che ha promosso e curato la direzione artistica della stagione “questa stagione rappresenta un atto di resistenza contro l’oppressione. Attraverso il teatro mostriamo al pubblico che l’oppressione è ovunque, a partire da micro-cosmi quali la scuola, la famiglia, la comunità, fino ad arrivare a situazioni più generali e complesse, come quella del popolo palestinese o ai macro-cosmi che sono il frutto della globalizzazione. Il Teatro dell’Oppresso ci insegna che, attraverso l’educazione al dialogo, possiamo resistere a tutte le forme di oppressione a qualsiasi livello essa si manifesti.”

Iman sottolinea inoltre l’importanza della coscientizzazione e della liberazione interiore dell’individuo da dogmi, imposizioni e schemi mentali pre-costituiti. “Per liberare noi stessi, come popolo palestinese, dobbiamo prima di tutto essere liberi dall’oppressione interna alla nostra società. Un individuo che non sia libero a livello interiore, non può nemmeno esserlo a livello collettivo.”Le due ore di cerimonia di apertura della stagione hanno visto protagoniste – contornate da una scenografia minimalista composta da luci vivaci e soffuse – le esibizioni del gruppo musicale e di voci “Yalalan” e del gruppo di danza “El-Fonoun”, nonchè una pièce di Teatro Forum prodotto da Ashtar Theatre, dal titolo “Storie del Villaggio di Seeh Shishaba”. Nello stesso tempo e prima dell’inizio dello spettacolo di apertura, il pubblico ha potuto gustarsi alcune installazioni di Teatro Immagine, nel corridoio antistante la sala, presentate dagli studenti di Ashtar e dal gruppo teatrale tedesco Action Theatre Group.
Non poteva mancare il messaggio augurale del padre del Teatro dell’Oppresso, il brasiliano Augusto Boal, consegnato e letto per l’occasione dall’Ambasciatore del Brasile presso l’Autorità Nazionale Palestinese, Arnaldo Carrilho:

«Ashtar è un importante e coraggioso gruppo di Teatro dell’Oppresso, che lavora nella più pericolosa situazione, affrontando tutti i tipi di avversità, e costituisce un esempio per quei gruppi che lavorano in simili difficili e rischiose condizioni. Ashtar comprende perfettamente che la battaglia per il diritto ad avere un proprio Stato, la propria terra nel proprio paese, non è separabile dalla battaglia per i diritti della donna. I crimini commessi contro Mona, nell’opera teatrale “La storia di Mona” sono, allo stesso tempo, realismo e metafora dei crimini commessi contro il suo stesso popolo. La stagione che comincia oggi è di staordinaria importanza, non solo perchè esso mostrerà al pubblico la produzione artistico-teatrale di molti gruppi provenienti da diverse parti del mondo, ma perchè avrà luogo in Palestina. Una stagione come questo è dialogo, ed è attraverso il dialogo che possiamo insegnare ed apprendere. Io dico sempre che amo la pace, ma comprendo anche che, il peggior nemico della pace è la passività. Questa stagione è azione, un’importante azione per dimostrare ai palestinesi la nostra solidarietà. Anche noi sognamo uno Stato palestinese con cui poter dialogare fraternamente e scambiare idee, esperienze e speranze. Dobbiamo lottare contro l’oppressione, laddove ed ovunque essa esista, e questo è ciò che sta facendo Ashtar con il suo importante lavoro e la sua presenza attiva. Noi tutti del Centro do Teatro do Oprimido do Rio de Janeiro, vi auguriamo, uomini e donne palestinesi, giovani e meno giovani, tutta la felicità e la libertà possibili.»

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