Caschi Bianchi Etiopia

La legge del contrappasso

Qui non c’è scelta. Se si vuole l’acqua c’è da camminare, e parecchio, e da accollarsi il peso di questo bene. Si è già fortunati ad avere l’acqua e non la si può ordinare come si vuole più o meno inquinata da batteri, più o meno sporca di terra.

Scritto da Marta Rogante

Sto percorrendo la strada che da Arba Minch va a nord in direzione Addis Abeba. Un lavoro per il CVM mi ha portato a trascorrere quasi venti giorni in questa città, un tempo capitale della ex provincia del Gamo Gofa nonché già area di progetto sull’approvvigionamento dell’acqua del CVM. Lungo il tragitto prima quello di andata e poi quello di ritorno non possono non notare il cambiamento di paesaggio che mi circonda. Sembra di attraversare tante piccole etiopie all’interno di un unico e grande paese. Si attraversano paesaggi aridi, sabbiosi con laghi all’orizzonte contornati da un perimetro verde. Si scorgono cammelli e struzzi nemmeno troppo lontani dalla carreggiata. Poi un secondo panorama nel quale cambiano anche gli attori, zone ricche di vegetazione, con terre rossissime, babbuini che attraversano la strada, mille varietà di uccelli dal piumaggio di un colore improponibile sulla carta, con piante di falsi banani che qualche chilometro più in la si trasformeranno in vere e proprie piante di banane.
Lungo la strada ci sono dei venditori di carbone, di legna, di ensete lavorato, di piccole pesche, di khat, e se presti attenzione ai loro visi ed ai loro volti scopri sorrisi anche questi diversi da qui bei sorrisi smaglianti di denti bianchi che sono abituata a vedere altrove. Qui la gente a causa dell’unica acqua che hanno da bere si trova ad avere dei denti più o meno macchiati e questo è solo la conseguenza immediatamente percepibile, quante altre si aggirano all’interno delle loro pance o delle loro ossa? A patto che acqua da bere ce ne sia!
Al momento di lasciare la città ero piuttosto dispiaciuta, se avessi dovuto trovare una piccola consolazione era data dal fatto che la mattina del giorno della partenza ero stata avvisata che in città stava finendo la riserva d’acqua per cui bisognava fare economia. Ho pensavo “bene, finalmente tornando ad Addis avrò la mia acqua dal rubinetto (invece che dalla tanica)”.
Lungo la strada mi accorgo che questa emergenza acqua c’è in tutta una vasta zona, non solo nella città di Arba Minch. Da cosa l’ho capito? Beh! non occorre essere una persona piuttosto acuta, quando vedi file e file di gente nei pressi di una sorgente d’acqua per riempire le proprie taniche. Ovviamente le file sono composte prettamente da donne, poi qualche bambino ed animali (per lo più asini). Insomma tutto ciò che può essere utile per caricare una tanica lo trovi alla sorgente. Vedi piccoli animali sovraccarichi di taniche, carretti strapieni di contenitori per trasportare acqua e cuccioli d’uomo, e donne minute altrettanto sopraffate dalla pesantezza di un bene così prezioso. Questa volta il paesaggio non cambia molto come dicevo prima. Ad ogni sorgente, i soggetti sono gli stessi, tutti in fila in un ordine ed in una imbarazzante pazienza. Tutte le taniche allineate, i colori si ripetono, giallo, verde e blu. Tutti li sotto il sole battente in attesa della propria acqua da bere, per lavarsi, per cucinare.
Mi torna subito in mente la prova che mi sono trovata a fare a volte durante la presentazione dei progetti sull’acqua. Quello di chiedere ad un ragazzo di andare a prendere un bicchiere d’acqua per il relatore. Generalmente passano pochi minuti dall’arrivo del bicchiere dopo che ci si è accordati se la si vuole liscia o frizzante, calda o fredda. Qui non c’è scelta. Se si vuole l’acqua c’è da camminare, e parecchio, e da accollarsi il peso di questo bene. Si è già fortunati ad avere l’acqua e non la si può ordinare come si vuole più o meno inquinata da batteri, più o meno sporca di terra.
L’esigenza di questo bene primario lo conosciamo anche noi e forse dopo aver visto gente, bambini, animali, bere la stessa acqua, lavarsi con la stessa acqua che spesso è anche una semplice pozza lungo la strada inizia a darla un po’ meno per scontata. So che questo racconto non può cambiare molte abitudini perché la gente continua a pensare che da noi l’acqua ce n’è in abbondanza, addirittura ci arriva nelle nostre case. E se non c’è vado al Comune a protestare. E la cosa che mi fa più male sentire è quando dicono che tanto l’acqua che non viene usata in Italia mica arriva in Africa, se non la uso rimane lì dov’è. Beh! prima di tutto a quelli che la pensano così mi sento di dire state attenti che l’acqua inizia a diminuire in qualsiasi parte del mondo. Poi per forza di cose se non piove o non nevica non ci inventiamo mica che l’acqua cresce da sola dalla terra! Quindi suggerisco di avere un po’più di parsimonia di questo bene e di non essere egoisti. Lasciatevelo dire da una che è da 3 giorni che ad Addis Abeba sta vivendo con taniche e sta centellinando l’acqua per lavare i piatti, per cucinare, per lavarsi, per scaricare il bagno e che non può fare il bucato. E che non sa quando potrà farsi una sana doccia. Insomma sarà un caso ma arrivata nella capitale, per un guasto o per una mancanza ancora non si sa bene, non c’è acqua. Che sia la legge del contrappasso!?

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