Caschi Bianchi Romania

UNA ROMANIA FATTA DI INCONTRI

“Mi ricorderò delle persone incontrate e conosciute in questi mesi, dei bambini con cui ho giocato, delle persone con cui ho scherzato e chiacchierato, di coloro con cui ho vissuto”. Rocio racconta come le relazioni, nate durante il suo anno di Servizio Civile, siano state fondamentali nel suo percorso di crescita

Scritto da Rocio de Zanche, Casco Bianco in Servizio Civile con APG23 a Bucarest

Durante questi mesi sono stata Casco Bianco in Romania, a Bucarest, in un progetto che abbraccia diverse realtà come la disabilità, la minoranza rom e soprattutto i senza fissa dimora.
Le nostre settimane infatti erano scandite dalle attività al Don Orione, un istituto situato nella periferia di Bucarest dove risiedono persone anziane e persone con disabilità; dai momenti di gioco con i bambini che vivono nel quartiere di Ferentari, il quartiere più povero della città, dove ancora oggi viene “ghettizzata” la popolazione rom; e dall’incontro con i senza fissa dimora attraverso l’Unità di Strada, in modalità sia fissa (ovvero collocandoci davanti alla stazione principale, la Gara de Nord, dove le persone sapevano di poterci trovare), che itinerante (ovvero andando a cercare le persone in giro per la città, di solito già posizionate nei luoghi dove poi dormiranno).

Cosa lascio nel luogo dove ho vissuto questo anno?
Cosa porto con me?

Al mio arrivo in Romania ero totalmente spaesata, non solo perché non ci ero mai stata, ma anche perché avevo scelto il progetto senza sapere bene in cosa consistesse, affidandomi al fatto che, se mi era stato proposto proprio questo paese, un motivo sicuramente c’era, anche se io non potevo capirlo.
In quei primi giorni, tra il disorientamento, l’emozione e la preoccupazione, mi sono però resa subito conto di una cosa, ovvero dell’impronta che avevano lasciato le persone che erano passate prima di me, tra caschi bianchi e responsabili, e mi sono chiesta se, alla fine del mio anno di servizio civile, avrebbero parlato allo stesso modo di me.
Non so se sarà così, ma sicuramente io mi ricorderò delle persone incontrate e conosciute in questi mesi, dei bambini con cui ho giocato, delle persone con cui ho scherzato e chiacchierato, di coloro con cui ho vissuto.
La Romania infatti mi ha trasmesso un insegnamento estremamente importante, che mi porterò dentro anche nelle mie future esperienze: sono le relazioni, gli incontri a “rendere tuo” un luogo. Anche se si tratta di un concetto che conoscevo già, penso di averne imparato davvero il significato solo durante questi mesi. Prima di arrivare qui sapevo a malapena ubicare il paese sulla cartina geografica e confondevo, come molti, Bucarest con Budapest. Adesso invece, dopo quasi un anno, sento di aver costruito qui un porto sicuro, un luogo dove poter tornare in caso di bisogno, una città che mi ha vista crescere e maturare, permettendomi di conoscere e mettermi in gioco in contesti in cui prima non avevo alcuna esperienza, come il mondo della disabilità e la realtà complessa dei senza fissa dimora, creando relazioni e legami ricchi di bellezza, resi tali dalla cura e dall’attenzione che ci dedichi e dalla costanza e dalla pazienza con cui li coltivi.